Il mondo della bolla
Il mondo della bolla era il migliore dei mondi possibili.
Su questo non c’erano dubbi: lo pensavano tutti, cioè tutti quelli a cui valesse la pena di chiederlo. Quindi era per forza la verità. Il mondo della bolla era il migliore dei mondi possibili.
Anche Fedele Barca era sostanzialmente d’accordo, in linea di massima, ma con qualche distinguo. Per esempio, pensava che il mondo sarebbe stato ancora migliore, se lo avessero promosso quanto prima a caposezione: questo gli avrebbe assicurato un buono stipendio e ottimi vantaggi economici, a cominciare dall’esenzione dalle tasse. Purtroppo non era ancora successo, per cui il mondo della bolla era sì un bel posto, senza dubbio, ma non ancora il migliore dei mondi possibili. Per lui.
Sperava tuttavia che lo diventasse in fretta.
Quel giorno, Fedele Barca si recava in ufficio a piedi, come faceva sempre una volta al mese: era il suo modo per tenersi in forma e combattere i rischi di infarto, sempre in agguato per chi faceva una vita sedentaria. Lo aveva imparato alla tv e ci credeva. Il cielo sopra la città luccicava di arcobaleno, le case splendevano di tutti i colori della plastica e ogni cosa in generale sembrava trasmessa da uno schermo a cristalli liquidi, altissima definizione. I prodigi della bolla.
Lungo la strada, osservò e ascoltò distratto le pubblicità e i notiziari d’intrattenimento che le tv sui muri gli strillavano addosso, si girò a salutare un vicino di casa che rientrava dal turno nella ronda della libertà, rallentò per non dover fare lo stesso con uno della sua azienda che gli stava antipatico e che guadagnava più di lui, e insomma successe tutto ciò che succedeva sempre, nei giorni in cui andava al lavoro a piedi. Una normale mattinata di primavera.
Poi entrò in ufficio e tutto cambiò di colpo.
Fedele Barca aveva un collega un po’ particolare. Non proprio un amico, e neanche un conoscente in senso stretto; piuttosto, qualcuno con cui scambiare due chiacchiere ogni tanto, in pausa caffè e in altre occasioni. Niente di più, sia chiaro, anche perché non era molto saggio farsi vedere troppo in sua compagnia. Circolavano strane voci, si sa, e dalle strane voci è meglio tenersi lontani, quando si spera di essere promossi a caposezione. Fedele lo sperava.
Il collega in questione era Annibale Rossi. Uno spilungone magro, coi capelli un po’ lunghi e senza trucco. Si capiva lontano un miglio che aveva qualcosa di strano. Sentirlo parlare, poi, era come una ammissione di colpa. Dicevano che fosse finocchio e questo era probabile; nessun uomo autentico sarebbe mai andato in giro così. L’ingegnere del piano di sotto pensava invece che Annibale fosse un pedofilo, ma Fedele non arrivava a tanto. In ogni caso, era un tizio strano.
Non fu dunque del tutto sorprendente quanto accadde quel giorno.
Fedele Barca era appena arrivato in ufficio. Aveva sistemato le sue cose sulla scrivania, poi aveva fatto tappa in bagno per aggiustarsi il fondotinta. Camminare farà anche bene alla salute, ma quando comincia a esserci più caldo è un disastro per l’immagine. Al ritorno, eccolo: Annibale Rossi era al computer. Fin qui niente di strano, se fosse stato già al lavoro. Ma non era al lavoro.
Stava visitando un sito proibito.
Fedele si bloccò. Non conosceva molto bene l’inglese, ma non ci voleva certo un laureato a Oxford per capire che la pagina sullo schermo era proibita, in un ufficio normale. E poi c’erano le immagini. E che immagini! Trattenne il respiro, leccandosi le labbra. Prese il cellulare in silenzio, fotografò la scena, lo rimise in tasca e si avvicinò al collega, con una banconota da sei euro per sorriso.
«Buongiorno, signor Rossi.»
«Oh, buongiorno Barca» gli rispose, girandosi verso di lui. «Sei arrivato presto, oggi.»
«Sono arrivato a piedi. Disturbo?»
«Assolutamente no!»
E non faceva nessun tentativo per nascondere lo schermo. Non si era neanche buttato a cambiare la pagina! Fedele non lo riusciva a capire. Quel tizio si comportava come se fosse la cosa più normale del mondo, come se stesse visitando il sito aziendale. Assurdo!
«Hai visto le notizie di ieri?» gli chiese Annibale, con un cenno al computer.
«Ho seguito il telegiornale» rispose Fedele, con cautela. Era un terreno insidioso.
Il collega gli rivolse un sorrisetto che confermò l’opinione di Barca: era finocchio. Tanto finocchio. Poteva essere pericolo dividere l’ufficio con lui? Fedele si augurava di no. Meglio stare in guardia.
«Il telegiornale, già. Ma hai provato a dare un’occhiata a queste notizie?» continuò Annibale.
«No!» rispose Fedele, col tono indignato di una pia bigotta a cui avessero chiesto se compisse atti impuri, quando era in casa da sola. «E non dovrebbe farlo neanche lei. Non in ufficio, almeno.»
«Oh beh, non è poi così difficile. Ed è molto istruttivo. Dovresti provare anche tu.»
Gli occhi di Fedele si fecero di glassa. «Quei siti sono bloccati. E poi è contro la legge, lo sa.»
«Bloccati, già.» Di nuovo il sorrisetto. «Un proxy anonimo ed è fatta. Aggiungine un altro paio e non ti localizzerà nessuno. Una passeggiata.»
Fedele Barca scosse la testa e si avvio verso la scrivania. Sentiva gli occhi di quell’Annibale che gli perforavano la schiena, inchiodandolo col suo sorrisetto odioso da finocchio. Fare una cosa simile in ufficio! Non aveva idea di cosa fosse un proxy anonimo, ma già con quel nome non poteva essere niente di bello. Specie se lo usava un individuo del genere. E gli aveva addirittura proposto di fare lo stesso, a lui! No, era inaccettabile, e Fedele non lo accettò. Doveva prendere provvedimenti.
Per il resto del giorno ebbe la testa altrove. Più precisamente, ebbe la testa sul computer di Annibale Rossi. Su ciò che vi aveva visto. Non riusciva a credere che qualcuno potesse essere tanto sfacciato. Eppure lo aveva visto, quindi lo doveva pur credere. E poi era in sintonia col personaggio.
Cosa fare? In realtà c’erano molte cose che avrebbe potuto fare, ma si riducevano in sostanza a due linee di condotta. Doveva solo scegliere la più adatta. Certo che sarebbe stato tutto più facile, se lo avessero già promosso a caposezione. Non avrebbe più avuto a che fare con individui di quel tipo, ma solo con fidati dirigenti, uomini che non visitano certi siti. Uomini per bene.
Alla pausa pranzo i suoi pensieri erano ancora sottosopra, così aveva deciso di indagare. Giusto per chiarirsi le idee, ecco. Per fare mente locale, già. Si era avvicinano ad Annibale, mentre ordinava un caffè, e si era seduto accanto a lui a berlo. Ma non troppo accanto.
«Senta, per stamattina...» gli disse, a disagio.
«Sì?» rispose Annibale Rossi. «Cos’è successo stamattina?»
Fedele storse la bocca. «Quel sito che stava visitando, sa...»
L’altro rimase per un attimo perplesso, poi si schiarì. «Ah, quello.» Sorrisetto. «Oh, ma non ti devi preoccupare. Lo controllo tutte le mattine, sai? Per tenermi aggiornato sui fatti del mondo.»
Fu il turno di Fedele Barca a rimanere perplesso. «Tutte le mattine? Ma... ma se ci sono notiziari in ogni angolo della strada! Che se ne fa di andare a cercare notizie su siti vietati? Basta solo guardarsi attorno. Le notizie ci piovono in testa da ogni parte!»
«È proprio per questo che le vado a cercare. Vedi, ci sono notiziari ovunque, ma non dicono nulla. Ti sei mai fermato sul serio ad ascoltarli?»
«Ma certo! Le ho anche già detto che li guardo tutti i giorni. E sono molto interessanti, molto più di quelle pagine che visita lei. Lo so anche senza vederle.»
«Probabilmente hai ragione» gli disse col suo solito sorrisetto. «Ma secondo me ti converrebbe dare un’occhiata anche a quelle. Ti mostrerebbero la cosa da un’altra prospettiva.»
«Una prospettiva illegale» tagliò corto. «Volevo solo dirle che, ecco... beh, insomma, forse sarebbe meglio se le guardasse da casa, se proprio deve. Non in ufficio. Potrebbe essere, beh... pericoloso, e non solo per lei.» Si sentiva molto a disagio e il sudore gli stava rovinando il fondotinta sulla fronte. Tutto per colpa di quel finocchio e dei suoi siti del cavolo! Ci mancava solo che lo scoprissero altri, per poi accusare pure lui di collaborazionismo.
«Sì, capisco. Hai paura che qualche schizzo possa finire anche sul tuo curriculum, se prendono me, un tuo collega d’ufficio, mentre visito pagine illegali.» Sorrisetto. «Ma non ti devi preoccupare: non lo faccio in orario di lavoro. E poi so come non farmi localizzare» aggiunse, strizzando l’occhio. Il suo volto aveva la calma serafica di un arcangelo e questo spediva altri brividi lungo la schiena. Era pazzo, non c’erano spiegazioni.
«Mmh...» Fedele Barca finì il caffè ormai freddo e salutò, tornando in ufficio. Non fecero la strada assieme e non si parlarono più, per il resto del giorno.
All’uscita, la sera aveva una freschezza piacevole. Aveva sprecato ore a pensare a cosa fare, con il suo collega, e il lavoro era andato peggio del solito. E questo non lo aiutava certo a ottenere la sua meritata promozione. Anzi. Ma il fatto era grosso e non poteva trascurarlo. Grosso e pericoloso.
Camminando su un marciapiede ormai tranquillo, dove gli unici ancora in giro erano i pochi che si affrettavano verso casa e le ronde della libertà che vigilavano, Fedele Barca poteva quasi credere a un sogno, un piccolo sogno che lo aveva colto quel mattino. Non era successo niente in ufficio e il pazzo che aveva come collega, quell’Annibale Rossi, non si era fatto sorprendere a commettere un crimine. Tutto andava bene, come sempre.
Purtroppo non era un sogno. Al massimo, un incubo.
In alto, la bolla luccicava nel tramonto. Si sentiva sicuro lì sotto. Si sentiva sicuro, perché accanto a lui c’erano le ronde, sopra di lui lo scudo della bolla e attorno a lui tutto quanto gli ripeteva che non c’erano pericoli e la sicurezza era garantita. Finché si restava dentro la bolla. E lui aveva intenzione di non mettere mai neppure un dito fuori di lì. Perché poi avrebbe dovuto farlo?
Si fermò al semaforo dell’incrocio. Era verde e avrebbe potuto attraversare subito, ma si fermò lo stesso. Voleva guardare lo schermo nel muro e seguire il notiziario, tra una pubblicità e l’altra. Quel finocchio di Rossi gli aveva raccontato scemenze sulle informazioni e le prospettive. Adesso voleva proprio fermarsi e guardare con attenzione, ascoltare ogni parola. Alla faccia sua.
Così fece. E scoprì quello che voleva scoprire.
Sullo schermo si alternavano giornalisti e vallette, presentatori e ballerine, tutti legati da un tema comune: i centimetri di stoffa indossata erano direttamente proporzionali all’età. Assieme, davano vita a uno spettacolo in cui le notizie erano lette, cantate, gridate, declamate, a seconda dei casi e dell’importanza. E per alleggerire il tutto, c’era sempre uno stacchetto danzato. Più o meno. Fedele non era del tutto certo che la si potesse definire danza, però era utile per alleggerire la tensione.
E funzionava. Ascoltavi le notizie e le assorbivi, capivi subito quello che ti volevano dire. Neppure avevi bisogno di fermarti a pensare e chiederti il significato di ciò che era successo. Perché altri lo avevano già fatto per te e, come gentile omaggio della ditta, te lo presentavano con una confezione gradevole. Non ci si poteva annoiare davanti a quel notiziario.
Fedele Barca si allontanò dallo schermo, tornando al passaggio pedonale. Come poteva pensare che ci fosse bisogno di andare a cercare altre notizie su noiose e squallide pagine Web? Come si poteva essere tanto stupidi, come quell’Annibale Rossi, che voleva guardare varie prospettive di una stessa cosa, solo per il gusto di farsi qualche inutile viaggio mentale? Era una barbarie, un ritorno all’età della pietra! Non c’era bisogno di risalire alla notizia grezza, quando avevi già un efficiente ciclo produttivo, che ti consegnava sotto casa il prodotto finito, la notizia bella e impacchettata! Se vuoi una bistecca, la compri al negozio; non vai mica a macellare un maiale!
Già, concluse Fedele, quel suo collega era un pazzo. Ma in fondo lo si sapeva già. Scosse la testa, mentre attraversava col verde. Con certa gente non c’era nulla da fare, rifiutavano il progresso. E a causa loro, la bolla che li proteggeva come una madre poteva addirittura essere minacciata. Qual era dunque il suo dovere di cittadino serio e responsabile, in questi casi? La risposta la sapeva già, ma non era così semplice. Eppure...
Quella sera quasi non riuscì a cenare, per lo stress emotivo e morale a cui era sottoposto. Si alzò da tavola dopo la seconda porzione di profiterole e si abbandonò nella sua poltrona preferita, davanti al televisore del salotto, per schiarirsi le idee. Una parte della sua testa aveva nuovamente cominciato a baloccarsi col pensiero di una promozione, il sogno a occhi aperti preferito. Pensava a tutto ciò che avrebbe potuto fare, col salario ben più corposo che spettava ai capisezione, e ancora di più con l’esenzione fiscale che era il diritto dei redditi elevati. Già, sarebbe cambiata la sua vita, e non poco. Poteva addirittura pensare a una casa di proprietà, al posto dell’appartamento misero in cui viveva.
Ma la questione più importante era un’altra e ancora non l’aveva risolta. In fondo, però, si sa che le questioni si risolvono sempre da sé e non c’è mai bisogno di tormentarsi troppo. Basta solo seguire la corrente e lasciarsi portare alla meta. La meta era sempre una sola. Quindi, alla fine ci sarebbe arrivato pure lui. Semplice. Lasciarsi trasportare, cullare. Fino alla meta.
Non ebbe alcuna difficoltà ad addormentarsi. E sognò la promozione.
Il mattino dopo uscì di buon’ora, passò a denunciare Annibale Rossi, consegnando la sua fotografia come prova, e poi raggiunse il posto di lavoro. Salutò il collega con un sorriso, si dedicò con grande impegno ai suoi doveri e nella pausa caffè chiacchierarono e risero insieme. Fu l’ultima volta che Fedele Barca lo vide, in ufficio o altrove. Forse lo avevano trasferito in un’altra sede, o forse gli era successo un altro tipo di incidente. Cose che capitano. Fedele si strinse nelle spalle e la vita andò avanti come se niente fosse, al riparo nella bolla.
Quel vuoto in ufficio un po’ lo deprimeva, ma per fortuna il problema non durò a lungo. All’inizio della settimana successiva, Fedele Barca ricevette la promozione tanto desiderata, per “grandi meriti conseguiti sul posto di lavoro e per la fedeltà dimostrata alla Proprietà e al Paese”. Tornato a casa, incorniciò con orgoglio la lettera e cominciò subito a scegliere i vestiti migliori e i fondotinta che si adattavano meglio alla sua pelle: voleva fare bella figura nel nuovo ufficio ed era una cosa del tutto comprensibile. Avrebbe avuto accanto persone importanti, uomini di alto livello sociale. Annibale Rossi era ormai un fantasma, che presto non avrebbe lasciato tracce apprezzabili della sua presenza, nella memoria. E poi non era più un problema suo.
Quando si presentò come nuovo caposezione, Fedele Barca era la persona più felice del mondo. E adesso sì che si poteva parlare davvero del “migliore dei mondi possibili”. La bolla sopra di lui gli regalava un luccicare di arcobaleno, come se si fosse vestita a festa per l’occasione. Era proprio un evento memorabile e quasi si stupì che i notiziari non ne parlassero. Ma in fondo non si può avere tutto dalla vita e bisogna sapersi accontentare.
Fedele Barca era certo di potersi accontentare più che bene, benissimo.
E il suo mondo, il migliore dei mondi possibili, continuava a girare tranquillo, dietro il riparo della bolla di sapone, che risplendeva di mille colori senza averne nessuno.