Adriano - racconti e altro

Perdite

C’era un ciclope in bagno e stava riparando il rubinetto del bidè. Assurdo, ma andava così. Nicola Formaggio contemplava l’infinita vanità del tutto seduto nella sua poltrona preferita, che era anche l’unica del salotto. Non era un gran salotto, ma non è rilevante. Non era neppure un salotto, ma una stanza milleusi. Nicola però lo chiamava salotto e tanto bastava.

Perché c’era un ciclope in bagno e gli stava riparando il rubinetto del bidè.

Aveva dovuto chiamare l’idraulico, capite. Era inevitabile, giunti a quel punto. Quel mattino aveva trovato una pozza di discrete dimensioni sul pavimento, simile al ricordino che potrebbe lasciarti un ippopotamo incontinente. Il bidè era al suo centro, più o meno. Quindi si era rotto qualcosa. Poteva essere uno di quei tubetti che portavano l’acqua al rubinetto. Nicola se lo augurava, quantomeno. Il problema sarebbe stato minore, giusto? Rapido da sistemare e poco dispendioso, vero?

Forse. In un mondo migliore, sarebbe stato un problema che anche un Nicola Formaggio qualunque avrebbe potuto riparare in proprio. In un mondo ancora migliore, leibnizianamente parlando, forse il problema non ci sarebbe neppure stato. In quel mondo, però, il problema c’era e Nicola aveva tutta la manualità di un serpente. Da solo, non sarebbe neppure stato capace di ripararsi un laccio rotto.

Quindi aveva dovuto chiamare l’idraulico.

Non il solito idraulico, perché non ne aveva uno. Da qualche parte nel mondo esistevano certamente persone che avevano i loro specialisti, per ogni evenienza. Idraulico, elettricista, fabbro e così via. I numeri per contattarli erano tutti allineati con cura in rubrica e potevi chiamare chi ti serviva in un momento o poco più. Fortunati!

Nicola Formaggio non apparteneva a quella categoria. Nicola Formaggio era una di quelle persone che rimandavano il più possibile, poi cercavano disperatamente un tecnico qualunque, il primo che capitasse sottomano, e speravano in bene. Speravano soprattutto in tariffe basse. Così, di fronte alla pozzanghera in bagno, il nostro eroe si era dovuto arrendere all’evidenza e aveva contattato la prima cosa che si qualificasse come idraulico nei paraggi. Era spuntato quel nome. Che era normale, facile da ignorare. Solo che...

Solo che.

Era stato solo leggermente nervoso, quando aveva sentito suonare al citofono. Niente di strano. Era quasi sempre nervoso, quando doveva incontrare un altro essere umano faccia a faccia, anche se era la millesima volta che si incontravano. Funzionava così, il nostro Nicola. Non ne era soddisfatto, gli sarebbe piaciuto tantissimo essere una persona spigliata, brillante, cose così. Non lo era. Non sapeva neppure da dove cominciare per esserlo. Era nervoso, dunque, quando l’idraulico aveva suonato.

Poi lo aveva visto in faccia e ogni altro pensiero gli era fuggito dalla mente. Sarebbe successo anche a voi, credetemi pure. Aprire la porta e trovarsi di fronte un tizio con un occhio solo, vestito come un cosplayer di Super Mario, baffoni inclusi, è qualcosa che poche menti riescono ad accettare a cuore leggero. Quella di Nicola non ci era riuscita. Aveva chiuso i battenti ed era partita per le ferie. Adesso lui sedeva in poltrona e pensava a cose tristi.

Per il resto era andato tutto abbastanza bene, finora. L’idraulico sapeva già quale fosse il problema, perché Nicola glielo aveva spiegato per telefono. Si era fatto indicare dove fosse il bagno, aveva visto la pozza, si era complimentato col padrone di casa perché aveva avuto almeno l’accortezza di chiudere l’acqua (certo che lo aveva fatto, con quello che costava oggi!), poi aveva posato a terra la borsa in un punto asciutto del pavimento, si era accovacciato di fianco al bidè e aveva cominciato a lavorare. A trafficare con oggetti metallici, quantomeno. Nicola non conosceva gli arcani dell’arte e non li voleva neppure conoscere. L’importante era che li conoscesse l’idraulico, vero? E l’idraulico sembrava sapere il fatto suo, o almeno recitava bene la parte della persona competente.

Tutto bene, fin qui. Solo che era un ciclope. Nicola Formaggio non riusciva a non pensarci. Aveva un solo occhio. Era un ciclope. Era un idraulico. Era vestito come Super Mario. Era un ciclope. Era nel suo bagno a riparargli il bidè. Era un ciclope.

Quel lavoro gli sarebbe costato un occhio della testa.

Nicola soffocò una risatina isterica, mordendosi l’interno di una guancia. Non era il caso. Qualcuno doveva rimanere in contatto con la realtà e quel qualcuno era lui, il padrone di casa. Il proprietario del bidè. Un ciclope vestito da Super Mario glielo stava riparando. Era una questione... delicata, già, e lui doveva rimanere in contatto con la realtà. Punto.

Perché? Doveva esserci una spiegazione logica, razionale. Era il terzo millennio, era il ventunesimo secolo, un mondo dove i gabinetti sono più smart di chi li compra e li usa. Nessuna persona perbene e sana di mente avrebbe mai potuto accettare di avere un ciclope in bagno, a riparargli i bidè. È vero, vero? Quindi non era un ciclope. Era, non so, un’allucinazione, ecco. Un esaurimento nervoso di un qualche tipo. Il sintomo di una nuova malattia, per cui a breve sarebbe arrivato un vaccino in comode rate mensili, per il potere della Scienza.

Nicola Formaggio respirò a fondo. Aveva visto male lui, ovvio. Era un uomo normale, magari senza un occhio, questo ci poteva stare, sono incidenti che capitano. Indossava una benda, ma di un colore rosaceo, simile alla pelle, così lui non l’aveva notata. Perfetto. Quanto all’abbigliamento, beh, nulla di strano, se ci pensava bene. L’idraulico si identificava come Super Mario. Strano, d’accordo, ma è la nuova normalità e va accettata. È un dovere civico, dopotutto, o roba simile.

Poteva funzionare? La mente civile e progressista di Nicola gli diceva di sì. La mente realistica gli diceva di no, il tizio era davvero un ciclope, lo aveva visto bene! I ciclopi, però, non esistono e tutti lo sanno. Se non si era sbagliato lui, allora si era sbagliata la realtà ed era suo dovere correggerla. A sbagliare è sempre la realtà, quando contraddice la conoscenza. Siccome tutti sapevano che i ciclopi non esistevano, se vedevi un ciclope era un errore della realtà. Ovvio.

Hai un ciclope in bagno, lo sai? Ti sta riparando il bidè.

Nicola Formaggio scosse la testa. Sciocchezze! In bagno c’era un idraulico che stava lavorando per lui. Gli aggiustava una perdita nel bidè. Tutto qui. E adesso basta con le fantasticherie. Sei adulto, vero? Sei grande e vaccinato. Più e più volte.

«Ho finito,» disse una voce dietro di lui. Nicola si girò, molto infelice di doverlo fare.

Il ciclope era lì. Aveva la borsa a tracolla e con la mano destra si accarezzava piano i baffoni. Il suo unico occhio lo fissava. Era largo. Era tondo. Era al centro della faccia. Era reale. Ma non lo poteva essere, ovvio. Quindi c’era una spiegazione. C’era un errore.

Nicola Formaggio non lo riusciva a trovare.

«Allora, tutto a posto?» disse, tanto per dire qualcosa.

Il ciclope annuì. «Tutto sistemato. Se vuole controllare...»

Nicola controllò, non perché non si fidasse ma per fare qualcosa di razionale e ragionevole. Sentiva il bisogno di una robusta dose di realtà sotto i piedi. Un bidè era robusto, no? E reale, anche. Se non sono reali i sanitari del tuo gabinetto, cos’altro lo dovrebbe essere?

Sembrava tutto a posto. Restava la pozza sul pavimento, ma quella l’avrebbe dovuta asciugare lui, e sempre lui avrebbe anche dovuto pulire. Non puoi riparare qualcosa senza sporcare, dopotutto, e poi era stato un ciclope, no? Pulire e disinfettare, ecco cosa avrebbe dovuto fare. Metti caso che sia una malattia contagiosa, per esempio. Era l’epoca delle pandemie, dopotutto. Lo diceva la TV.

«Tutto a posto,» disse Nicola.

«Tutto a posto, sì. Un tubo da sostituire, niente di grave.»

«E quanto le devo?»

«Ah, beh. Questo, sì. Tariffa fissa, vede.»

Nicola Formaggio lo fissò, ma non vedeva. «In che senso, scusi?»

Il ciclope sbatté piano l’unica palpebra e sorrise. Non fu un bello spettacolo. «In questo senso, sa. È così che funziona, mi spiace. Niente di personale.» E divorò Nicola, ossa incluse. Ma i vestiti no: gli facevano un poco schifo.

Poi l’idraulico se ne andò, lasciando la fattura sul tavolo. Tutto a norma di legge, vedete. E un altro cliente era stato soddisfatto.

di Adriano Marchetti