Adriano - racconti e altro

Da Urano a Crono

C'era una volta, all'alba dei tempi o poco dopo, una coppia di (più o meno) sposi: Gea e Urano. Così si potrebbe aprire una storia cupa, fatta di abusi domestici, falcetti, figli ribelli, padri padroni e orribili deformità incestuose, ma potrebbe anche essere solo l'inizio della storia che racconterò. A ogni modo, tutto parte da Gea e Urano, che erano madre e figlio ma che, data una cronica carenza di alternative e un approccio molto più aperto ai problemi dell'esistenza, fungevano anche da marito e moglie. È bene però non dare troppa importanza a questo dettaglio: erano altri tempi, le scelte a disposizione erano molto limitate e non si andava troppo per il sottile. Inoltre, il complesso di Edipo non era ancora stato inventato, perché Edipo sarebbe nato soltanto molti secoli più tardi e Freud in un futuro ancora più remoto, per cui nessuno se ne preoccupava.

Incesto a parte, Gea e Urano erano una coppia moderna, a modo loro, dove entrambi lavoravano: Gea aveva un posto fisso molto solido, a tempo indeterminato, come pianeta Terra, mentre Urano spendeva le proprie giornate in ufficio, come dio del cielo, ed era fuori casa dall'alba al tramonto. Alla sera, però, poteva finalmente chiudere col lavoro (secondo un determinato tipo di logica, di notte il cielo non esisteva e il suo dio poteva quindi dedicarsi ad altro) e rientrare dalla moglie, dove era abituato a darci dentro come un coniglio in calore, incurante degli eventuali mal di testa di lei. D'altro canto, il mondo era ancora quasi completamente vuoto ed era pur necessario che qualcuno si desse da fare per riempirlo, volente o nolente, dato che il vecchio Caos non sembrava interessato, mentre Eros preferiva spiare dal buco della serratura, commentando.

La loro unione produsse, prima di tutto, una serie di altre divinità più o meno normali: i titani. Tra loro, in realtà, l'ultimogenito Crono non era proprio normalissimo, soffrendo di alcuni gravi disturbi mentali, che si sarebbero manifestati soltanto in seguito, ma per lo meno la loro forma fisica era normale. Il discorso cambiò coi figli successivi.

Dopo i titani, infatti, nacquero i ciclopi, e già lì Urano si sarebbe dovuto accorgere che qualcosa non andava e c'erano forse alcune correzioni da apportare al procedimento, ma non pareva ancora un grave problema: avevano un solo occhio, d'accordo, ma per il resto erano umanoidi. Quando però nacquero Obriareo, Cotto e Gige, che avevano cinquanta teste e cento mani ciascuno, era chiaro che non si poteva continuare così. I vicini spettegolavano già a sufficienza e non era difficile immaginare cos'altro avrebbero trovato da dire, vedendo gli ultimi nati della famiglia. Era tempo di agire.

Sfortunatamente, Urano non era un mostro di intelligenza e decise così di lanciarsi in quello che, nei secoli a venire, sarebbe diventato un successo planetario, declinato secondo il tipo di architettura locale. Problemi familiari? Discendenti deformi o indesiderati? Chiudiamoli nello scantinato più profondo e fingiamo di perdere la chiave. Così fece, sigillando tutti i propri figli nel ventre della terra, che incidentalmente sarebbe anche Gea, sua moglie/madre, ma sono dettagli. Tutte le sere, dunque, ritornando a casa da Gea, Urano provvedeva a comprimerla ben bene, per assicurarsi che i figli rimanessero sottoterra. Come è facile da intuire, questo stato di cose non poteva essere mantenuto a lungo.

Gea non era una donna di molte parole, così passò direttamente ai fatti: creò un nuovo materiale, il cosiddetto adamante, e lo usò per fabbricare un falcetto. Fatto questo, si rivolse ai propri figli, in cerca di qualcuno che fosse disposto a sbudellare il padre Urano. Per ragioni misteriose, nessuno di loro accolse con entusiasmo la proposta della madre/nonna, a parte il più psicopatico di tutti, Crono, il quale non ebbe problemi ad accettare, perché Urano gli stava alquanto sulle scatole e poi è sempre bello gonfiare come una zampogna il proprio padre/fratello. O almeno, essere il prodotto di un complesso incesto divino può indurti a pensare così, e poi la mamma è sempre la mamma e, se te lo chiede lei, è comunque giusto farle un favore.

Crono così si appostò in un angolo, col suo nuovo falcetto e con tanta pazienza. Quando il padre Urano fu rincasato dal lavoro, l'amorevole figlio gli balzò addosso, per dargli il benvenuto, e gli consegnò il regalo per la festa del papà: una evirazione completa, senza anestesia, praticata con strumento agricolo seghettato. È facile immaginare l'entusiasmo di Urano e le sue lacrime di gioia, di fronte a cotanto affetto: le sue maledizioni si protrassero a lungo, ma alla fine dovette ritirarsi a vita monacale e cedere il posto di boss degli dei al figlioletto, il quale poi colse ogni occasione per dimostrasi più psicopatico del padre.

Sorprendentemente, questo episodio non portò a un divorzi con addebito, tra Gea e Urano, ma a una successiva riconciliazione, anche se con una separazione di ruoli molto netta: il marito, date le sue condizioni menomate di salute, trascorse il resto dei propri giorni in poltrona, oppure a guardare i lavori in corso, ed ebbe poi seri problemi di obesità, mentre la moglie, di tanto in tanto, sfornava nuovi figli a sorpresa, anche se non si sa col contributo di chi. Saltuariamente, poi, si occuparono dei nipotini, quando i figli erano al lavoro, e diedero loro buoni consigli su come liberarsi di parenti inopportuni e farla franca. Ma questo è materiale per un altro racconto.

Come in ogni mito che si rispetti, in questa storia c'è una morale da cogliere: mai fidarsi di una donna che sa fabbricare un falcetto. Potrebbero succederti cose molto brutte, quando meno te lo aspetti.

di Adriano Marchetti