Adriano - racconti e altro

Kami, miti e leggende dello Izumo fudoki

Come abbiamo già detto in un’altra occasione, lo Izumo fudoki è un testo giapponese dell’ottavo secolo compilato su ordine della corte imperiale di Yamato, come tutti gli altri fudoki prodotti in quel periodo. Sempre come tutti gli altri fudoki, contiene una descrizione più o meno dettagliata della provincia in questione: i distretti e le comunità in cui è suddivisa, liste di santuari, prodotti che si possono ricavare dal territorio, strade principali, liste dei santuari presenti e così via: tutte informazioni di valore pratico, che senza dubbio erano utili alla corte imperiale per farsi una idea pi precisa sui propri possedimenti. I fudoki, però, non erano solo questo.

Accanto alle informazioni amministrative, infatti, troviamo anche diverse note di colore locale, storie e leggende di vario tipo legate al territorio, che possono essere miti piuttosto lunghi o anche semplici frammenti di un paio di righe, giusto per spiegare l’origine di un nome. Se nel caso dello Hitachi fudoki il grosso di queste annotazioni è costituito da episodi della vita di Yamato Takeru, l’eroe leggendario che sarebbe vissuto nel primo secolo d.C. e avrebbe condotto grandi campagne per unificare il Giappone, nel caso dello Izumo fudoki i protagonisti sono le divinità locali, i kami che popolavano la mitologia della provincia di Izumo e che solo in pochi casi sono stai inseriti nella mitologia ufficiale del Giappone unificato, così come è stata fissata nel Kojiki e nel Nihonshoki.

Nelle pagine seguenti ho raccolto in ordine alfabetico tutte le divinità che possiamo trovare nello Izumo fudoki, assieme ai luoghi di cui ci sono raccontate storie curiose. Per ogni divinità ho inserito una breve introduzione, presa a volte dal Kojiki e dal Nihonshoki, se quei due testi ne parlano; nella maggior parte dei casi, però, sono personaggi che troviamo solo a Izumo e le uniche informazioni in nostro possesso sono le poche righe contenute nello Izumo fudoki stesso, più quelli che possiamo cercare di dedurre dai loro nomi. Non molto, ma è tutto ciò che ci rimane come testimonianza della loro esistenza nel culto di quella provincia.

Nella maggior parte dei casi, le divinità sono numi tutelari di un determinato villaggio, con cui condividono il nome e a cui sono legate da un piccolo episodio, magari solo una frase pronunciata mentre stavano esplorando il paese. Troviamo però anche alcuni miti più complessi, che vale la pena di osservare e ricordare, ma anche episodi curiosi che riguardano strane usanze locali e leggende più o meno realistiche, storie di caverne maledette e di squali puniti, misteriosi specchi d’acqua e altro ancora. I fudoki erano sì documenti ufficiali che descrivevano le risorse di una provincia, ma a modo loro funzionavano anche da guide turistiche, cugine spirituali di quella che Pausania compilò per la Grecia del secondo secolo, ricca di aneddoti per affascinare i visitatori.

Nello Izumo fudoki non troviamo poesie inserite di tanto in tanto a impreziosire il testo, come avviene per esempio nello Hitachi fudoki, ma troviamo una grande quantità di kami, divinità che spuntano ovunque per lasciare il segno nel territorio, fosse anche solo con una esclamazione di nessuna importanza, che in seguito si trasformò nel nome di un villaggio. Niente di strano in tutto questo: Izumo è il paese degli dèi, dove ogni anno si radunano per un mese (lunare) tutti i kami del Giappone, abbandonando le proprie residenze tradizionali. In questo viavai, alcuni di loro hanno trovato anche il tempo di lasciare un qualche segno nella toponomastica locale, almeno secondo i compilatori del testo.

Di seguito, ecco tutto il materiale mitologico, leggendario o comunque folkloristico contenuto nello Izumo fudoki, in ordine alfabetico.


Ajisuki Takahiko

Figlio di Ōkuninushi, compare anche nel Kojiki e nel Nihonshoki sotto il nome di Ajisuki Takahikone, una modifica che suggerisce una possibile origine imperiale per questa divinità: il suffisso -ne si trova spesso (ma non sempre) abbinato a personaggi legati al clan di Yamato. Nello Izumo fudoki, dove compare come divinità indigena e figlio di Ōkuninushi, il suo nome non presenta mai il -ne finale. Nel Kojiki lo troviamo indicato con quel suffisso in una breve listya di figli avuti da Ōkuninushi: in quel contesto, sua madre è indicata come la dea Takirihime di Munakata, mentre Ajisuki riceve l’epiteto di gran dio di Kamo. Il nome, che rimanda all’aratro (“Aratro lucente” è una sua possibile traduzione), suggerisce che sia una divinità agricola, con forse un tocco di metallurgia, anche perché lo Izumo fudoki ci indica che i suoi santuari erano molto numerosi in zone agricole e minerarie, come il territorio lungo il corso del fiume Hino.

Una particolarità di Ajisuki, almeno nella tradizione della provincia di Izumo, è la sua incapacità di parlare da giovane. Lo Izumo fudoki ci racconta che Ajisuki era nato muto: per questo motivo piangeva di continuo, giorno e notte, anche dopo essere diventato adulto. Il padre Ōkuninushi cercò in ogni modo di calmarlo, portandolo anche a fare un giro in barca, ma fu tutto inutile, così alla fine si appellò in sogno alle divinità superiori. «Ditemi perché mio figlio piange così tanto, ve ne prego,» chiese. Quella notte sognò Ajisuki che parlava normalmente.

Al risveglio, Ōkuninushi corse subito dal figlio, per vedere se fosse cambiato qualcosa. E qualcosa era cambiato: Ajisuki pronunciò una parola, Misaha. Ōkuninushi gli chiese dove fosse quel posto e Ajisuki uscì di casa, attraversò un torrente, salì su un pendio e si fermò sulla cima della collina. «Il posto è questo, mio signore,» disse.

In quel luogo c’era una sorgente e Ajisuki la usò per lavare e purificare il proprio corpo. Da allora il governatore di Izumo usa quella sorgente per purificarsi prima del suo pellegrinaggio alla corte imperiale1, la comunità di Misaha prese quel nome e alle donne incinte è vietato mangiare il riso cresciuto in quel territorio: se lo facessero, i loro figli nascerebbero muti, come Ajisuki

La comunità di Takagishi nel distretto di Kamuto deve il proprio nome a un altro episodio che riguarda il mutismo di Ajisuki. Quando ancora non poteva parlare e piangeva notte e giorno, Ōkuninushi costruì per lui un edificio molto alto in cui vivere. Aggiunse anche una lunga scala, per permettere al figlio di salire e scendere fino al tetto ogni volta che lo volesse. Siccome l’edificio somigliava a un’alta scogliera, il luogo prese il nome di Takagishi, ossia “alta scogliera”.


Akafusuma Inuōsumihiko Sahake

Figlio di Omizunu e marito di Ame no Mikatsuhime, ha un santuario nella comunità di Inu nel distretto di Izumo, che da lui prende il nome. Aoki, nella sua traduzione inglese dello Izumo fudoki, lo identifica con Ajisuki, una interpretazione che però rende piuttosto complicato il suo albero genealogico, dato che risulterebbe figlio del proprio bisnonno, invece di essere figlio di Ōkuninushi come riportato altrove nel testo. Possiamo poi notare che lo Izumo fudoki gli assegna due santuari in due comunità con lo stesso nome, Inu, una delle quali si trova nel distretto di Akika, mentre l’altra è nel distretto di Izumo, come già detto.

Il suo nome è spesso abbreviato in Ōsumihiko, per ovvie ragioni di spazio.


Akika

Dea misteriosa da cui prende il nome il distretto di Akika, secondo lo Izumo fudoki. Il suo santuario si troverebbe proprio a nord dell’ufficio di questo distretto. Citata soltanto in questo testo, di lei non sappiamo altro.


Amatsu Kimikami Takahiko

Figlio di Kamimusubi, il nome suggerisce che dovrebbe essere di origine celeste e appartenere dunque al gruppo degli amatsugami. Compare soltanto nello Izumo fudoki e risiede nella comunità di Shitsunu nel distretto di Izumo: il suo nome alternativo è Komomakura Shitsunuchi e proprio da questo deriva il nome del luogo in cui vive. Potrebbe essere in qualche modo collegato alle paludi, in quanto la seconda parte del suo secondo nome (la prima funge da makurakotoba e la possiamo ignorare) si potrebbe anche interpretare come “Spirito della palude di Shitsunu”.


Amatsuko

Divinità che ci è nota soltanto dallo Izumo fudoki. Quando discese dal cielo assieme ad Ame no Hohi, nel corso della prima missione per portare a termine il kuni yuzuri, dopo essere arrivato nella comunità di Yashiro nel distretto di Ou, Amatsuko avrebbe detto: «Questo è il santuario in cui abiterò». Per questo motivo il luogo è chiamato Yashiro, che significa “santuario”2. Altro non sappiamo su questo kami. Che abbia scelto quel luogo come sua dimora, però, ci suggerisce che anche lui abbia deciso di assimilarsi alle divinità di Izumo, come ha fatto il suo collega. Forse lo si potrebbe identificare con Amatsuhikone, secondo figlio prodotto da Susanoo nel corso della sua gara con Amaterasu, secondo il Nihonshoki.

Che Amatsuko sia effettivamente di origine celeste ci è dimostrato già dal nome, che contiene la parola “cielo” e in generale potrebbe essere tradotto come “figlio del cielo”. Allo stesso modo, il suo compagno di missione è un amatsugami, ossia una divinità celeste: Ame no Hohi, dove troviamo di nuovo la parola “cielo”. Curiosamente, il Kojiki ci racconta che Ame no Hohi era in origine uno dei cinque figli generati da Susanoo utilizzando le gemme di sua sorella Amaterasu, nel corso della sfida tra queste due grandi divinità. La sfida fu vinta da Susanoo, ma Amaterasu si tenne i figli che lui aveva generato, affermando che le appartenevano in quanto prodotti usando oggetti di sua proprietà. È dunque possibile che Ame no Hohi sia stato scelto per la prima ambasciata inviata a Izumo proprio perché, in quanto figlio di Susanoo e adottato da Amaterasu, si presentava come una sorta di mediatore naturale tra i due grandi gruppi di divinità, quello legato a Izumo (Susanoo) e quello legato a Yamato (Amaterasu). Se Amatsuko è davvero Amatsuhikone, suo fratello minore, lo stesso discorso si applica anche a lui.

Va poi notato che lo Izumo fudoki non indica alcun santuario presente a Yashiro all’interno della lista di santuari esistenti nel distretto di Ou: forse perché il santuario non esisteva più ai tempi in cui il testo fu redatto, forse perché la storia è inventata di sana pianta, forse per altri motivi ancora. Sia come sia, non sappiamo altro.


Ame no Mikajihime

Divinità di origine celeste, come implica la prima parte del nome (Ame). È la moglie di Ajisuki Takahiko e la troviamo in un episodio relativo al monte Kannabi nel distretto di Tatenuhi3. Lungo una strada di campagna ai piedi del monte, infatti, ci sono più di cento pietre sacre4. Gli anziani del posto raccontavano che quello era il villaggio di Taku, dove Ame no Mikajihime, moglie di Ajisuki Takahiko, partorì il loro figlio Takitsuhiko. Quando stava per partorire, la dea disse: «Figlio mio, voglio che tu nasca in un luogo che fronteggia la residenza di tuo padre. Il monte Kannabi è il posto che ho scelto per farti nascere». Le pietre sacre sono il luogo in cui Takitsuhiko dimora.


Ame no Mikatsuhime

Divinità di origine celeste, come implica la prima parte del nome (Ame), è la moglie di Ōsumihiko, divinità che alcuni identificano con Ajisuki Takahiko: la stessa dea sarebbe in questo caso Ame no Mikajihime, scritta con un singolo carattere diverso. Questo renderebbe parecchio problematica la genealogia del marito, per cui ho preferito tenerle distinte in questa sede, segnalando però la loro possibile identità.

Un giorno, esplorando la zona della comunità di Inu nel distretto di Akika, dove abitava suo marito, la dea disse: «Ah, il mio caro paese di Inu, dove abita mio marito!» Dal nome del marito deriva anche quello della comunità, in virtù di un gioco di parole difficile da tradurre dal giapponese, in quanto basato sulle caratteristiche di una certa sua tecnica poetico (un makurakotoba, nello specifico). Il nome completo del marito, come indicato nel relativo passaggio dello Izumo fudoki, è Akafusuma Inuōsumihiko Sahake, dove il makurakotoba è costituto da akafusuma, da collegarsi a inu.


Ame no Tori

Divinità celeste che apparentemente lavora per Kamimusubi. Fu inviata a Izumo su ordine del suo capo, con l’incarico di costruire gli scudi che sarebbero serviti a decorare il grande santuario di Izumo, da erigere in onore di Ōkuninushi. La costruzione di questo santuario era parte degli accordi del kuni yuzuri, secondo Kojiki e Nihonshoki, anche se apparentemente non fu portata a termine subito, perché sempre il Kojiki ci racconta come Ōkuninushi abbia dovuto poi maledire il figlio dell’imperatore Suinin facendolo nascere muto, prima di ottenere finalmente la costruzione del suo santuario. Sia come sia, il santuario esiste ancora ed è lo Izumo Taisha, uno dei più antichi e più visitati santuari giapponesi.


Aohata Sakusahiko

Divinità della canapa, figlio di Susanoo. Il suo nome può essere letto anche Ōkusa, invece di Sakusa, a seconda di come si interpreta il primo carattere che lo compone5. La sua residenza si trova nella comunità di Ōkusa (oppure Sakusa), nel distretto di Ou, che prenderebbe il nome proprio da lui. Un’altra sua impresa raccontata dallo Izumo fudoki è l’avere seminato canapa sulla vetta del monte Takasa nel distretto di Ōhara, il cui nome deriva proprio da questo evento: Takasa significa infatti “canapa in alto”. Giustamente, lo spirito della divinità risiede in un santuario sulla cima del monte in questione.


Ayatohime

Figlia di Kamimusubi, fu corteggiata da Ōkuninushi, fuggì da lui e si rifugiò nella comunità di Uka nel distretto di Izumo. Il dio la cercò, la trovò e le chiese di sposarlo. La comunità prende il nome da questo evento: Uka, che significa “cercare”. È nominata soltanto nello Izumo fudoki.


Etomo

Comunità nel distretto di Akika. Il bacino omonimo, che si trovava nelle sue vicinanze, è ricordato nello Izumo fudoki per la flora, la fauna e per certe sue caratteristiche curiose. Dalla circonferenza poco superiore ai tre chilometri, sul fondale del bacino di Etomo si diceva che ci fossero molti pezzi di terracotta, grandi anfore e piastrelle. Fin dai tempi più antichi, molte persone sarebbero affogate nelle sue acque, forse volontariamente. La sua profondità era sconosciuta.

Attorno al bacino, che oggi è un risaia, sono stati trovati effettivamente cumuli di conchiglie6, che suggeriscono insediamenti preistorici. In altre parti della penisola di Shimane, dove si trova appunto il bacino di Etomo, sono stati scoperti numerosi insediamenti e oggetti che risalgono al tardo periodo Jōmon (circa 1400 a.C.-300 a.C.), come utensili di osso, armi di pietra, ma anche alcuni oggetti di ceramica7. Che questa parte di Izumo sia stata la prima a essere popolata, o almeno una delle prime, è di certo possibile, se non probabile: corrisponde anche in buona parte a quell’area che, prima della sottomissione al clan Yamato, era nota come Kizuki, la più ostile.

La presenza di terracotta e altri oggetti sul fondo del bacino non sarebbe di per sé strana, perché oggetti di vario tipo sono stati trovati sui fondali di innumerevoli specchi d’acqua in Eurasia: presso molte culture era normale gettare piccoli (o meno piccoli) oggetti personali nei laghi, negli stagni e nei fiumi, come offerta alle divinità che vi dimoravano e che spesso erano legate alla guarigione. I celti erano famosi per questa tradizione, i romani la praticavano senza problemi e non sarebbe così strano trovarla anche in Giappone. Un ricordo di questa usanza sopravvive ai nostri tempi anche a casa nostra ed è l’abitudine di gettare monete nelle fontane. Ma gli affogati?

Il testo dello Izumo fudoki suggerisce che siano suicidi, almeno per quanto ne sapevano le persone che avevano raccolto queste informazioni nel distretto di Akika. Alcuni potrebbero essere stati anche semplici incidenti. Forse sacrifici umani? Molto improbabile in epoca storica, ma è almeno possibile fantasticare che nel folklore locale sia rimasta una vaga memoria di usanze ben più antiche, se proprio vogliamo pensarla così, e che la storia delle “molte persone affogate” contenga l’ombra di tradizioni ormai diventate una leggenda di tempi andati.


Futsunushi

Divinità del cielo che prese parte alla terza e vittoriosa ambasciata nel corso del kuni yuzuri. Nel Kojiki è chiamato Futsu no Mitama, ossia “Spirito della spada”. Dopo la felice conclusione dell’accordo con Ōkuninushi, il Nihonshoki ci racconta che si recò verso il nordest del Giappone per pacificare a modo suo tutte le divinità terrestri ancora irrequiete8. Nello Izumo fudoki compare in un paio di episodi legati alla toponomastica locale. Era anche un protettore della famiglia Fujiwara.

Nella comunità di Tatenuhi, nel distretto di Ou, Futsunushi si fermò a rammendare una lacerazione nel suo scudo celeste. Da questo deriva il nome del luogo, Tatenuhi, che significa “cucitura dello scudo”, forse perché anche nel Giappone antico gli scudi erano spesso coperti da una pelle di animale, come è attestato nell’area mediterranea durante l’età del Bronzo.

Nella comunità di Yamakuni, nel distretto di Ou, Futsunushi disse «Vorrei contemplare per sempre questo paese», mentre vi passava nel corso della sua campagna. Il nome Yamakuni deriverebbe da questo e il suo significato sarebbe “paese da contemplare per sempre”.

Potrebbe coincidere col dio Waka Futsunushi, menzionato altrove.


Hatatsumi

Divinità che compare soltanto nello Izumo fudoki. Discesa da Takamagahara, giunse proprio nella comunità di Hata nel distretto di Ihishi, che per questo motivi porta il suo nome. Altro non si sa sul suo conto.


Hihayahiko

Dio del fuoco veloce, come indica il nome. Di lui sappiamo soltanto che aveva un santuario nella comunità di Hino nel distretto di Ōhara, che è chiamata così proprio perché ospitava il dio: Hino significa infatti “villaggio del fuoco”. Potrebbe avere a che fare con lo Hi no Hayahi citato nel Nihonshoki come padre di Takemikazuchi, dio che prese parte alla terza e vittoriosa missione per il kuni yuzuri assieme a Futsunushi.

Himesaki

Capo lungo la costa settentrionale della comunità di Yasuki nel distretto di Ou. Lo Izumo fudoki ci racconta una storia locale legata a questo tratto di spiaggia, che magari possedeva qualche elemento reale, all’inizio, ma che al tempo della trascrizione era ormai diventata una leggenda9. Una figlia di Imaro, un membro del clan dei cantastorie10, un giorno stava camminando nei pressi di questo capo, quando uno squalo la aggredì all’improvviso. Era il tredicesimo giorno del settimo mese del secondo anno di regno dell’imperatore Tenmu (il 674 d.C.). La ragazza non fece più ritorno a casa: lo squalo la uccise.

Imaro seppellì i resti della figlia sulla spiaggia vicino a Himesaki. Sopraffatto dal dolore, pianse e gridò verso il cielo, pestando forte la terra sotto i suoi piedi. Giorno e notte continuò a lamentarsi nei pressi della sepoltura. Diversi giorni trascorsero così, nel dolore.

Recuperato un poco di autocontrollo, Imaro aguzzò con cura la punta delle sue frecce, affilò la sua alabarda e si sistemò in un punto favorevole per attaccare lo squalo. Voleva vendetta. Pregò gli dèi, i quindici milioni di amatsugami e i quindici milioni di kunitsugami, i trecentonovantanove santuari venerati in quella terra e tutte le divinità del mare. Nelle sue preghiere chiedeva una cosa soltanto: che gli concedessero la vendetta. Che il torto subito dalla figlia fosse ripagato.

E così vide squali avvicinarsi lentamente alla riva, almeno un centinaio, e davanti a tutti c’era quello che aveva ucciso sua figlia. Avanzava sospinto dagli altri. Gli squali si avvicinarono a Imaro e si fermarono davanti a lui, circondando il colpevole. Imaro impugnò l’alabarda e trafisse lo squalo, uccidendolo. Solo allora gli altri animali si dispersero.

Quando lo squalo fu squartato, nella sua pancia trovarono una gamba della ragazza. Il cadavere dell’animale fu fatto a pezzi ed esposto lungo la strada, infilzato su pali. Questa storia avvenne sessant’anni prima che lo Izumo fudoki fosse redatto. O così è riferito nel testo, quantomeno.


Ihishitsube

Dea a cui fu consacrato un santuario nel distretto di Ihishi, che avrebbe dunque preso il nome proprio da lei. Non sappiamo altro sul suo conto.


Isakahiko

Figlio di Susanoo. Mentre stava ispezionando il territorio, passando per la comunità di Etomo nel distretto di Akika avrebbe un giorno dichiarato: «Questo paese è giovane e bello. Ha la forma di una spallina decorata. Vorrei costruire qui il mio santuario». Da questo deriverebbe il nome della comunità, poiché Etomo significherebbe appunto “spallina decorata”.


Kamimusubi

Nel Kojiki è una delle prime tre divinità ad essere apparse all’inizio dei tempi, assieme ad Ame no Minakanushi e a Takamimusubi. Non ha alcun ruolo nella creazione del mondo, ma di tanto in tanto compare come grande saggio nei miti del ciclo di Izumo. Nello Izumo fudoki è spesso indicato con l’epiteto di “Spirito della fertilità”, a volte con quello di “Grande antenato” e ha un ruolo marginale, ma non nullo: a comparire in scena e agire sono più di frequente i suoi figli e le sue figlie. Nel Kojiki è indicato espressamente come appartenente a una delle generazioni “asessuate”, perché così erano tutte le prime divinità apparse; la distinzione tra divinità maschili e femminili cominciò solo più avanti. Nel più tardo Kogo Shūi, invece, compare forse sotto il nome di Kumumimusubi ed è indicato come femmina, consorte di Takamimusubi.

Il distretto di Tatenuhi avrebbe preso nome da un discorso tenuto da Kamimusubi e riportato anche nello Shaku Nihongi, oltre che ovviamente nello Izumo fudoki. Il dio avrebbe detto: «Andate e costruite un santuario per Ōkuninushi, simile al mio attuale palazzo. Il mio palazzo, il grande Ame no Hisumi, fu costruito con centinaia e centinaia di metri di corda robusta, legata alle travi e alle colonne dell’edificio. I capi della corda pendono elegantemente dal soffitto. Prendete le misure di questo palazzo e costruitene uno identico per lui». Dopo questo discorso, Kamimusubi inviò sulla terra Ame no Tori, incaricandolo di fabbricare gli scudi con cui decorare il grande santuario di Izumo, che sarebbe stato costruito come residenza per Ōkuninushi. Il nome del distretto di Tatenuhi, che significa “fare scudi”11, deriverebbe proprio da questo.


Kamuto

Lago che si trova nell’omonimo distretto. Lo Izumo fudoki ci racconta che la collina che separa il lago dal mare del Giappone, lungo la costa di Sono, sarebbe la corda con cui Omizunu aveva trascinato la terra nel mito del kunihiki e che poi avrebbe abbandonato in quel punto.


Kijimatsumi

Divinità che compare soltanto nello Izumo fudoki. Ottenne un santuario nella comunità di Kijima nel distretto di Ihishi, che per questo motivo porta ancora il suo nome.


Kihisakami Takahiko

Nominato soltanto nello Izumo fudoki, è il dio da cui deriva il nome della collina Kannabi nel distretto di Izumo, in quanto “dimora di una divinità”. Il santuario di Sokinoya, dove abita il dio, si trovava proprio sul crinale della collina.


Kisakahi

Figlia di Kamimusubi e madre di Sada no Ōkami. Quando si trovava nella grande caverna sul capo di Kaga e stava per partorire, d’un tratto svanirono l’arco e la freccia che appartenevano al marito, il non meglio precisato “Dio del Coraggio”. Kisakahi allora pregò, dicendo: «Che gli dèi facciano riapparire l’arco e la freccia, se il mio bambino è il figlio di mio marito, che è il dio del coraggio!».

Un arco e una freccia fatti di osso apparvero subito in acqua. La dea li raccolse e li mostrò al figlio appena nato, lamentandosi perché non erano le armi scomparse poco prima. Siccome non erano gli oggetti che aveva richiesto, li gettò di nuovo in acqua e un momento dopo apparvero altre due armi, stavolta fatte di oro. Kisakahi attese un poco, poi le raccolse, disse «Come è buia questa caverna!» e scagliò la freccia d’oro, che perforò una parete di roccia e fece entrare un raggio di sole illuminando il luogo. Da questo episodio deriva il nome della comunità di Kaga nel distretto di Shimane, in quanto Kaga significherebbe “illuminata”.

In seguito, in quella caverna sul capo di Kaga fu eretto il suo santuario. Quando qualche marinaio si trovava a passare davanti alla caverna, ai tempi in cui lo Izumo fudoki fu redatto, aveva l’abitudine di urlare forte, così che l’eco placasse lo spirito della caverna. Se si passava di lì in silenzio, lo spirito del luogo sarebbe apparso e avrebbe scatenato una violenta tempesta, facendo affondare la barca. O così si credeva, secondo i redattori dello Izumo fudoki.

La presenza di arco e freccia, soprattutto fatti di oro e connessi alla capacità di illuminare a giorno la caverna, ci possono far pensare che la dea o il misterioso marito fossero un qualche tipo di figura solare, ma non ci sono abbastanza informazioni in proposito per spingerci oltre una vaga ipotesi, al momento. Una madre che decide di sottoporsi a un qualche tipo di prova per dimostrare la paternità del nascituro è un evento che ha precedenti in testi dello stesso periodo. Se qui Kisakahi invoca le armi del marito per dimostrare che è lui il padre legittimo, il Kojiki e il Nihonshoki ci raccontano che Konohana Sakuyahime, moglie di Ninigi, si sottopose all’ordalia del parto in un capanno infuocato per lo stesso motivo, dopo che Ninigi aveva manifestato dubbi a riguardo. Storie di questo genere si possono interpretare come il segno di una transizione in corso da una società matrilineare a una patrilineare, se così vogliamo.


Kotohiki

Monte nel distretto di Ihishi. In una sua grotta vicino alla sommità si troverebbe un koto12 che apparteneva a Ōkuninushi: è uno strumento lungo più di due metri, largo quasi un metro e spesso quasi mezzo metro. Forse è lo stesso koto che aveva rubato a Susanoo, ma è solo una ipotesi. Dentro la grotta ci sarebbe anche un ishigami alto quasi sei metri. Il nome del monte, che significa “suonare il koto”, deriverebbe proprio dallo strumento nascosto al suo interno.


Kumano Ōkami

La grande divinità di Kumano, un luogo nella provincia di Izumo. Nello Izumo no kuni no miyatsuko kamuyogoto, una particolare liturgia che il governatore di Izumo doveva presentare alla corte di Yamato, questa divinità è chiamata anche Kushimikenu, ossia “Signore del cibo”. La comunità di Asakumi nel distretto di Shimane prese il suo nome quando questa divinità incaricò cinque gruppi di persone di occuparsi dei suoi pasti divini. Il dio assegnò loro un posto dove abitare in questa comunità, da cui deriva il suo nome, che significa “prendere acqua al mattino”.

Descritto come figlio molto amato di Izanagi, ai tempi dello Izumo fudoki divideva il suo santuario di Kumano con Ōkuninushi, identificato qui come divinità agricola che con cinquecento zappe e aratri creò il terreno arabile. O così afferma il testo.

Il suo santuario ufficiale è il Kumano Taisha, edificato per la prima volta nel 659 o dintorni. Questo santuario risulta oggi dedicato a Susanoo e ha pure un altare consacrato a Izanami: è uno dei motivi per cui alcuni propongono che il dio Kumano sia da identificare con Susanoo stesso13, mentre per altri è Kumano Kusubi14, il quinto figlio generato da Susanoo nella sua gara con Amaterasu.


Kunihiki

Il “trascinamento del paese”: un mito contenuto nello Izumo fudoki, dove si racconta come il dio acquatico Yatsukamizu Omizunu abbia esteso il territorio di questa provincia, rubando pezzi di terra alle aree circostanti. Il fatto che sia narrato in uno stile simile al norito è spesso portato come prova che sia un mito più antico di quelli contenuti nel Kojiki, scritti in tutt’altro stile.

La storia ci racconta che Izumo prese il proprio nome dalle parole di Yatsukamizu Omizunu, che un giorno disse: «Izumo, da cui si alzano le nubi15, è una sottile striscia di terra giovane. Quando gli dèi creatori formarono il paese di Izumo, lo fecero piccolo. È dunque necessario allargarlo aggiungendo nuova terra, che si può attaccare a quella che già c’è».

Guardandosi attorno, Omizunu vide che presso il capo di Shiragi16 c’era terra in grande quantità. Così prese una grossa vanga fatta come il petto di una fanciulla, ossia piatta e larga, l’affondò nel terreno come se la stesse conficcando nelle branchie di un grosso pesce e ne staccò un pezzo. Legò una corda attorno a quel terreno e lo trascinò pian piano, come se stesse tirando un grosso pesce. Mentre si avvicinava alla costa di Izumo, sembrava proprio una grossa chiatta trascinata dalla forza poderosa del dio, che intanto gridava: «Vieni, terra! Vieni a me!». Quel pezzo lo aggiunse al capo Kizuki, fissandolo ben bene al monte Sahime. La corda che il dio usò per trascinarlo è la lunga spiaggia di Sono.

Guardando verso Saki, a nord, il dio Omizunu vide che anche da quella parte c’era terra extra che poteva essere usata. Presa di nuovo la grossa vanga fatta come il petto di una fanciulla, ossia piatta e larga, l’affondò nel terreno come se la stesse conficcando nelle branchie di un grosso pesce e ne staccò un pezzo. Legò una corda attorno a quel terreno e lo trascinò pian piano, come se stesse tirando un grosso pesce. Mentre si avvicinava alla costa di Izumo, sembrava proprio una grossa chiatta trascinata dalla forza poderosa del dio, che intanto gridava: «Vieni, terra! Vieni a me!». Quel pezzo lo aggiunse al capo di Taku ed è il territorio di Sada.

Sempre guardando verso nord, il dio notò che anche Nunami aveva terra extra. Presa di nuovo la grossa vanga fatta come il petto di una fanciulla, ossia piatta e larga, l’affondò nel terreno come se la stesse conficcando nelle branchie di un grosso pesce e ne staccò un pezzo. Legò una corda attorno a quel terreno e lo trascinò pian piano, come se stesse tirando un grosso pesce. Mentre si avvicinava alla costa di Izumo, sembrava proprio una grossa chiatta trascinata dalla forza poderosa del dio, che intanto gridava: «Vieni, terra! Vieni a me!». Quel nuovo pezzo di paese è il territorio di Kurami, che sporge dal capo Tashimi.

Ultimo bersaglio fu il capo di Tsutsu, nella regione di Koshi. Presa di nuovo la grossa vanga fatta come il petto di una fanciulla, ossia piatta e larga, l’affondò nel terreno come se la stesse conficcando nelle branchie di un grosso pesce e ne staccò un pezzo. Legò una corda attorno a quel terreno e lo trascinò pian piano, come se stesse tirando un grosso pesce. Mentre si avvicinava alla costa di Izumo, sembrava proprio una grossa chiatta trascinata dalla forza poderosa del dio, che intanto gridava: «Vieni, terra! Vieni a me!». Quel territorio divenne il capo di Miho, mentre la corda con cui lo trascinò è l’isola di Yomi. Il palo a cui aveva fissato la corda, infine, è il monte Hinokamidake (l’attuale monte Daisen), nella vicina provincia di Hahaki.

Dopo avere finito il lavoro, il dio Omizunu appoggiò la vanga nel distretto di Ou ed esalò un profondo sospiro di sollievo, «Oh!», da cui quel distretto prende il nome. Questa è la storia del kunihiki, il trascinamento del paese, come è narrata nello Izumo fudoki.


Kunishiwake

Figlio di Susanoo, un giorno disse: «La terra su cui governo si trova in buone condizioni geografiche». Da questo deriverebbe il nome di Kataye, una comunità nel distretto di Shimane: il significato di Kataye sarebbe infatti “territorio ben fatto”.


Kuni yuzuri

La “cessione del paese”, un mito contenuto nel Kojiki e nel Nihonshoki che ci racconta come Ōkuninushi, governatore delle isole giapponesi e capo dei kunitsugami, le divinità terrestri, si sia lasciato convincere a cedere pacificamente il proprio dominio agli amatsugami, le divinità celesti guidate da Ninigi, nipote di Amaterasu e capostipite della futura famiglia imperiale giapponese. Lo Izumo fudoki contiene un breve riferimento a una versione alternativa di questo mito, che non coincide del tutto con la versione ufficiale diffusa dalla famiglia imperiale di Yamato.

Nella versione raccontata dalla mitologia ufficiale, compilata nella prima parte dell’ottavo secolo per ordine della corte imperiale di Yamato, le prime due ambasciate falliscono, perché le divinità inviate dagli amatsugami scelgono di abbandonare la missione e rimanere a vivere assieme ai kunitsugami, sposandosi e mettendo su famiglia. Solo la terza ambasciata si concluderà con un successo e Ōkuninushi abbandonerà il proprio ruolo di sovrano terrestre, cedendo l’intero territorio alle divinità celesti per poi togliere il disturbo. Nello Izumo fudoki, di contro, non si accenna al numero di ambasciate, ma si racconta che Ōkuninushi cedette il dominio di quasi tutto il Giappone, tenendo per sé soltanto la provincia di Izumo, perché gli era particolarmente cara. Troviamo questo aneddoto nella descrizione della comunità di Mori, situata nel distretto di Ou.


Kushiinadami Toyomanurahime

Divinità presentata nello Izumo fudoki come dea guardiana delle risaie, quasi sicuramente coincide con Kushinada, che nel Kojiki Susanoo aveva salvato da Yamata no Orochi e poi sposato. Mentre si aggirava nella zona della comunità di Kumatani, nel distretto di Ihishi, in cerca di un buon posto per partorire, la dea disse: «Come è profonda e quieta questa valle!». Da questo episodio deriva il nome del luogo, perché Kumatani significherebbe “valle profonda e quieta”.


Matamatsuku Tamanomurahime

Divinità che compare solo nello Izumo fudoki. Questa dea abitava nella comunità di Asayama nel distretto di Kamuto e Ōkuninushi la visitava ogni giorno di mattina presto, durante una delle sue numerose scappatelle. Da questo deriva il nome del luogo, che significherebbe “collina del mattino”.


Miho Susumi

Figlio di Ōkuninushi e della principessa Nunagawa, che era figlia di Hetsukishiwi e nipote di Okutsukoshiwi, residente nella regione di Koshi: il corteggiamento a base di lunghe poesie ci è raccontato nel Kojiki. Lo Izumo fudoki ci parla invece del figlio, raccontandoci che, dopo la sua nascita, Miho Susumi ricevette come propria residenza l’altare di un santuario nella comunità di Miho, nel distretto di Shimane: da lui proviene il nome della comunità stessa. Altro non ci è noto su questo personaggio.


Nazuki

Scogliera sulla spiaggia a nord di Uka, nella comunità di Izumo. Sul suo lato occidentale si trova una caverna alta e larga poco meno di due metri. Al suo interno si trova un’altra caverna, che è la “caverna delle caverne”. Nessuno vi può entrare. Nessuno sa quanto sia profonda. Si dice che chi sogna di avvicinarsi a questa caverna sia destinato a morire a brevissimo termine. Per questo la gente del posto chiama la scogliera Yomi no Saka, ossia “Il pendio dell’aldilà”, mentre la caverna è chiamata Yomi no Ana, ossia “La caverna dell’aldilà”. O così ci racconta lo Izumo fudoki.

Yomi no Saka è un nome che troviamo già nel Kojiki e indica la discesa che conduce a Yomi no Kuni, il paese dei morti, dove è facile entrare ma molto più difficile uscire, come ci conferma anche l’esperienza fatta dal demiurgo Izanagi, costretto alla fuga inseguito da un’orda di demoni quando aveva cercato di recuperare la moglie morta da poco, Izanami.

Pare che alcuni archeologi abbiano trovato in questo luogo utensili risalenti ai periodi Jōmon (circa 10000 a.C-300 a.C.) e Yayoi (circa 300 a.C.-300 d.C.), ma anche un discreto numero di ossa umane.


Ōkuninushi

Divinità principale di Izumo, nonché figura di primo piano nel resto del territorio giapponese. È un discendente di Susanoo, oppure il suo genero, o forse entrambe le cose. È soprattutto la divinità che, dopo l’uscita di scena di Susanoo, si occuperà di completare il Giappone, pacificare e civilizzare i suoi abitanti, diffondere l’arte della guarigione e sfornare un numero di figli da rivaleggiare con Zeus: gliene sono attribuiti almeno centottanta, prodotti da un gran numero di spose occasionali, nonché da alcune spose fisse. Sarà poi lui a cedere il dominio delle isole giapponesi agli inviati celesti, gli amatsugami mandati da Takamimusubi e Amaterasu: dopo aver abdicato pacificamente e aver ceduto la sovranità a Ninigi, nipote di Amaterasu e capostipite della dinastia imperiale, sparirà dalla scena e non svolgerà più alcun ruolo nella storia giapponese. Questo almeno secondo la versione ufficiale del kuni yuzuri tramandata dal clan Yamato, cioè gli eredi di Ninigi.

Le sue attività sono raccontate in forma estesa nella seconda parte del primo libro del Kojiki e in forma abbreviata tra primo e secondo libro del Nihonshoki, ma è protagonista unico e indiscusso dello Izumo fudoki: non esiste zona di questa provincia in cui non abbia lasciato una qualche traccia, fosse anche un aneddoto insignificante. Il nome con cui è abitualmente chiamato in questo testo è Ame no Shita Shiroshimeshishi Ōkami, che significa “il grande dio che governa ogni cosa sotto il cielo”, ma per ovvie ragioni useremo qui il nome Ōkuninushi, “signore del grande paese”, uno dei tanti nomi con cui è indicato di solito, come lo sono anche Ōnamuchi e Yachihokogami.

Nella comunità di Mori, nel distretto di Ou, si racconta che, di ritorno dalla sua campagna per pacificare Yakuchi nel paese di Koshi17, nel corso di una passeggiata sul monte Nagaye Ōkuninushi avrebbe detto «Il paese che io ho aperto e governato sarà d’ora in poi affidato al Nipote Imperiale18 perché lo amministri pacificamente. Per quanto riguarda il paese di Izumo, però, questo solo rimarrà come mio territorio, dove io abiterò per sempre. Lo proteggerò come un gioiello prezioso. Verdi colline e montagne circonderanno Izumo e io lo proteggerò». Da qui verrebbe il nome della comunità, Mori, che significa “proteggere”.

La comunità di Hayashi nel distretto di Ou avrebbe ricevuto il proprio nome da una frase pronunciata da Ōkuninushi quando passò nei paraggi durante la sua campagna per pacificare Yakuchi di Koshi. In quel periodo la boscaglia era folta e verdeggiante: a vederla, il dio avrebbe detto «Questa boscaglia mi risolleva lo spirito», con un gioco di parole tra due significati di hayashi, a seconda dei caratteri con cui è scritto.

La comunità di Tashimi nel distretto di Shimane fu chiamata così perché un giorno Ōkuninushi disse di aver reso solido il territorio del paese: da qui il nome Tashimi, che sarebbe una successiva distorsione della parola Tashi, che significa “consolidato”.

Un giorno, mentre cercava un buon posto per costruire magazzini dove conservare il riso prodotto dalle sacre risaie celesti, Ōkuninushi fu sorpreso da una pioggia improvvisa e si infradiciò tutto. «Che razza di collina!» esclamò. «Sono bagnato fradicio». Da qui viene il nome della comunità di Kutami, nel distretto di Akika, dove questo spiacevole incidente si verificò: Kutami, infatti, significherebbe “bagnato fradicio”.

Il distretto di Kamuto è ricco di luoghi che sarebbero legati in qualche modo a Ōkuninushi. I cipressi del monte Yoshikuni sarebbero stati usati per costruire il suo santuario, ossia il Grande Santuario di Izumo, dove a partire dall’epoca medievale ha trovato posto anche Susanoo. Il colle di Uhitaki sarebbe la sua casa, il colle di Inazumi il suo magazzino, il monte Kage è il suo elmo, il colle di Ine è la sua risaia, il monte Hoko è la sua alabarda, il colle di Kagafuri sarebbe il suo cappello. Nel complesso, questa zona è chiamata anche Asayama Bonchi.

In compagnia di Sukuna Hikona, Ōkuninushi seminò il riso nella comunità di Tane, dove le due divinità erano arrivate nel corso di un viaggio per ispezionare il territorio. Da questo episodio deriva il nome di Tane, che significherebbe “semina”.

Descrivendo il distretto di Nita, Ōkuninushi avrebbe detto: «Questa terra non è né troppo larga né troppo stretta. Gli alberi sono numerosi lungo il corso superiore del fiume Hino, così come lo sono le canne e gli arbusti nel corso inferiore. È anche una terra umida a dovere». Da questo deriva il nome del distretto, perché Nita significherebbe “umido a dovere”. Sempre nello stesso distretto, descrisse la comunità di Mitokoro così: «Qui le risaie sono buone, dunque vorrei che fossero mie». Il nome della comunità deriverebbe da questo, in quanto Mitokoro significa “nobile posto”. Ōkuninushi trascorse poi una notte nella comunità di Fuse, proprio lì accanto, e da questo evento verrebbe il nome del luogo, che significherebbe “fermarsi per la notte”.

Nella comunità di Kamuhara nel distretto di Ōhara si trovavano un tempo i tesori divini di Ōkuninushi, che aveva depositato qui per custodirli: il luogo si sarebbe chiamato Kamutakara, un tempo, ossia “tesoro divino”, ma in seguito il suo nome divenne Kamuhara per un qualche errore, o così racconta lo Izumo fudoki. Forse lo stesso tesoro che, secondo il Nihonshoki, il clan Yamato avrebbe poi trafugato durante il regno dell’imperatore Sūjin? Non lo sappiamo, ma è una possibilità da considerare, anche perché il Kojiki ci informa che il suo successore, l’imperatore Suinin, dovrà vedersela con un Ōkuninushi piuttosto scontento, anche se per ragioni apparentemente diverse.

Ōkuninushi amava anche esercitarsi nel tiro con l’arco e per farlo usava il distretto di Ōhara, a quanto ci racconta lo Izumo fudoki. Nella comunità di Yashiro c’era il suo bersaglio, infatti, e proprio da questo deriva il nome: Yashiro, ossia “campo per arcieri”. Nella comunità di Yauchi, invece, c’era la zona da cui scagliava le frecce: da questo il suo nome, che significa appunto “scagliare frecce”. Che si sia esercitato con l’arco rubato a Susanoo?

Il pessimo rapporto che Ōkuninushi aveva coi suoi ottanta fratelli, indicati a volte con il nome collettivo di yasogami, lo spinse un giorno a dichiarare: «Non lascerò queste ottanta divinità rimanere più a lungo in questo paese, circondato da verdi e belle montagne». Così condusse una campagna contro di loro, proprio come gli aveva consigliato di fare Susanoo quando si erano incontrati a Yomi no Kuni. Inseguendo i fratelli, Ōkuninushi li raggiunse infine nella comunità di Kisuki, nel distretto di Ōhara, che prese il nome proprio da questo episodio: Kisuki significherebbe infatti “raggiungere”. Nel corso della sua lotta contro i fratelli eresse anche una palizzata sul monte Kinahi, il cui nome deriva proprio da questo: significa infatti “fortezza nascosta”19.


Ōkunitama

Divinità che è nominata solo nello Izumo fudoki. A volte questo termine è usato come uno dei tanti nomi di Ōkuninushi, ma nell’episodio legato alla comunità di Ihinashi nel distretto di Ou il personaggio che porta questo epiteto è descritto come amori mashishi, ossia “quello disceso dalla piana celeste”, ed è dunque una divinità diversa da Ōkuninushi, che è un kunitsugami e non un amatsugami. Sia come sia, si racconta che questa divinità abbia consumato un pasto favoloso a Ihinashi, dopo essere arrivata dal cielo, e da questo fatto deriverebbe il nome della comunità, che significa “pranzare”.


Sada Ōkami

Figlio della dea Kisakahi e di un misterioso dio del coraggio, ci sono rimaste ben poche notizie sul suo conto, nonostante la sua qualifica di “grande dio” (Ōkami). Il suo nome compare soltanto nello Izumo fudoki ed era con tutta probabilità una divinità del posto, legato forse all’omonimo territorio o al fiume Sada, o anche al lago Sada. Possiamo anche ricordare che Sada è uno dei territori che nel mito del kunihiki sarebbe stato aggiunto alla provincia di Izumo dal dio Omizunu, dopo averlo staccato da un’altra parte del paese. Un suo santuario si trovava ai piedi del monte Kannabi nel distretto di Akika, da non confondere con gli altri monti Kannabi di Izumo.


Saka

Comunità nel distretto di Tatenuhi. Un giorno un grosso gruppo di divinità si radunò qui, costruì una distilleria e fece fermentare il sake nella valle del vicino fiume. Per molti giorni queste divinità festeggiarono tutte assieme, poi si dispersero. Da questo evento prende il nome la comunità, Saka, perché qui le divinità prepararono il sake.


Sugane

Padre di Unojihiko, divinità del mare. Di lui sappiamo solo che aveva un pessimo rapporto col figlio, al punto che Unojihiko un giorno cercò di affogarlo con una potente mareggiata. Possiamo dunque supporre che Sugane non fosse una divinità marina, a differenza del figlio, perché non avrebbe molto senso cercare di affogare nel mare un dio marino.


Sukuna Hikona

Divinità misteriosa che, nel Kojiki, giunse un giorno dal mare per aiutare Ōkuninushi a costruire e consolidare il paese. Estremamente piccola e vestita di piume di uccello, navigava a bordo di una specie di guscio. Dopo che Ōkuninushi ebbe scoperto il suo nome e dopo che Kamimusubi lo ebbe rassicurato, spiegandogli che quel piccolo dio era uno dei suoi figli, caduto dalla sua mano tanto era minuscolo, la strana coppia lavorò assieme per un certo tempo, fino a che Sukuna Hikona ripartì in barca verso Tokoyo no Kuni20. Il Nihonshoki lo presenta invece come figlio di Takamimusubi.

Lo Izumo fudoki ci mostra solo una scena in cui questo personaggio compare: assieme a Ōkuninushi avrebbe seminato il riso nella comunità di Tane, nel distretto di Ihishi. Il fatto che in questa storiella il riso sia seminato direttamente nel terreno può suggerire che l’episodio sia alquanto antico, dato che nell’ottavo secolo, quando il testo fu redatto, si usava già da tempo una tecnica diversa per piantare il riso.


Susanoo

Una delle divinità maggiori del Giappone. Nato dal naso del demiurgo primordiale Izanagi, che in collaborazione con la sorella/sposa Izanami generò il mondo all’inizio dei tempi (o almeno le isole dell’arcipelago giapponese), dapprima è un dio delle tempeste, il cui pianto causa violenti tifoni che devastano la terra. Durante la sua (breve) permanenza a Takamagahara, il mondo celeste, è una fonte di caos che entra in conflitto con la sorella maggiore Amaterasu, dea del sole, causando anche una eclissi prolungata. Esiliato a Hashihara no Nakatsukuni, il mondo di mezzo che corrisponde al Giappone, diventa un eroe civilizzatore che sconfigge Yamata no Orochi, colossale drago/serpente a otto teste, e rende il paese abitabile per gli esseri umani. Terminerà la propria carriera scendendo a Yomi no Kuni, il paese dei morti, in un ruolo di sovrano o quasi.

Alcune varianti inserite nel Nihonshoki prolungano il suo viaggio dal mondo celeste al Giappone, facendogli fare una prima tappa in Corea, dove però non si trova bene: l’abbandonerà a bordo di una barca di argilla, per arrivare a Izumo. In queste varianti assume anche un ruolo di fecondatore della terra, o almeno fa crescere alberi, piante e vegetazione in generale, spargendo sul terreno una certa quantità di semi, oppure i peli del suo corpo. Nella versione principale della storia, l’unica che sia raccontata nel Kojiki, Susanoo raggiunge Izumo direttamente dal cielo, posandosi sulla vetta del monte Torikami, dove poi combatterà Yamata no Orochi.

Le sue avventure sono raccontate nel primo libro del Kojiki e del Nihonshoki. Nello Izumo fudoki è presente come personaggio di alcuni aneddoti, che lo mostrano non come un eroe, un tifone o un pericolo pubblico, ma solo come una persona normale, impegnata in attività da persona normale. Resta comunque una divinità tradizionalmente legata a Izumo, anche se non la principale di questo territorio, e a partire dall’epoca medievale condivide con Ōkuninushi lo Izumo Taisha, il santuario più grande della zona. Curiosamente ma non troppo, nello Izumo fudoki il suo nome è sempre preceduto da kamu o kami, che significa “divinità”, mentre nel Nihonshoki troviamo invece haya o takehaya, che lo connotano invece come “selvaggio”. Questo per marcare anche già su un piano linguistico la diversa percezione di questo personaggio nei testi dove appare.

Nella comunità di Yasuki, nel distretto di Ou, Susanoo sarebbe passato durante un suo viaggio per ispezionare il territorio. Giunto in questo luogo, egli avrebbe detto: «La mia mente è stata confortata». Da questo deriverebbe il nome della comunità, Yasuki, che significherebbe appunto “essere confortato”.

Giunto nel territorio della comunità di Susa, nel distretto di Ihishi, Susanoo disse: «Benché questo paese sia piccolo, è un buon paese per me da possedere. Preferirei che il mio nome fosse associato a questa terra, piuttosto che a sassi o alberi». Lasciò così che il suo spirito dimorasse quieto in questa terra e qui stabilì la grande e la piccola risaia di Susa. Il paese stesso porta ancora il suo nome.

Nella comunità di Sase nel distretto di Ōhara, invece, Susanoo un giorno danzò, con foglie di sase a decorargli la testa. Mentre danzava, le foglie gli cadevano dal capo e la comunità prese il nome proprio da loro. Forse la danza era una kagura, ma il testo non lo specifica. In una qualche circostanza trovò poi un alloggio temporaneo sul monte Mimuro, giusto per trascorrere la notte: forse una capanna, forse anche solo una grotta. Il nome del monte deriverebbe proprio da questo, in quanto “Mimuro” si può tradurre come “nobile stanza”21.


Suseri

Figlia di Susanoo, è protagonista di un lungo episodio raccontato nel Kojiki e ambientato a Yomi no Kuni, il regno (sotterraneo?) dei morti in cui abitava allora assieme al padre. Ōkuninushi, sceso a chiedere aiuto a Susanoo per salvarsi dai suoi ottanta fratelli che cercavano di ucciderlo in ogni occasione e ci erano già riusciti un paio di volte (ma la madre lo aveva poi resuscitato con l’aiuto di Kamimusubi), incontrò la ragazza e si innamorò di lei, ricambiato. Susanoo non apprezzò molto la cosa e sottopose Ōkuninushi a una serie di prove, che il giovane riuscì a superare soltanto grazie all’aiuto di Suseri, come avviene spesso in questo tipo di storie.

Alla fine, i due innamorati fuggirono assieme da Yomi no Kuni, dopo che Ōkuninushi aveva rubato le armi e il koto di Susanoo. Quest’ultimo li inseguì fino al pendio di Yomi no Saka, dove il suo regno terminava, poi si fermò, urlò a Ōkuninushi i consigli giusti per liberarsi dei fratelli molesti, gli augurò buona fortuna e lo insultò un poco, ma in amicizia. Così Suseri divenne la prima moglie di Ōkuninushi e si ritrovarono a vivere una relazione in stile Zeus ed Era, con lui che corre dietro a ogni donna che vede e lei che reagisce malissimo quando scopre un suo tradimento.

Lo Izumo fudoki ci racconta che Suseri viveva nella zona della comunità di Namesa, distretto di Kamuto, ai tempi in cui Ōkuninushi aveva stabilito una relazione con lei. Un giorno, mentre il dio la stava andando a trovare, vide per caso una roccia davanti al santuario della dea. Era una roccia dalla superficie molto levigata. «Che strana roccia!» esclamò Ōkuninushi. La comunità prese nome da questo episodio, perché Namesa significherebbe “levigatezza”.


Takiki

Indicata nello Izumo fudoki come Takiki di Adakaya, è una figlia di Ōkuninushi e il suo santuario si troverebbe nella comunità di Taki nel distretto di Kamuto, che prenderebbe il nome da lei. Altro non sappiamo sul suo conto.


Takitsuhiko

Figlio della dea Ame no Mikajihime e del dio Ajisuki Takahiko. Nato sul monte Kannabi nel distretto di Tatenuhi, il suo nome suggerisce che fosse una divinità legata alle cascate (Takitsuhiko può essere tradotto come “principe della cascata”), forse proprio quella che si trovava nelle vicinanze del monte. Era in ogni caso un dio connesso alle acque, perché lo Izumo fudoki racconta che Takitsuhiko mandava la pioggia ogni volta che la gente lo pregava durante i lunghi periodi di siccità. Niente di strano, dato che il padre Ajisuki era divinità agricola. Pare che la sua dimora fossero gli ishigami che si trovavano attorno al monte Kannabi.


Tamahi

Divinità che viveva nel villaggio di Ai nel distretto di Nita. Uno squalo si innamorò di lei e cercò di raggiungerla risalendo il fiume Hino attraverso le colline. Siccome la dea non apprezzava quel tipo di corteggiatore, bloccò il corso del fiume con una montagna di sassi e lo squalo non poté procedere oltre. Incapace di raggiungere la dea, lo squalo continuò a struggersi d’amore e lamentarsi, tanto che il vicino colle fu chiamato Shitafuri, che significherebbe “lamento”.


Tamanohe

Divinità che risiederebbe sulla cima di Tamamine, monte che prenderebbe nome proprio da questo fatto, essendo il “picco del gioiello”: la parola tama significa infatti “gioiello” ed è presente in entrambi i nomi.


Tsukihoko Tohoruhiko

Figlio di Susanoo, è un dio indigeno di Izumo, nominato soltanto nello Izumo fudoki: un altro dio dell’alabarda, almeno a giudicare dal suo nome completo. Mentre visitava il paese, si trovò un giorno a passare per la comunità di Tada nel distretto di Akika e disse: «Il mio cuore si è fatto luminoso e sincero. Abiterò in questo posto». Così costruì qui il suo santuario e da questo episodio deriverebbe il nome Tada, che significa “sincero”.


Tsurugihiko

Figlio di Susanoo, nominato soltanto nello Izumo fudoki. Il nome suggerisce che potrebbe essere un dio-spada, o almeno una divinità collegata alle spade. La comunità di Yamaguchi nel distretto di Shimane prende nome da una frase che lui avrebbe pronunciato: Tsurugihiko un giorno disse che quel posto segnava l’ingresso del suo territorio, così fu chiamato Yamaguchi, ossia “porta delle colline”.


Umukahime

Figlia di Kamimusubi, un giorno sorvolò la comunità di Hohoki nel distretto di Shimane, sotto forma di un particolare tipo di passero22, da cui la comunità avrebbe poi preso nome. La dea risiederebbe adesso nel santuario di Hohoki, a lei dedicato.


Unojihiko

Divinità che compare soltanto nello Izumo fudoki. La desinenza -hiko ci dice che era maschio e il resto del nome ci indica che era una divinità marina, anche se non sappiamo di che tipo e quanto fosse importante. Diede il nome alla comunità Nuta nel distretto di Akika quando un giorno disse: «Userò quest’acqua squisita per inumidire il mio riso secco». Il nome iniziale del luogo era Nita, che significa “umido”, ma in seguito la gente lo modificò in Nuta. O almeno così afferma lo Izumo fudoki per spiegare la toponomastica locale.

Sappiamo poi che era figlio di un certo Sugane, presumibilmente un’altra divinità, e che aveva un pessimo rapporto con lui: Unojihiko lo odiava così tanto che un giorno causò una mareggiata molto forte nel mare settentrionale di Izumo, nel tentativo di affogare il padre. Non sappiamo se ci sia riuscito, ma l’acqua arrivò fino alla comunità di Ushiho nel distretto di Ōhara, che prese il nome da questo evento: Ushiho significa infatti “marea”23.


Uyatsube

Divinità discesa da Takamagahara e arrivata a terra sul crinale di una collina nella comunità di Takerube, nel distretto di Izumo. In questo luogo fu eretto il suo santuario e la comunità ricevette il nome di Uya in suo onore. Il posto fu ribattezzato Takerube ai tempi dell’imperatore Keikō, che pretese di commemorare il figlio Yamato Takeru e ordinò di cambiare il nome di questo luogo.


Yahiro Hokonagayorihiko

Figlio di Kamimusubi, il suo epiteto significa “Principe dalla lunga alabarda” (Hokonagayorihiko). Un giorno avrebbe dichiarato: «Io, figlio dello Spirito della Fertilità, non sarò mai provocato e vivrò in pace». Da queste sue parole deriverebbe il nome della comunità di Ikuma nel distretto di Shimane, in quanto Ikuma significherebbe “non provocato”.


Waka Futsunushi

Divinità che potrebbe coincidere con Futsunushi, anche se gli episodi in cui questo personaggio compare nello Izumo fudoki non si incastrano molto bene con quanto ci è detto su Futsunushi sia in altri passaggi di questo testo, sia con gli eventi che lo riguardano nel Kojiki e nel Nihonshoki.

Sia come sia, nella comunità di Ōno nel distretto di Akika, nel corso di una battuta di caccia in questa zona, Waka Futsunushi aveva sistemato il suo assistente cacciatore sulla collina occidentale, mentre lui inseguiva un cinghiale selvatico da sud verso nord. Giunto nei pressi della vallata di Auchi, il dio avrebbe perso di vista la sua preda e detto che era solo naturale aver perso le tracce del cinghiale in quella zona24. Da qui sarebbe venuto il nome Uchino, ossia “campo della perdita”, che in seguito è diventato Ōno per un qualche errore.

Nella comunità di Mitami nel distretto di Izumo, Waka Futsunushi, che qui è indicato come figlio di Ōkuninushi25, avrebbe lavorato al servizio della corte celeste come supervisore delle risaie il cui raccolto andava agli amatsugami. Questo avvenne poco dopo il kuni yuzuri. Da qui proviene il nome Mitami, che significa “guardare le auguste risaie”.


Wanasahiko

Divinità citata soltanto nello Izumo fudoki. Era un maschio, in base al nome, e il testo ci racconta che proveniva da Aha. Sarebbe arrivato a bordo di una barca, che ha poi tirato in secca ed è diventata il colle di Funaoka nel distretto di Ōhara.


Yamashiro Hiko

Uno dei tanti figli di Ōkuninushi. Nominato soltanto nello Izumo fudoki, da lui prenderebbe il nome la comunità di Yamashiro nel distretto di Ou, perché il dio sarebbe vissuto in questo luogo. Altro non ci è dato sapere su questo personaggio, che era presumibilmente la divinità tutelare di quel villaggio.


Yamuyahiko

Figlio di Ajisuki Takahiko, risiede in un santuario nella comunità di Yamuya nel distretto di Kamuto. La comunità stessa prende il nome proprio da lui, che ne era probabilmente il nume tutelare.


Yano no Wakahime

Figlia di Susanoo, risiedeva nella comunità di Yano nel distretto di Kamuto, che proprio da lei prende il nome. Ōkuninushi la voleva sposare e per questo fece costruire qui una casa appropriata al tipo di uso che aveva intenzione di farne.


Yatsukamizu Omizunu

Divinità acquatica, forse una incarnazione del fiume Hino (oggi fiume Hii). Nel Kojiki è indicato come uno dei discendenti di Susanoo, nonché nonno di Ōkuninushi, ma niente altro ci è detto sulla sua figura. Tutto ciò che sappiamo di lui e delle sue attività è contenuto nello Izumo fudoki, a partire dall’evento più importante della sua carriera divina: il mito del kunihiki, con cui si apre la presentazione del distretto di Ou e, da un certo punto di vista, l’intero libro. Non si tratta di un vero e proprio mito della creazione di Izumo, ma è il racconto di come questa provincia sia stata allargata rubando terra ai paesi vicini. Il ladro fu proprio Omizunu, che staccò terreno a desta e a manca a colpi di zappa e trascinò con una corda i vari frammenti, per attaccarli al territorio dove viveva e assicurarsi così una residenza più vasta.

Subito dopo la conclusione del kunihiki, gli amatsugami si radunarono a Izumo e calpestarono per bene il terreno, così da consolidarlo e renderlo adatto alla costruzione di un grande santuario26 dedicato a Ōkuninushi, un lavoro che secondo il Kojiki e il Nihonshoki faceva parte degli accordi per il kuni yuzuri, la cessione del paese a Ninigi e al suo gruppo di divinità celesti. Il Kojiki ci racconta una storia un poco diversa su come sia stato scelto il terreno su cui erigere il santuario, ai tempi dell’imperatore Suinin, ma è un altro discorso.

NOTE

1 - Il kamuyogoto, un pellegrinaggio alla corte imperiale che il governatore di Izumo, ossia il kuni no miyatsuko, che fungeva anche da sommo sacerdote della provincia, doveva compiere al momento della propria investitura, per ricevere formalmente l’incarico dall’imperatore nel corso di una cerimonia con scambio rituale di doni.
2 - Yashiro può anche avere altri significati, a seconda di come è scritta. Lo Izumo fudoki ci racconta che un tempo il nome di quella comunità era scritto con un carattere che significa “santuario”, ma poi è stato cambiato.
3 - Esistono più alture di nome Kannabi nella provincia di Izumo: alcune sono colline, altre sono monti. Dopotutto, il nome significa “altura dove abita una divinità”, per cui va bene per ogni colle o monte che abbia un santuario.
4 - Ishigami, o pietre divine. In Giappone era diffusa la credenza che queste pietre garantissero un parto sicuro e facile.
5 - Katō Yoshinari lo rende come Sakusa, mentre Akimoto Kichirō preferisce Ōkusa. Siccome neppure due studiosi giapponesi che hanno lavorato sullo Izumo fudoki pubblicando anche monografie in proposito sono d’accordo sulla corretta forma del nome, voi scegliete pure quella che preferite.
6 - Detti anche middens: muchi di conchiglie vuote e altri rifiuti che indicherebbero antichi insediamenti umani. O così sostengono gli archeologi.
7 - Per dettagli, si veda Mizuno Yū, Izumo no kuni fudoki ronkō.
8 - Lo ritroviamo infatti nominato anche nello Hitachi fudoki, la cronaca di una provincia nell’est del Giappone.
9 - Nel suo Fudoki jidan no Izumo, Katō Yoshinari riferisce di una storia malese molto simile a questa, suggerendo che potrebbe essere arrivata a Izumo da contatti (recenti o meno) con popolazioni del Pacifico meridionale.
10 - Il titolo giapponese di Imaro è Katari no Omi, che lo identifica come appartenente ai Kataribe, una specie di clan composto da cantastorie, narratori e variazioni sul tema.
11 - “Cucire scudi”, per essere precisi: forse anche nell’antico Giappone gli scudi erano coperti da una pelle di animale.
12 - Strumento a corde giapponese, più o meno simile a una cetra. Si suona a terra, accovacciati accanto al koto, pizzicandone le corde (tredici o diciassette) con plettri speciali fissati alle prime tre dita della mano destra: pollice, indice e medio. Deriva dal guzheng cinese e ricorda il gusli russo.
13 - Per esempio Kumano Kamuro è identificato con Susanoo in Encyclopedia of Shintō: Volume one: kami, a cura di Norman Havens e Inoue Nobutaka, ma anche in Die einheimische Religion Japans, di Nelly Naumann.
14 - Il Nihonshoki lo chiama Kumano no kusubi, Kumano no oshiomi, Kumano no kusuhi, Kumano no oshisumi, a seconda della variante del mito che preferite. Kumano Kusubi è il nome dato dal Kojiki.
15 - Izumo, osservando i caratteri con cui è scritto, può essere tradotto come “Luogo da cui sorgono le nubi”. Quale sia poi l’etimologia reale della provincia è tutto un altro discorso e il dibattito è ancora aperto.
16 - Il regno di Silla, uno degli stati in cui era divisa un tempo la penisola coreana.
17 - Il nome Yakuchi non compare in altri testi dell’epoca, per cui non sappiamo di preciso a chi o cosa si riferisca: forse un luogo, forse un personaggio, forse altro ancora. Koshi è probabilmente la regione che si trova a nordest di Izumo lungo la costa giapponese, lo stesso luogo da cui ogni anno arrivava Yamata no Orochi secondo il Kojiki, prima che Susanoo lo uccidesse. In epoca successiva quella regione fu chiamata Hokuriku.
18 - Ninigi, il nipote della dea del sole Amaterasu e mitico capostipite della dinastia imperiale giapponese.
19 - Sul monte Kinahi sono stati trovati davvero i resti di un’antica palizzata difensiva. Non abbiamo idea di come o quando sia stata eretta e usata, e neppure da chi, ma esiste almeno un motivo concreto per cui si è ricorsi a una storia di questo tipo per spiegare il nome del posto.
20 - Tokoyo no Kuni è una specie di isola dei beati, o forse più isole, a seconda delle fonti. Si può trovare a ovest del Giappone, oppure negli abissi marini. A volte è identificata col paese degli immortali taoisti, a volte col palazzo del re drago che governa l’oceano. È comunque un qualche tipo di luogo paradisiaco, con un forte sapore di aldilà. Ha qualche somiglianza con la Terra della Promessa delle storie celtiche irlandesi.
21 - La parola muro, nei testi giapponesi più antichi, era usata per indicare un luogo chiuso, che era spesso in parte o del tutto interrato. Poteva avere più stanze ed era comunque coperto da un qualche tipo di tetto, di solito in paglia o altri vegetali appropriati a quella funzione, come le canne. In una nota del Nihonshoki tradotto da W. Aston si può trovare una lunga dissertazione sul significato e sull’uso di questo termine (pag. 71, nota 4).
22 - Lo uguisu, probabilmente: un passeriforme noto anche come usignolo giapponese per il suo canto melodioso, pur essendo alquanto diverso sia come aspetto che come abitudini (nonché come specie) dall’usignolo che conosciamo noi.
23 - Nella grafia moderna questa parola è scritta ushio, anche se il suo significato non cambia.
24 - Probabilmente un gioco di parole legato al nome della valle: lo uchi in Auchi suggerisce appunto una perdita.
25 - In nessun altro passaggio troviamo riferimenti a una qualche parentela tra il Futsunushi sceso da Takamagahara e Ōkuninushi, né nello Izumo fudoki, né nel Kojiki o nel Nihonshoki. Questo fa venire grossi dubbi sulla possibilità di considerare Waka Fukunushi e Fukunushi come la stessa divinità, ma il dibattito resta aperto.
26 - Lo Izumo Taisha attuale, di cui si è già parlato più volte.