Il rumore no
I vicini al piano di sopra erano sempre stati rumorosi. Per questo Giorgio Pulo li odiava. Continuava a odiarli anche adesso che se n’erano andati, e per lo stesso rumore. Perché i vicini se n’erano andati da un mese, ma il rumore no. Quello restava.
L’appartamento di sopra era vuoto. Giorgio lo sapeva. Lo aveva chiesto agli altri condomini. Aveva controllato di persona. Era vuoto. Attendeva i prossimi inquilini. Ma non era silenzioso. Qualcuno o qualcosa continuava a fare rumore e Giorgio lo sentiva.
Lunedì undici luglio, le quattro e rotte del mattino. Qualcosa trascinava un mobile. Qualcosa aveva sempre trascinato mobili, là sopra. I vicini, prima. Adesso c’erano solo mobili trascinati, ma non più le persone che li trascinavano. C’era il rumore di mobili trascinati. Riempiva l’appartamento sopra a Giorgio e gli colava addosso. Lo svegliava. Alle quattro e rotte di lunedì undici luglio.
L’aspirapolvere arrivò verso le cinque. Era pesante. Era un incubo che strisciava e rombava, saltava e grattava contro il pavimento irregolare al piano di sopra. Contro le mattonelle. Contro tutto. Sotto, occhi sbarrati nel letto, Giorgio lo ascoltava. Lo aveva ascoltato mille mattini prima di allora, forse lo avrebbe ascoltato altri mille. Perché i vicini se n’erano andati, ma il loro rumore no.
Perché?
Se lo era chiesto mille volte, Giorgio. Mille e ancora mille. Non aveva mai trovato una risposta. Era così. Quando aveva scoperto che i vicini se ne sarebbero dovuti andare, aveva sperato e sognato una libertà, una quiete sempre negata. Non l’aveva ottenuta. Perché i vicini se n’erano andati, ma il loro rumore era rimasto.
Giorgio si alzò, andò in bagno, pisciò. Guardò lo specchio nel buio tenue che precede l’alba. Perché accadeva? Perché il rumore senza i vicini? I vicini senza il rumore sì, quello ci stava. Ma il rumore senza i vicini? Quello non ci stava. Ma era così. Era la sua vita.
Tornò in camera, mentre qualcosa di metallico e pesante cadeva in sala. Al piano di sopra. Dove non abitata più nessuno. E qualcuno camminava, con gli zoccoli e un passo grave. Al piano di sopra. In un appartamento vuoto. Vuoto di persone, ma non di rumori. Mai di rumori.
Perché?
Perché. Giorgio Pulo non aveva altra risposta. Aveva sperato nella liberazione, ma la liberazione gli aveva voltato le spalle. Forse non era mai arrivata. Forse non c’era proprio. C’era solo il rumore al piano di sopra. Il rumore senza i vicini.
E forse è una metafora, forse un’allegoria, forse un simbolo. Per Giorgio era solo un rumore eterno, senza qualcuno a produrlo. Era la sua vita. Vissuta sotto un vuoto, pieno di rumore. Perché i vicini se n’erano andati, già. Il rumore no. Restava a tenergli compagnia.