La chitarra d’argento
Una volta c’era un re, che non aveva figliuoli, e tutto il suo amore lo portava a un paggio e a un falco. Il paggio era d’una bellezza straordinaria, e aveva cura del falco. Un giorno, essendo uscito del palazzo, il falco gli fuggì di mano e, per quanto lo chiamasse, non gli dava ascolto. S’era andato a posare sopra un albero. Il giovane s’arrampica sull’albero e in quella che è per ghermire il falco, questo apre le ali e vola via e si va a posare sopra un’alta torre. Il paggio dietro. Giunge alla torre e picchia l’uscio. S’affaccia alla finestra una giovanetta e domanda: Chi è?
- Sono il paggio del re. M’è fuggito il falco e s’è andato a posare su questa torre. Lasciate ch’io entri e cerchi di pigliarlo.
- Io non posso aprirvi, buon giovane, perchè mio padre è fuori e non vuole ch’entri persona quand’egli non c’è.
- Se fosse per me, non vi pregherei, bella fanciulla, - ripigliò il paggio. - Ma si tratta del falco del re. E io perdo la sua grazia, se non glielo riporto.
La fanciulla, mossa da queste parole e più ancora dalla bellezza del giovane, venne ad aprirgli e lo condusse su per una scala a chiocciola all’alto della torre. Qui il paggio s’avvicinò piano piano al falco e potè ghermirlo. Scese le scale, salutò la fanciulla e andò per i fatti suoi. I due giovani, sebbene si fossero visti per la prima volta, s’innamorarono l’uno dell’altro, e ogni giorno il paggio passava sotto le finestre della torre cantando le più belle canzoni, e la giovanetta si faceva alla finestra e lo salutava.
Avvenne dopo alquanto tempo che il re si ammalò. I medici furono d’avviso che dovesse mutar luogo e andar a respirar l’aria pura de’ colli in una sua villa. Convenne che anche il paggio lo seguisse, perchè ormai il re non sapeva staccarsene un momento. Partiti che furono, la giovane, che non vedeva più il suo innamorato, fu presa da gran malinconia. La notte non dormiva e sempre pensava al bel paggio. Una notte che non poteva chiuder occhio, abbandonò la sua camera, scese le scale e venne nella cantina. Qui c’era una porta, che conduceva certi sotterranei. La giovane n’aveva sentito parlare più volte, ma non s’era mai arrischiata d’entrarvi. Questa volta si fece coraggio, aprì la porta e si trovò in una magnifica sala tutta azzurra; passò in un’altra tutta color di rosa. Nel mezzo di questa c’era un pozzo e attorno una ringhiera di ferro. La giovane s’avvicina alla ringhiera, vi s’appoggia e per sfogare il suo dolore si mette a piangere. Alcune delle sue lacrime caddero nel pozzo, e allora vide prima formarsi una nebbiolina e da questa poi uscirne una donna vestita di bianco con una chitarra d’argento. Non è da domandare se la giovane si sbigottisse, ma la donna bianca se le fece vicino e le disse: Non aver paura, chè io sono venuta per aiutarti e non per farti del male. Io so la cagione del tuo dolore. Tu ami un paggio e no sai come ottenerlo in sposo. Te ne insegnerò io il modo. Sappi che il re è ammalato gravemente nella sua villa. I medici tutti ormai lo fanno perduto. Tu dunque piglia questa chitarra d’argento, fa di presentarti alla villa del re e col suono della chitarra lo guarirai di certo. Guarito che tu l’abbia, prometterà di darti quello che tu gli domandi. Domandagli il paggio per sposo, e l’avrai.
Senz’aspettar nè anche un grazie, diede la chitarra di argento alla giovane, e scomparve. Questa lasciò le sale color di rosa e azzurra, rientrò nella sua stanza e dormì tranquillamente. La mattina venne a svegliarla lo stesso suo padre e le disse: Non sai la nuova, figlia mia?
- Che nuova posso saper io, se mai non esco da questa torre?
- Ebbene, sappi che il re è ammalato gravemente ed è presso a morire.
- Se è come tu di’, lascia ch’io vada e spero di poterlo salvare.
- Che pensi, figlia mia? Vuoi far tu quello che non hanno potuto i più valenti medici del regno?
- Sia come si vuole, lasciami andare e vedrai.
- E tu va, che il Cielo ti benedica.
La giovane, presa la chitarra d’argento, se n’andò alla villa del re. Giuntavi, domandò d’essergli presentata, perchè ella lo guarirà. I servi ridono, e non la vogliono lasciar entrare; alla fine stringono le spalle e dicono: Se ne sono provate tante, si provi anche questa. - La giovane è introdotta nella stanza del re ammalato, che non dava più segno di vita. Rimasta sola si mette a suonare la chitarra. Il re apre gli occhi e a poco a poco ripiglia le sue forze, tanto che domanda a’ servi che gli rechino da mangiare. I servi accorrono, portano da mangiare al re, e lo vedono di giorno in giorno sempre più rinvigorirsi, finchè fu sano del tutto. Appena uscì dal letto, fece chiamare la giovane e le disse: Tu m’hai salvata la vita col suono della chitarra d’argento. Domandami quello che desideri, e l’avrai. - Ella piange e diventa rossa come una bragia.
- Perchè piangi? - dice il re, - forse vorresti la metà del mio regno? Vuoi oro, gioie? Di’ una sola parola, e nulla io ti negherò.
Alla fine, lasciato il piangere e pur a bassa voce, disse: Io vorrei il vostro paggio.
- Il mio paggio? Ma che vuoi farne del mio paggio?
- Io lo sposerei, perchè lo amo più di me stessa.
- Ebbene, se egli è contento, io ti do il paggio e poi tante ricchezze, che non sapresti immaginarne di maggiori. Però bisogna che il paggio sia contento, chè io non posso fargli forza.
Si chiama il paggio, e pensate voi se egli rifiutò la mano della bella ragazza, di cui era innamorato perdutamente. Prima che si facessero le nozze però la fanciulla volle rivedere il padre, a cui contò ogni cosa. Rivide anche la donna bianca, e le restituì la chitarra d’argento. La donna bianca le disse: Quando tu hai bisogno, vieni da me e io t’aiuterò come t’ho aiutata questa volta. Detto questo, sparì. Si fecero poi le nozze alla corte del re, e i due sposi vissero contenti tutti gli anni della loro vita.
Commento
L’incipit dipinge il re in una prospettiva che forse poteva essere considerata “innocente e priva di ambiguità” nell’Ottocento, ma che oggi potrebbe essere interpretata in modo un poco diverso. Re senza figli, forse anche senza moglie, ma pieno di amore per il suo bel paggetto? Ok.
Guardando la storia, abbiamo qui una classica fiaba dei due amanti separati, che riescono finalmente a unirsi grazie a un aiutante magico. Qui tocca a una misteriosa dama bianca che risiede in fondo a un pozzo in un misterioso mondo ctonio: sulla sua natura si può speculare a volontà, se proprio lo si desidera, perché certo si offre a interpretazioni di ogni tipo. Se siamo fanatici di Robert Graves, possiamo anche pensare alla sua dea bianca, ma direi che è molto meglio soprassedere.
Per il resto, la fiaba segue uno schema che abbiamo già visto in precedenza, con la guarigione miracolosa per mezzo di uno strumento magico (qui una chitarra, al posto di strani balsami) e poi la richiesta di matrimonio, che non coinvolge l’ammalato ma il suo servitore. Niente di nuovo, in ogni caso.