Il sogno dell'isola
Conoscevo un uomo che ogni notte sognava di trasformarsi in un’isola.
Ora conosco un’isola che sogna d’essere stata un uomo.
La vedi? No, certo che non la vedi. C’è sempre quella strana nebbia ad avvolgerla, là al centro della baia. Una foschia che sembra quasi emergere dal mare, per abbracciare un ammasso di pietre umide e salate. Quell’ammasso è l’isola, relitto che sporge abbandonato tra le acque.
È un angolo incantevole, questo, anche se nessuno lo conosce. Ci sono le scogliere, dietro di noi, e le onde che arrivano da lontano, per morire sulla spiaggia rocciosa. Di sabbia se ne vede poca, ma non importa. Sono pochi anche i turisti ed è un bene. Ho sempre amato la sua calma, la solitudine che si respira nell’aria salmastra.
Ricordi? Era così anche quando arrivammo qui per la prima volta, tanti anni fa. La baia, racchiusa tra le scogliere e il mare, e la foschia posata nel suo cuore, come una nuvola scesa troppo in basso, che non sa più ritrovare la strada di casa. L’isola di cui ti parlo si trova proprio là, in mezzo al suo grigiore indistinto. Tu non l’hai mai potuta vedere, ma io sì. Io che sono tornato qui molte volte, da allora, io che ho scelto di vivere da solo, in questo luogo dove il cielo sembra più vicino.
È un’illusione, lo so, un miraggio della distanza, ma mi è sempre piaciuto sognare. Sono fatto così.
Una volta ti raccontavo i miei sogni, le infinite immagini che popolavano le mie notti. Ma tu non mi hai mai ascoltato molto, così ho smesso. Adesso sono molto più forti, sogni così concreti e vividi da diventare quasi realtà. O forse sono stati gli anni a logorare a poco a poco quel confine, sbiadendo le linee più nette, fino a smarrire tutto in una grigia vaghezza.
Grigia come la nebbia sospesa laggiù, attorno all’isola. Ma a volte si alza e allora la puoi vedere.
Che cosa si vede? Niente di speciale, niente che possa toglierti il respiro, per meraviglia o stupore. Non è un’immagine da cartolina, di quelle che ti piacevano un tempo. Non è nemmeno una cosa che valga una foto, perché sarebbe una scena molto triste e povera. È uno scoglio, o poco più.
Solo un cumulo di pietre, che spunta smarrito verso il centro della baia. Ha una forma strana, sì, e se la guardi dall’alto, dalla cima della scogliera dietro di noi, assomiglia un poco a una stella. Ma qui, dalla riva bassa, non ti appaiono che grigi sassi, umidi e muti.
Hanno una storia, una storia da raccontare, che forse è solo una leggenda del mare, o un sogno fatto da qualcuno, tanto tempo fa. Qualcuno che non ha più un nome, come non ha nome l’isola in mezzo alla baia. Lo scoglio in mezzo alla baia, se preferisci chiamarlo così. Ma porta pazienza e rimani ad ascoltarmi ancora un poco. Forse potrebbe ricordarti qualcosa.
C’era un uomo che viveva qui attorno, una volta. L’ho visto, gli ho parlato. Mi raccontava la storia di una persona solitaria, che girava per queste spiagge e fuggiva ogni altro essere umano. Un tizio strambo, che si smarriva sempre nei suoi sogni e nelle sue visioni, oscillando sul confine tra sanità e pazzia. A quei tempi non c’era ancora la nebbia sulla baia e non c’era neppure l’isola.
Come è possibile? Non lo so, non guardarmi così. In fondo, è soltanto una leggenda, una storia da ripetere nelle sere d’estate, quando ci si stringe tutti assieme e si parla, per confondere il tempo e non sentire il silenzio del mondo. A ogni modo, c’era l’uomo solitario e la baia era vuota.
E di notte, quella persona sognava sempre la stessa cosa. Di diventare un’isola. Sognava di entrare nell’acqua, per farsi una nuotata. Pian piano arrivava vicino al centro, mentre il cielo era nero, e lì si fermava, sdraiato sulle onde. Faceva il morto, sì, così si dice. Osservava le stelle, ascoltava la pace delle scogliere alte, respirava l’aria fredda e pulita, profumata di sale.
E a un certo punto, nel sogno, succedeva qualcosa. Il suo corpo cresceva, diventava più pesante, più rigido, sembrava sprofondare negli abissi della baia, fino a sfiorarne il fondo. Eppure continuava a rimanere in superficie, i suoi occhi vedevano sempre il cielo. Poi, arrivava una nebbia ad avvolgere ogni cosa, scivolando pacata su di lui. Lo copriva, come un lenzuolo. Solo allora si svegliava.
Era così ogni notte, sempre la stessa cosa, come se la sua mente non sapesse immaginare altro. Dici che gli si era incantato il disco? Sì, puoi metterla così: era rimasto bloccato nella visione. Perché in essa c’era qualcosa di vero, qualcosa di concreto. Un sogno assurdo, certo, eppure si agitava dentro di lui, lo scuoteva, gli scorreva nel sangue. Forse in esso si rappresentava tutto ciò che aveva sempre cercato e inseguito. O forse chi lo sa, era solo la sua pazzia a mostrarsi.
E una volta sognò più forte di ogni altro essere umano, oppure credette davvero a ciò che vedeva. E il suo sogno attraversò il cancello di corno, per diventare realtà.
Il mattino dopo, l’alba sorprese una nuova isola, proprio in mezzo alla baia. Un ammasso di pietre, che pareva il figlio abortito della scogliera. È da allora che la nebbia ha cominciato a salire dal mare e a stendersi sulle acque. A volte si alza, a volte resta placida al suo posto. Proprio da allora.
È solo una leggenda, una storiella per bambini. Hai ragione. Ma quella persona, l’uomo che me l’ha raccontata, aggiungeva sempre qualcosa, un’altra pennellata di fantasia. Ed è che quando la nebbia ricopre l’isola, talvolta si può incontrare una strana figura, da queste parti. Non è che un’ombra vaga, come uno spettro o il ricordo di un essere umano. Si aggira nei paraggi, fermo sulla spiaggia sassosa, oppure cammina lungo la scogliera, dove un tempo viveva in solitudine.
Dicono che sia il sogno dell’isola, il riflesso della persona che fu un tempo, prima di divenire pietra e terra in mezzo alle acque. La foschia che vedi ora davanti a te, che galleggia lieve sulla superficie del mare, non sarebbe che il sonno di quello scoglio sassoso. Divertente, vero? Nessuno ci crede, in fondo, ed è solo una delle leggende che si raccontano ai turisti, per fare più bello questo luogo. Non che ce ne siano poi molti, di turisti, te l’ho già detto. Ma è molto meglio così.
Capisci ora perché mi affascina tanto? Un uomo che sognava di diventare isola, un’isola che sogna di essere ancora uomo. E la nebbia, in mezzo alla baia. Cosa può esserci di più bello, cosa potrebbe stimolare la mia fantasia, più di quanto non lo faccia una leggenda come questa? Non lo so, forse nulla. E rimane ancora qualcosa, che quella persona mi disse e che adesso ti ripeterò.
A volte lo possiamo incontrare. Intendo l’uomo che è diventato isola: a volte si ferma a parlare con quelli che passano, racconta loro la sua storia. E forse è proprio così che anch’io l’ho imparata. Dal suo spettro. Non ti sembra buffo? Quando era un essere umano, inseguiva la solitudine e sognava di diventare pietra, un oggetto inanimato. Ora che è un’isola, sogna di tornare indietro e di parlare con gli altri, di diventare carne di nuovo. Assurdo, vero? Eppure è così: che grandiosa ironia!
Ma ora basta, non voglio annoiarti troppo. Lo vedo che queste mie chiacchiere non ti interessano; tu fingi di ascoltarmi e intanto pensi ad altro, al mondo concreto che è rimasto là, oltre il bordo della scogliera. Queste storie vanno bene per gente come me, i sognatori solitari, che fuggono gli altri e si ritirano come eremiti, nei luoghi più isolati e strambi.
Un’ultima cosa. Ricordi John Donne? Lo studiavi a scuola, in un’epoca che ormai ti sembra lontana mille secoli. Scriveva che nessun uomo è un’isola, ma si sbagliava. È proprio il contrario.
Perché non siamo che isole, arcipelaghi uniti solo dalle onde che si rimbalzano dall’una all’altra, prima di perdersi nel vuoto oltre l’orizzonte. L’acqua ci sfiora, ci unisce, ma è un legame che subito si dissolve, diventa bianca spuma. Galleggiamo, sperduti, e a dividerci non c’è che l’abisso di un piccolo passo. Ma non lo supereremo mai. Siamo incatenati al fondo.
Quella persona sogna la stessa cosa. Da uomo a isola, da isola a uomo: che differenza c’è? È una strana allegoria, un’immagine in cui egli ha creduto con tanta forza da renderla concreta. Fantasia, sogno: ma come ogni leggenda, racchiude in sé una realtà. Si è trasformato, ma non è mutato molto.
Forse lo capirai anche tu, presto o tardi.
Guarda. La verità è là sotto, nascosta dalla nebbia.
Aspetta ancora un poco, tra non molto si alzerà. Potrai vederlo coi tuoi occhi. Lo scoglio, il misero ammasso di pietre, che un tempo fu un essere umano. E che ancora lo è, almeno nei suoi sogni.
Ma io devo andare. Non posso più restare qui con te, a chiacchierare come facevamo una volta, in un passato che ormai ha smesso di avere senso. Il mio tempo è scaduto, tra poco mi sveglierò.
Tra poco si sveglierà e i confini cadranno. Tu vedrai il mio vero volto.
Quando si alzerà la nebbia dalla baia e l’isola smetterà di sognare.