Il Diavolo
Un povero contadino aveva ventiquattro figliuole, e a mantenerle tutte era imbrogliato. Ogni giorno andava ne’ campi a lavorare e ogni tratto si fermava pensieroso. Un dì un altro contadino gli domanda: Che hai? Sei così triste!
- Che ho? Ho ventiquattro figliuole da marito e son povero come tu sai. Venisse il diavolo, io gliene darei una in moglie.
Il giorno dopo viene proprio il diavolo in persona, ma senza corna e senza coda, vestito da gran signore. Tira da parte il contadino e gli dice: Vorresti tu darmi una tua figlia in moglie? Quello per poco sta sospeso e non sa che rispondere, perchè non gli pareva vero di dar una sua figlia ad un così gran signore. Alla fine, insistendo l’altro, gli dà la maggiore. Il diavolo si parte e conduce la giovane nel suo palazzo. Si fanno le nozze e poi, presa la sposa per mano, la conduce a vedere tutte le stanze e le ricchezze sue, e le dice: quanto è qui dentro tutto è tuo. Solo tu devi guardarti dall’aprire il tale uscio. Guai a te se lo facessi! - Poi se ne va per le sue faccende. La giovane, appena uscì il marito, spinta da curiosità, va all’uscio proibito. Accosta l’orecchio e le pare d’udir dentro di quello gemiti e lamenti. La curiosità cresce, prende una chiave e apre l’uscio. Quale meraviglia! Da di là uscivano fiamme, e in mezzo ad esse erano le anime de’ dannati. La giovane chiude in fretta dicendo: Poveretta me, cos’ho mai veduto! quello è certo l’inferno, e mio marito è il diavolo. Poco dopo il marito viene a casa e le domanda: Dunque m’hai ubbidito? Hai aperto l’uscio che t’ho detto?
- No.
- Ah! no? Credi d’ingannarmi? Tu non t’accorgesti di quella rosa che io, prima di partire, t’ho messa tra i capelli. Essa è mezzo bruciata per le fiamme ch’uscirono da quella stanza, e ciò mostra che m’hai disubbidito. Ma ne pagherai il fio. - E così dicendo la piglia e la caccia nell’inferno.
Ciò fatto, si muta in altro, in forma che nessuno l’avrebbe più conosciuto per quello di prima, e se ne va dal contadino. Gli chiede una figlia in moglie e la conduce al suo palazzo e le fa lo stesso divieto. Ma anche questa novella sposa si lascia vincere alla curiosità, apre l’uscio ed è cacciata in inferno. Ad abbreviarla, ben ventitrè delle figlie del contadino caddero nelle fiamme. Si venne all’ultima, e questa, quantunque la più giovane, era anche la più astuta. S’accorse della rosa, che il marito, partendo, le pose tra’ capelli. Appena fu uscito, non badando alla proibizione, andò all’uscio e l’aperse. Prima però aveva deposta la rosa sopra un armadio perchè non si bruciasse. Appena ebbe aperto l’uscio, vide tra le fiamme le sue misere sorelle. Richiuse ben tosto e pensò a salvarle. Quando venne a casa il marito, ella s’era già rimessa tra’ capelli la rosa, onde quello non si accorse di nulla. Disse al marito: Noi siamo ricchi, e i miei poveri genitori stentano la vita. Tu dovresti, vedi, portar loro alcuni di questi cassoni, che ce ne son tanti che ingombran la casa.
- Ben volentieri, - rispose il diavolo, - domattina comincerò a portarne loro uno.
All’indomani il diavolo si pose sulle spalle uno di que’ cassoni e disse: Com’è pesante! pur lo recherò. - Ed aveva ragione di dir ch’era pesante, perchè la moglie aveva chiuso in quello una delle sue sorelle, oltre a grandi ricchezze. Prima che partisse, la moglie dice: Va difilato a casa mia, e non ti venga la curiosità di guardar entro, perchè io ti terrò d’occhio. - Il diavolo parte, e la moglie si fa alla finestra. Dopo alquanto di via, stracco, mette giù la cassa, e dicendo tra sè: qui la moglie non mi vede, - fa per aprirla, quando la giovane c’era chiusa, istruita dalla sorella, esclamò: Ti vedo, ve’; ti vedo, ve’.
- Diavolo d’una donna, - disse il diavolo, - fin qui mi vede!
Riprese la cassa e la portò ai genitori; i quali gli resero infinite grazie. Come se ne fu andato, apersero la cassa e videro una delle loro figlie con grandi ricchezze. E a questo modo riebbero a una a una le loro ventitrè figlie. Mancava l’ultima, la più giovane e più accorta. Ella dice al marito: Tu sei buono e porterai un altro cassone a casa mia, spero.
- Volentieri, - risponde il diavolo.
Intanto ella fa fare due fantocci, l’uno somigliante alla propria persona e l’altro a un suo bambino, e poi li mette a letto, perchè il marito non s’accorga ch’ella s’è chiusa nella cassa. Alla mattina il diavolo va prima alla stanza della moglie e vede i due fantocci nel letto, e dice: Dormono, lasciamoli dormire, io intanto me ne vo. - Si reca la cassa sulle spalle ed esce. Quand’è un po’ lontano, la mette giù e fa per aprirla dicendo: La moglie non mi vedrà di certo, l’ho lasciata che dormiva lei e il suo bambino. - Ma s’ingannava, chè la moglie di là dentro esclama: Ti vedo ve’, marito mio.
- Diavolo d’una donna! Chi l’avrebbe creduto che mi potesse vedere?
Riprese la cassa, e fu alla casa del contadino. Lo saluta e se ne parte; corre al suo palazzo e va alla stanza della moglie, e vede i due fantocci. Allora sì che s’accorge d’essere stato ingannato, ma troppo tardi. Disperato, apre l’uscio dell’inferno e si getta tra le fiamme bruciandosi le corna e la coda. E invece il contadino per l’accortezza della più giovane delle sue figlie, riebbe tutte le altre per giunta grandi ricchezze, che lo tolsero finalmente dalla paura di morir di fame.
Commento
Altra fiaba che troviamo spesso in Europa. La presenza del Diavolo in persona, invece di qualche altra figura soprannaturale, ci mostra chiaramente il passaggio del cristianesimo e rende un poco più surreale una storia che funziona meglio quando il “marito” è un personaggio che dovrebbe essere meno potente, ma sono dettagli. Il numero delle figlie del contadino, ben ventiquattro invece delle solite tre, avrà sicuramente spinto qualcuno a interpretarla come un’allegoria delle ore del giorno, soprattutto nell’Ottocento e dintorni, quando queste letture andavano molto di moda. Poco altro da dire, nel complesso. C’è forse un tocco di rivalsa sociale nel contadino che si arricchisce a spese del gran signore di turno, ma è piuttosto secondario.