Adriano - racconti e altro

Le due volpi, la talpa e i corvi

Due fratelli volpe discussero tra loro così: «Sarebbe divertente per noi scendere tra gli uomini e assumere la forma di uomo». Così prepararono tesori e fecero vestiti dalle foglie di vari alberi, e fecero varie cose da mangiare e torte usando la gomma che esce dagli alberi. Ma la talpa [dio] li vide fare tutti questi preparativi. Così la talpa fece un luogo simile a un villaggio umano e si mise al suo interno sotto le spoglie di un uomo molto vecchio. Le volpi vennero a quel villaggio; vennero alla casa dell’uomo molto vecchio. La talpa stessa preparò bei tesori e fece abiti usando varie erbe e foglie di albero; e, prendendo more di gelso e bacche dalla cima degli alberi, preparò buon cibo. All’arrivo delle volpi, la talpa invitò tutti i corvi in quel luogo e uccelli di ogni tipo. Diede loro forma umana e li mise come proprietari delle case del villaggio. Poi la talpa, come capo del villaggio, divenne un uomo molto vecchio.

Allora vennero le volpi, dopo aver assunto la forma di uomini. Pensavano che il posto fosse un villaggio umano. Il vecchio capo comprò tutte le cose che le volpi avevano portato sulla schiena, tutti i loro tesori e tutto il loro cibo. Poi il vecchio mostrò loro i suoi bei tesori. Il vecchio mostrò tutte le sue belle cose, i suoi vestiti. Alle volpi piacque molto. Poi il vecchio parlò così: «Oh, voi stranieri! Siccome c’è una danza nel mio villaggio, sarebbe bene per voi guardarla.» Allora tutta la gente nel villaggio danzò danze di ogni tipo. Ma alla fine, dato che erano uccelli, cominciarono a volare in alto, nonostante la loro forma umana. Le volpi lo videro e ne furono molto divertite. Le volpi mangiarono sia le more di gelso sia le bacche. Erano molto buone. Era un gran divertimento anche guardare le danze. Alla fine tornarono a casa.

Le volpi pensarono così: «Quello che è ancora più bello dei tesori è il cibo delizioso che gli esseri umani hanno. Siccome non sappiamo cosa sia, andiamoci ancora e compriamone dell’altro.» Così prepararono di nuovo tesori usando l’erba. Quindi scesero di nuovo a quel villaggio. La talpa era in una casa dorata – una grande casa. Era lì da sola, avendo mandato via tutti i corvi e il resto. Quando le volpi entrarono nella casa e si guardarono attorno, videro un dio molto venerabile. Il dio parlò così: «Oh, voi volpi! Poiché avete assunto forma umana, avete preparato tesori falsi di ogni tipo. Ho visto tutto ciò che avete fatto. È da me, e per questo motivo, che siete state portate qui. Voi pensate che questo sia un villaggio umano; ma è il mio villaggio, la talpa vostro padrone. Sembra che voi facciate continuamente ogni sorta di cosa cattiva. Se fate così, è molto sbagliato; non assumete più dunque una forma umana. Se smetterete di assumere forma umana, d’ora in poi potrete mangiare quanto vorrete di more di gelso e bacche. Voi e i vostri compagni corvi potrete mangiare assieme le more di gelso e tutti i frutti sulla cima degli alberi, che i corvi fanno cadere. Questo sarà molto meglio per voi che assumere forma umana.» Così parlò la talpa.

Per questo motivo, le volpi smisero di assumere forma umana e, da quel tempo in poi, mangiarono quanto volevano le more del gelso e le bacche. Quando i corvi facevano cadere qualcosa, loro andavano sotto gli alberi e lo mangiavano. Divennero così molto amici tra loro.

(Tradotta letteralmente. Raccontata da Ishanashte l’11 novembre 1886.)

Commento

Per quanto possa apparire strano, almeno a prima vista, la talpa era considerata dagli ainu una delle divinità maggiori. Una storia riferita da Batchelor ci racconta anche di un suo epico combattimento in illo tempore contro un demone di grande potenza, in seguito al quale nacquero le volpi e i gatti.

Secondo questa storia, la talpa era in origine una grande divinità, inviata dal cielo sulla terra all’inizio del tempo o giù di lì. Dalla parte opposta del mondo, in quell’epoca viveva un grande e spaventoso demone, chiamato Moshiri-shinnaisam: non era stato creato, ma esisteva già ancora prima che ci fosse il mondo. Siccome questo demone era così crudele, Dio (solita interpretatio) lo aveva bandito all’estremità opposta del mondo, dopo la creazione.

Un giorno però Moshiri-shinnaisam decise di sfidare la talpa e per questo motivo abbandonò la sua tana. Raggiunse la sua casa, entrò e lanciò la sua sfida. La talpa accettò. Con un attacco a sorpresa, il demone afferrò il suo rivale e lo scagliò nel fuoco, riducendolo in cenere. O così credeva. Quando però uscì dalla casa per tornare in dietro, Moshiri-shinnaisam si trovò di fronte la talpa, in apparenza illesa, a bloccargli la strada. Fu il suo turno di afferrare il demone e scaraventarlo nel fuoco, dove il nemico fu incenerito davvero. il demone cercò di fuggire sotto forma di fumo, ma la talpa lo anticipò e lo soffiò di nuovo nel fuoco, dove alla fine morì. Grossomodo. Perché le sue ceneri erano ancora vive e da loro nacquero le volpi e i gatti.

In una variante della fiaba giapponese di Shutendōji registrata nel distretto di Iwate, alla morte del demone varie parti del suo cadavere si trasformano in animali, soprattutto in insetti: il sangue dà origine alle pulci, le ceneri diventano tafani e zanzare, i pezzi non bruciati diventano sanguisughe. Assomiglia più a una versione su minuscola scala della morte del macrantropo primordiale, è vero, ma è comunque interessante accostarla al demone della storia ainu.

Tra parentesi, il nome del demone così come ci è riportato da Batchelor, ossia Moshiri-shinnaisam, suggerisce uno stato di indifferenziazione primordiale, un mondo che non ha distinzioni o che non è distinto, o anche qualcosa che non si distingue ancora dal mondo: un nome appropriato per un essere che esisterebbe da prima della creazione. O forse è soltanto una falsa suggestione, derivata da una etimologia sbagliata.