Non c’è più il diavolo
Una volta c’era una povera famigliola: padre, madre e figlio, che a stento potevano tirarla innanzi. Un giorno l’uomo piglia in disparte la moglie e dice: Senti, ormai il nostro figlio è fuor di fanciullo, forte come un torello e furbo come una volpe. Può cominciar anch’egli a lavorare e a guadagnarsi di che vivere. Lo condurrò domani alla vicina città e li troverò di certo una qualche buona famiglia dove allogarlo come servitore. - La donna fu contenta.
Il giorno dopo il contadino chiama il ragazzo, gli dice che cosa vuol far di lui, e poi si mettono in via per la città. Cammin facendo vedono venir di lontano una carrozza tirata da due gagliardi cavalli neri come la pece. Quando la carrozza è vicina ai due, padre e figlio, si ferma; e un signore, vestito tutto di nero, discende e si volge al contadino dicendogli: Dove andate, buon uomo, con questo ragazzo? - Risponde il contadino: Vo alla città, dove intendo di allogare questo mio figlio come servitore presso qualche buona famiglia. Noi siam povera gente e si stenta la vita.
- Lo prenderò io per un anno al mio servizio, - ripigliò il signore.
Furono d’accordo subito riguardo il salario, che fu sborsato anticipatamente al contadino. Dopo di che il figlio da una parte in carrozza, e il padre col danaro dall’altra s’avviarono. Aveva fatti appena pochi passi il contadino, noverando i quattrini, e non sente più il romore della carrozza. Si volta e non la vede. Pensate se rimase come trasognato, s’immaginò che fosse accaduta una qualche disgrazia al figlio, e si pentiva d’averlo lasciato in mano del primo capitato. Pure tirò dritto e, giunto a casa, conta l’accaduto alla moglie. Questa corse subito dal curato per consiglio. E il curato sentenziò: Cara mia, vostro figlio se l’è preso il diavolo; però non vi turbate, chè anche il diavolo, quando dà la sua parola, la mantiene meglio di tanti uomini. In capo a un anno rivedrete il figlio, ma guardatevi un’altra volta di non cadere nella rete. - La donna, un po’ racconsolata, torna dal marito. Aspettano un anno; e una sera, mentre marito e moglie stavansene ragionando del loro figlio e che proprio in quel giorno avrebbero dovuto rivederlo, sentono picchiar l’uscio di strada. Corrono ed abbracciano il figlio. Col danaro, che il ragazzo portò a casa, visse la povera famiglia lautamente; ma quando venne a mancare, allora ricominciarono i guai e i lamenti. Il ragazzo non era stato per nulla un anno col diavolo. Tra le altre aveva imparato a trasformarsi in quello che voleva. Disse dunque al padre: Non c’è più danaro? ebbene; ecco in qual modo voi ne potrete avere. Io mi muterò in cane da caccia, voi mi venderete a buon prezzo e poi io me ne tornerò a casa. - Il contadino, costretto dalla miseria, fece quanto volle il figlio. Mutatosi questo in cane da caccia, il più bello che mai si vedesse, lo prende e lo mena al mercato. Chi vede quel cane resta maravigliato; domandano quanto costi e, quando ne sentono il prezzo, se ne vanno. S’avvicina un ricco signore, vede il cane, gli piace e lo compera per quello che domanda il contadino. Un giorno poi chiama alcuni suoi amici, vuol provare il cane; si va alla caccia e il cane fa maraviglie, pareva proprio avesse sentimento umano. Ma sul più bello non lo vedono più. Corrono di qua, frugano di là, potevano cercar secoli, chè quel cane non lo avrebbero più riveduto, perchè ormai esso, ritornato ragazzo, era tra’ suoi a godersi il danaro, avuto dal padre, e a ridere alle spalle del compratore.
Consumato anche questo danaro, il giovane dice al padre: Adesso mi muterò in cavallo e voi mi venderete nel vicino paese, che ci dev’essere una fiera. Però vi raccomando una cosa; quando mi vendete, portatevi via la cavezza. - Detto questo, ed ecco ch’era già il più bel cavallo che si fosse mai visto. Il contadino va alla fiera con esso. Tutti ne ammirano la gran bellezza, ma come sentono il gran prezzo che domanda, scappan via dicendolo pazzo da legare. Capitò per caso là anche il diavolo, e subito riconobbe nel cavallo il servitore. E, siccome gli era spiaciuto che il giovane non fosse più tornato da lui e di più gli avesse rubato il secreto di mutarsi in quello che voleva, s’avvicina al contadino e compera il bell’animale. Tosto monta in sella, e via di galoppo, lasciando il povero padre addolorato senza cavezza. Il diavolo conduce alle sue stalle il cavallo, e comanda ai servi che non gli diano bere. Voleva a tutti i costi vendicarsi e lasciarlo morire di sete. La povera bestia in pochi giorni era venuta giù giù indebolendosi, tanto che appena poteva reggersi in piedi, e scappare non poteva perchè era legato con la cavezza. Ai servi venne compassione di sì bell’animale e, aspettato il momento che il diavolo non c’era, slegarono il cavallo e lo condussero a una fontana e lasciarono che bevesse a suo piacere. Il giovane, come si sentì libero, si muta tosto in pesce e guizza nell’acqua, e i servi non se lo vedono più innanzi e stanno come trasognati. Il diavolo, venuto a casa, domanda del cavallo. I servi gli contan la cosa, e ch’è scomparso. Egli però s’immagina bene com’è passata la faccenda, e tosto si muta in pesce e si dà a inseguire velocemente il giovane. Questi era lì lì per esser preso e, vistosi perduto, diventa uccello e vola via. Il diavolo si fa tosto uccello pur esso, e dietro all’altro battendo l’ali velocemente. L’inseguito, vistosi ancor perduto, si muta in melagrana e viene a cadere proprio nel seno di una bella giovanetta, ch’era a una finestra. La giovanetta prende in mano la melagrana e questa la prega che lo salvi perchè è perseguitato dal diavolo. Ella rimane mezzo balorda e non capisce l’avventura, quando le capita innanzi un bellissimo giovane e le domanda la metà di quella melagrana. Era il diavolo, già s’intende. La giovanetta divide la melagrana in due parti ed ecco che da queste cadono a terra tanti granellini di miglio, e la melagrana non c’è più. Il diavolo si cangia subito in gallina e si dà a beccare furiosamente il miglio. Un solo granellino, ch’era rimasto sotto un piede della giovanetta, fu la salvezza del figlio del contadino. Mutatosi in faina, prese per il collo la gallina e l’ammazzò. È questa la ragione perchè non c’è più il diavolo.
Commento
Altra storia ricca di motivi classici. Abbiamo il figlio che per un anno va a lavorare presso una misteriosa figura magica, dove impara l’arte del cambiare forma; abbiamo la trasformazione con un oggetto che deve essere rimosso e conservato altrove, perché il mutaforme possa recuperare il suo aspetto originario (per approfondimenti su questo elemento rimando a The legend of Perseus di Edwin Sidney Hartland: tutti e tre i volumi, ma il secondo in particolare); abbiamo soprattutto l’inseguimento magico a colpi di trasformazioni, dove i due contendenti continuano a cambiare forma per adeguarsi alle mosse dell’avversario.
Interessante la rinascita del protagonista dall’ultimo seme rimasto, dopo che tutti gli altri sono stati mangiati: anche in questo caso rimando al libro di Hartland per una spiegazione dettagliata di quale concezione della realtà sia (forse) a fondamento del fenomeno in questione. Per riassumerla in modo estremamente breve, però, possiamo dire che l’idea di base sarebbe quella della parte che è sempre collegata al tutto da cui proviene: finché c’è un pezzo, è come se ci fosse l’insieme totale e dal più piccolo frammento si può ricreare l’intero da cui proviene.
E il diavolo? Probabilmente il pesante influsso del cristianesimo lo ha fatto subentrare al cattivo originario, che in genere in questo tipo di storia è un qualche mago o stregone. Sia come sia, un finale molto ottimista, con la dichiarazione che adesso il diavolo non esiste più. Ma erano altri tempi e, per l’appunto, fiabe e teologia non vanno molto d’accordo.