L’uccello benefico
Un re aveva una figlia di circa dodici anni. Questa ogni mattina, andando a scola, passava per un giardino. Un giorno tra gli altri, passando per il giardino, alza gli occhi e vede sopra una pianta un uccello non mai più visto, grosso come un’aquila. L’uccello dice: Dimmi, fanciulla, ti piacerebbe più vivere sempre da giovane o da vecchia? - Ella, sbigottita non risponde, e va a scola. Qui racconta la cosa alla maestra, la quale disse: Stasera t’accompagnerò io a casa e, se troveremo l’uccello e ti farà la bizzarra domanda, risponderò io per te. - In sulla sera la maestra prende per mano la figlia del re e passa per il giardino. L’uccello era sull’albero e, appena gli furon vicine, disse: Dimmi, fanciulla, ti piacerebbe più vivere sempre da giovane o da vecchia? - E la maestra: A questa fanciulla non importa vivere sempre da giovane o da vecchia. Il re suo padre ha grandi ricchezze e la può mantenete, finchè campa, da gran signora.
Il giorno dopo lo stesso re accompagnò la figlia alla scola. Si passa per il giardino, e l’uccello fa la solita domanda, e il re risponde allo stesso modo della maestra. Allora l’uccello dice: Tu parli di grandi ricchezze, vediamole una volta, chè io per me non ti presto fede. - Il re fa apparecchiare un gran convito nel giardino, e mette in mostra tutte le sue ricchezze. La figlia era vestita così riccamente che non s’era mai visto di meglio. Quand’ecco l’uccello spicca un volo, ghermisce d’improvviso la fanciulla, e più non si vede. Immaginatevi lo spavento di tutti i presenti e la disperazione del padre che si vedeva rapir la figlia senza poterle recare aiuto.
Più giorni volò l’uccello e, riuscito finalmente in un altro regno, depose la fanciulla sopra un albero che sorgeva in mezzo a una fontana. Lì vicino un pastore pascolava le pecore del re. La moglie del pastore venne alla fontana e, vista nell’acqua l’immagine della ragazza, credendo fosse la sua, dice al marito: Tu di’ sempre ch’io non sono bella, vieni a vedere, e poi lamentati ancora se sai. - Il pastore accorse e, alzati gli occhi, vide sull’albero la fanciulla. Maravigliato va a pigliare una scala, prende la poveretta, ch’era come smarrita e la conduce a casa sua. Quivi le domanda come si trovasse su quell’albero. Non sa dirlo, perchè infatti lungo il viaggio era sempre stata fuori de’ sensi, solo si ricorda che, quando fu rapita, si trovava nel giardino del re suo padre. I pastori, siccome non avevano figliuoli, mossi a compassione, la tengono in luogo di loro figlia. Intanto crebbe in bellezza e cominciò a portar il latte in città. Un giorno la fante del re le domanda: Chi sei?
La ragazza rispose: io sono la figlia del pastore del re.
- Come può darsi ciò, - ripiglia la fante, - se il pastore non ha figliuoli, che io mi sappia?
Conta la cosa al principino, il quale s’invaghisce della pastorella, e vuol vederla. Il giorno dopo la ragazza porta il latte al palazzo del re. Il principino, che l’aspettava, la piglia per mano e la conduce in granaio, e poi le dice: Qui nessuno ci vede, nessuno ci sente. Dimmi la verità, di chi sei figliuola? Se tu m’inganni, t’uccido.
La ragazza dice: Son figlia del vostro pastore.
- Come può darsi ciò, se il pastone non ha figliuoli ch’io sappia? Tu menti, ma tosto te n’accorgerai, - e fa per metterle le mani addosso. Ma ella, più svelta, piglia un bastone e glielo dà sul capo. Il principe cade a terra come morto. Allora la ragazza, impaurita per quello che ha fatto, nasconde il morto sotto un mucchio di frumentone, scende le scale, e via di corsa a casa.
Viene l’ora del pranzo, e il principe non si vede; si cerca dapertutto e non si trova. Si manda a chiamare la figlia del pastore, ed ella dice che non ne sa nulla. Dopo alcune settimane la fante va in granaio e, movendo il frumentone, s’accorge del morto. Subito corre la voce del caso, e tutti accusano la figlia del pastore come quella che doveva aver ucciso il principe. Si corre a furore, la pigliano e la conducono alla presenza del re. Questi la interrogò perchè gli avesse ucciso il figlio, ma ella sta salda e nega tutto, pure diventa rossa. Questo rossore basta per farla credere colpevole, e il re ordina che sia collocata viva in una tomba assieme al morto suo figlio. La disgraziata piangeva, si disperava, domandava misericordia, ma nessuno l’ascolta, ed è chiusa nella tomba. Stette due ore fuori di sè; quando rinvenne, s’accorse d’uno spiraglio, per cui passava un po’ di luce. S’accostò allo spiraglio, e guardando fuori, vide l’uccello, che l’aveva rapita. Si mise a gridare: Perchè mi hai tolta ai miei? Che male t’ho fatto io per essere condannata a morire qua dentro di fame e in compagnia di un morto? - L’uccello non risponde, ma senz’indugio entrò per una finestra nella sala da pranzo del re e, mentre tutti erano a tavola, portò via da mangiare e da bere. Poi se n’andò alla tomba e porse tutto alla ragazza. Quando questa ebbe mangiato e bevuto, disse all’uccello: Io ti ringrazio di non lasciarmi morire di fame, ma come farò a vivere con vicino un morto? Il solo puzzo m’ucciderà. - E l’uccello le diede un mazzo di fiori dicendole: Accostalo al naso del morto e tosto risusciterà. - La ragazza fece così, e subito il giovane torna in vita. Quando si trovò chiuso in quella tomba, domandò alla compagna come stesse la faccenda, ed ella gli contò tutto.
Il giorno dopo torna l’uccello col cibo, e questa volta dovette spezzare i vetri della finestra, perchè il re, dopo lo sbigottimento del dì innanzi, aveva ordinato che dapertutto fosse chiuso. Rifocillati, domandarono all’uccello dei libri ed un violino. Come l’ebbero, il principe cominciò a suonare e la giovane a cantare. E così continuò per parecchi giorni. Una volta passò di là un servo del re, e sente il suono e il canto. Stupito s’avvicina alla tomba e guarda entro; il romore esce proprio di là, non c’è dubbio. Senza por tempo in mezzo, va dal re e gli conta quanto ha udito. Il re non vuol credere e minaccia il servo di morte se lo ha ingannato. Si va alla tomba, e si trova che tutto è vero, e che i due giovani son là dentro sani e allegri come nel più bel palazzo del mondo. Il re comanda che la giovane rimanga là entro chiusa, ma il principe gli s’inginocchia dinanzi e dice: Questa ragazza m’ha salvata la vita e se io parvi morto, non fu opera sua, ma di un uccello incantatore. Io le ho promesso di volerla sposa, e ora ti prego di farmi contento. Se ciò non ti piace, io me ne torno piuttosto nella tomba. - A queste parole il padre rimase commosso e, baciando il figlio, disse: Ebbene, si faccia come desideri. - Si preparano le feste per le nozze e furono invitati tutti i re e principi de’ vicini stati. Venne anche il padre della giovane. A mensa la sposa contò la sua storia, ch’era un po’ confusa, ed ella non la conosceva troppo bene. Quando poi il re suo padre venne a parlare dell’uccello che gli aveva rapita la figlia, allora la giovane, sentendo la voce della natura, corse ad abbracciarlo. La gioia in tutti era grandissima e ancor maggiore nel principe, il quale ora veniva a conoscere che non una semplice pastorella egli aveva per sposa, ma una figlia di re.