La matrigna cattiva
Nei giorni antichi, quando gli uomini erano autorizzati ad avere più mogli, un certo uomo ne aveva due – una all’incirca della sua stessa età, l’altra abbastanza giovane, - e le amava entrambe con identica tenerezza. Ma quando la più giovane delle due gli diede una figlia, il suo amore per la figlia lo indusse forse a essere un poco più affezionato alla madre della bambina, invece che all’altra moglie, con grande rabbia di questa. Lei rimuginava nella propria mente cosa poter fare, e alla fine finse una grave malattia, simulando di non essere neppure in grado di mangiare, benché lei mangiasse quando gli altri le voltavano le spalle. Alla fine, essendo in apparenza in punto di morte, dichiarò che soltanto una cosa l’avrebbe potuta curare. Doveva mangiare il cuore della sua piccola figliastra.
A sentire questo, l’uomo fu molto triste e non sapeva cosa fare; perché lui amava dello stesso affetto la sua moglie cattiva e la sua piccola figlia. Ma alla fine decise che avrebbe potuto più facilmente avere un’altra figlia, piuttosto che un’altra moglie che lui avrebbe amato così tanto quanto amava quella. Così ordinò a due dei suoi servitori di portare la bambina nella foresta mentre la madre non stava guardando, di ucciderla là e portare indietro il suo cuore. Così la presero. Ma, essendo persone misericordiose, al posto della bambina uccisero un cane che passava da quelle parti e portarono indietro la bimba in segreto dalla madre, che fu molto spaventata nel sentire cosa fosse accaduto, e che fuggì con la figlia. Nel frattempo, il cuore di cane fu portato alla matrigna, che fu così contenta alla sua vista che dichiarò di non averne più bisogno. Così, senza neppure averlo mangiato, smise di fingere di essere ammalata.
Per qualche tempo dopo questo, lei visse da sola col marito. Ma alla fine gli dissero che cosa fosse accaduto e lui divenne molto scontroso. Lei, vedendo questo, desiderò un marito più vivace. Così un giorno, mentre il marito era fuori a caccia, un giovane uomo, ben vestito tutto in nero, arrivò e la corteggiò, e lei civettò con lui, e gli mostrò il suo seno. Poi fuggirono assieme e giunsero a una bella casa con tappeti d’oro, dove dormirono assieme. Ma quando lei si svegliò di mattina, non era affatto una casa, ma un cumulo di foglie e rami in mezzo alla foresta; e il suo nuovo marito non era altro che un corvo mangiatore di carogne, appollaiato là sopra, e anche il suo stesso corpo si era trasformato in quello di un corvo, e lei dovette mangiare letame.
Ma il marito precedente fu avvisato in un sogno di andare a riprendersi la moglie giovane e la figlia, e i tre vissero per sempre felici assieme. Da quel tempo in poi, la maggior parte degli uomini ha abbandonato la cattiva usanza di avere più di una moglie.
(Trascritta a memoria. Raccontata da Ishanashte nel novembre 1886.)
Commento
Ed ecco una classica storia di matrigna gelosa, come da tradizione mondiale: qui entrambe le mogli sono vive, sia la più giovane che la più vecchia, ed è la prima moglie a essere gelosa della figlia della seconda, invece che il contrario, ma sono dettagli che non comportano alcun cambiamento reale nella trama. Sempre come da tradizione, c’è la richiesta di mangiare il cuore della figlia, per curare una fantomatica malattia simulata. Ancora come da tradizione, la bambina da uccidere non è uccisa, ma al suo posto si sacrifica un animale, stavolta un cane, il cui cuore sarà portato alla mandante dell’omicidio. Possiamo anche cercare paralleli religiosi e rituali al sacrificio di un figlio sostituito dal sacrificio di un animale, se vogliamo, ma non mi pare il caso in questa sede.
Il castigo della matrigna ricorda un altro motivo ricorrente nelle fiabe: l’amore per un misterioso e soprannaturale nuovo arrivato, che la porta a tradire il figlio. In molte storie, questo amore clandestino è alla base delle prove che la madre impone al figlio su suggerimento dell’amante, col solo scopo di eliminare il terzo incomodo; qui non succede e la comparsa dell’amante magico serve solo a punire la colpevole, non a motivare le prove (iniziatiche) imposte a un figlio. Possiamo sottolineare che l’amante in realtà è un corvo e il corvo è qui presentato come mangiatore di letame, perché la donna tramutata in corvo dovrà mangiare letame, anche se questo uccello è più che altro un mangiatore di carogne. Di nuovo un corvo collegato agli escrementi, insomma: un leitmotiv delle storie ainu, per certi versi.