Robinson Chefoe
Robinson Chefoe aveva una laurea in Ecosociologia gender, quattro master ottenuti all’estero, tutti in lingua inglese, PhD conseguito presso la prestigioserrima Sixth St. John University, un luminoso futuro accademico che sarebbe di certo cominciato da un momento all’altro e un debito personale di poco inferiore al prodotto interno lordo del Mali. Aveva anche un problema: era finito su un’isola deserta. In un qualche modo non pervenuto.
Doveva essere uno sbaglio e presto si sarebbe risolto da solo, come accade in ogni paese civile. La crociera inclusiva sostenibile di formazione a cui stava partecipando non prevedeva alcuna sosta su isole deserte, dopotutto. Lo avrebbero avvisato, nel caso. Vero, la nave era affondata e in un qualche modo le onde lo avevano sospinto a riva, ma era un dettaglio trascurabile. C’era stato un disguido e se ne doveva occupare chi di dovere. Quanto prima, grazie.
Robinson si tolse lo smartphone di tasca. Morto. Non aveva più dato alcun segno di vita, da quando si era svegliato sulla spiaggia, fradicio d’acqua e impiastricciato di sabbia. Robinson Chefoe non se ne capacitava. Perché non funzionava più? Gli avevano assicurato che era resistente all’acqua ed era il minimo, davvero il minimo, aspettarsi che adesso funzionasse. Inconcepibile.
Aveva fame, aveva sete, ma non erano un problema. Non il principale, quantomeno. La nave era in apparenza affondata. Quanto era aumentato l’inquinamento in quel tratto specifico di mare? E quale il suo impatto in termini di carbonio? Erano problemi seri, impellenti, e aveva bisogno dell’apposita app per calcolare il tutto. Era un suo preciso dovere, capite. Una sua responsabilità.
Mani sui fianchi, faccia imbronciata, Robinson si guardò attorno. Non una colonnina per la ricarica, non un centro di assistenza, nemmeno uno straccio di distributore automatico. Soltanto una distesa di sabbia biancastra, alberi che potevano essere palme e... niente. Natura incolta, non una traccia di civiltà, solo biomassa che inquinava. Dov’erano i pannelli fotovoltaici? E le pale eoliche? E come ci si poteva muovere, senza una strada col traffico limitato e un limite di velocità di dieci chilometri orari? Non c’era neppure una videocamera di sicurezza, né un cartello che ti dicesse cosa fare. Da piangere, davvero.
Robinson guardò lo smartphone. Morto. Doveva per forza esserci un qualche posto che distribuisse cibo sostenibile ed ecologico, ma come poteva trovarlo senza le mappe? E i bagni gender? Perché il suo intestino, capite, gli stava mandando brutti segnali. Anche lo stomaco gli mandava brutti segnali al momento, ma di un altro tipo. Chissà quanto era trascorso dall’apericena con hamburger genuini di laboratorio e pane di blatta fluida? Era l’ultima cosa che ricordava del suo viaggio in nave, prima che il mondo gli affondasse attorno, per una qualche ragione misteriosa.
Cosa era successo? Prese lo smartphone per controllare sui social, ma lo smartphone persisteva nel suo essere morto. Quanti aggiornamenti aveva perso? Troppi, davvero. Che indecenza! E adesso?
Robinson Chefoe sedette sulla sabbia. Era un problema. Il sole stava tramontando e cominciava a fare un poco freddo, anche perché i suoi vestiti non erano ridotti molto bene. Dove trovare adesso una pompa di calore? Forse avrebbe dovuto accendere un fuoco, ma il pensiero lo sgomentava. Una fiamma viva, che consumava legna e produceva montagne di anidride carbonica! Avrebbe spinto il mondo verso il collasso climatico. Pure, cominciava davvero a fare freddo. E quindi?
Robinson si alzò. Stava per commettere un peccato, un terribile peccato, ma si sarebbe confessato al più presto presso un compagno ambientalista e avrebbe accettato le penitenze necessarie per espiare le sue colpe, ma... doveva farlo, capite. Così infilò una mano in tasca, in cerca dell’accendino smart, e non lo trovò. Smarrito! E adesso lui?
Aveva la gola secca. Parecchio. Sapeva anche di sale. Robinson Chefoe si guardò di nuovo attorno nella speranza che il paesaggio fosse cambiato. Non lo era. Dove trovare una fontanella biologica e sostenibile? Lo avrebbe scoperto subito, se soltanto avesse potuto usare l’apposita app, ma ancora il suo smartphone rimaneva morto. Doveva esserci un altro modo per trovare acqua, forse, ma quale? La sua brillante carriera accademica non lo aveva preparato a questa barbarica eventualità.
Camminò un poco avanti e indietro, poi si sedette di nuovo, perché gli era venuto il fiatone e stava emettendo troppa anidride carbonica. Fissò il vuoto, mentre la sera si addensava, il suo stomaco si lamentava, la sua gola si seccava e niente sembrava andare per il verso giusto. Forse era meglio una dormita, adesso, e il giorno dopo una soluzione sarebbe arrivata da sola.
Non arrivò. Niente acqua, niente cibo, niente elettricità, niente campo, niente app. Come poteva una persona civile, una persona progredita, sopravvivere in quel modo? Perché non passava neppure un rider a recapitargli il pranzo ecobio approvato? E da bere, anche. Soprattutto da bere, al momento. Robinson non se ne capacitava. Lo smartphone restava morto e il mondo aveva perso ogni direzione, ogni comando, ogni ordine. Che fare adesso? Chi gli avrebbe dato quello che gli serviva? Chi gli avrebbe detto cosa pensare? Dov’era la società civile?
Robinson Chefoe sedette all’ombra di una pianta e cercò di ingannare fame e sete componendo nel privato della sua mente un rap socialmente impegnato sulla vita di un* paper* che si identificava come innaffiatoi*, ma non riusciva a concentrarsi e il suo cuore era palesemente altrove.
E adesso lui? Che qualcuno gli dicesse cosa fare!
Era ancora fermo sulla spiaggia a controllare lo smartphone morto, quando la disidratazione lo colse e il problema si risolse da solo. Da un certo punto di vista, quantomeno, ma poteva bastare.