Adriano - racconti e altro

L’imbroglione intelligente

Tanto, tanto tempo fa c’era un mascalzone, che andò in montagna per raccogliere legna. Siccome non sapeva come divertirsi, si arrampicò sulla cima di un pino molto grosso. Dopo aver masticato un po’ di riso, lo attaccò sui rami dell’albero, per farlo sembrare escrementi di uccello. Poi ritornò al villaggio, andò alla casa del capo e gli parlò così: «Ho trovato un posto dove un bel pavone ha fatto il suo nido. Andiamoci assieme! Essendo io un uomo così povero, mi sento indegno di avvicinarmi troppo all’uccello divino. Tu, che sei un uomo ricco, dovresti prendere il pavone. Sarebbe un grande tesoro per te. Andiamo!»

Così il capo andò là assieme a lui. Quando il capo guardò, c’erano davvero molte tracce di escrementi di uccello vicino alla cima dell’alto pino. Pensò che il pavone fosse là. Così disse: «Non sono capace di arrampicarmi sugli alberi. Benché tu sia un uomo povero, tu sai come farlo. Quindi vai e prendi il pavone, e io ti ricompenserò bene. Vai e cattura il pavone divino!» Così l’uomo povero si arrampicò sull’albero. Quando fu arrivato a metà strada, disse: «Oh, signore! La tua casa sembra andare a fuoco.» Il capo fu molto spaventato. Visto che era spaventato, stava per correre a casa. Allora il mascalzone parlò così: «Ormai la tua casa è bruciata quasi tutta. Non hai motivo per correre là.» L’uomo ricco pensò che sarebbe andato da qualche parte a morire; così andò verso le montagne. Dopo aver percorso poca strada, pensò così: «Dovresti andare e vedere anche i resti della tua casa bruciata.» Così andò laggiù. Quando guardò, scoprì che la sua casa non era affatto bruciata. Si arrabbiò molto, e voleva uccidere quel mascalzone. Allora il mascalzone venne giù. Il capo ordinò ai suoi servitori, dicendo: «Voi uomini! Quest’uomo non è solo povero, ma anche un imbroglione che si comporta molto male. Mettetelo in un tappeto e avvolgetelo in quello, senza ucciderlo. Poi gettatelo nel fiume. Fate così!» Così parlò il capo.

I servitori infilarono il mascalzone nel tappeto e lo legarono ben stretto. Poi due di loro lo portarono fra loro su un palo fino alla riva del fiume. Scesero al fiume. Il mascalzone parlò così: «Anche se io son un uomo molto cattivo, possiedo dei tesori molto preziosi. Andate a prenderli. Se fate così, possiamo accordarci sul fatto che saranno dati a voi. In seguito potrete buttarmi nel fiume.» Sentito questo, i due servitori andarono alla casa del mascalzone.

Nel frattempo un vecchio cieco arrivò da un qualche posto o da un altro. Il suo piede urtò contro qualcosa avvolto in un tappeto. Stupito da questo, lo toccò col suo bastone. Allora il mascalzone disse: «Uomo cieco! Se farai come ti divo io, gli dèi ti daranno gli occhi e tu sarai capace di vedere. Dunque fai così. Se mi slegherai e farai come ti dico io, pregherò gli dèi e i tuoi occhi saranno aperti.» Il vecchio cieco ne fu molto contento. Slegò il tappeto e lasciò uscire il mascalzone. Allora il mascalzone vide che, benché l’uomo fosse vecchio e cieco, era vestito in un modo molto simile a un dio. Il mascalzone disse: «Togliti i tuoi vestiti e rimani nudo, così i tuoi occhi si apriranno presto.» Stando così le cose, il vecchio cieco si tolse i suoi vestiti. Allora il mascalzone lo infilò nudo nel tappeto e lo legò molto stretto. Poi se ne andò coi vestiti e si nascose.

Poco dopo, i due uomini arrivarono e dissero: «Tu, mascalzone! Tu sei davvero un imbroglione. Così, anche se non possiedi alcun tesoro, possiedi un sacco di inganni. Quindi adesso ti getteremo nell’acqua.» Il vecchio cieco disse: «Sono un vecchio cieco. Non sono quel mascalzone. Vi prego, non uccidetemi!» Ma fu gettato direttamente nel fiume. In seguito i due uomini tornarono indietro alla casa del loro signore.

In seguito il mascalzone indossò i bei vestiti del vecchio cieco. Poi andò alla casa del capo e disse: «L’impressione che io mi sia comportato male non era reale. La dea che vive nel fiume era molto innamorata di me. Così voleva prendere e sposare il mio spirito dopo che io fossi stato ucciso essendo gettato nel fiume. Tutte le mie cattive azioni sono dunque causate da lei. Benché io sia andato da quella dea, mi sentivo indegno di diventare suo marito, perché sono un uomo povero. Mi sono accordato così perché tu, che sei il capo del villaggio, andassi al mio posto e la avessi, e io sono venuto qui a dirtelo. Stando così le cose, indosso questi begli abiti perché vendo da parte della dea.» Così lui parlo. Siccome il capo del villaggio vide che il mascalzone era vestito in niente altro che gli abiti migliori, e pensando che stesse dicendo la verità, disse: «Sarebbe bene per me essere legato in un tappeto e gettato nel fiume.» Quindi fu fatto così, proprio come era stato fatto al mascalzone, e lui annegò nell’acqua.

In seguito, il mascalzone divenne il capo e visse nella casa del capo annegato. Dunque, uomini molto cattivi vivevano anche nei tempi antichi. Così si dice.

(Tradotta letteralmente. Raccontata da Ishanashte il 18 luglio 1886.)

Commento

Questa è praticamente la versione ainu di una fiaba molto diffusa in Eurasia: le avventure di un imbroglione di successo, che racconta bugie di ogni tipo, causa danni a cose e persone, rischia di essere buttato in un fiume o in mare ma si salva ingannando un passante, per poi causare la morte dei suoi persecutori più volte ingannati raccontando loro l’ennesima bugia, che in genere li spinge a gettarsi in mare (o in un fiume, a seconda). Il lieto fine non manca mai, per il truffatore, per quanto alto possa essere il numero delle sue vittime.

Anche in Giappone esiste una fiaba quasi identica a questa, nella struttura generale se non proprio nei singoli episodi: è la storia che Yanagita Kunio ha etichettato “Tawara Yakushi”, ossia “Yakushi nel sacco di paglia”, la trama numero 170 nell’opera Nihon mukashibanashi meii, disponibile anche in lingua inglese col titolo The Yanagita Kunio Guide to Japanese Folklore. Varianti di questa fiaba sono state raccolte in diverse prefetture del Giappone, incluse quelle settentrionali, ed è dunque possibile che sia arrivata agli ainu proprio da questa direzione, anche se ovviamente non possiamo esserne certi: siccome la storia esiste anche in Russia, non possiamo escludere a priori l’eventualità che sia giunta da lì, dato che gli ainu intrattenevano rapporti commerciali anche con le vicine isole russe (Sachalin, isole Curili e pure la penisola di Kamčatka), nonché con la Manciuria. Un certo numero di ainu si era insediato stabilmente a Sachalin e sulle Curili, rendendo ancora più facile una eventuale trasmissione di folklore. Possiamo dire che il Giappone è il primo indiziato come “esportatore” di questa storia tra gli ainu, ma non l’unico sospetto.