La galassia di Madre - 40
La notte era già calata da un pezzo, quando Rafael Thoreau si chiuse alle spalle la porta del piccolo appartamento di Oklahoma City, capitale della colonia di Madre. Silenzio, finalmente! Scalciò le scarpe in un angolo, abbandonò giacca e cravatta su un mobiletto, allentò la cintura dei pantaloni e si lasciò cadere nella poltrona relativamente comoda del salotto, se di salotto si poteva poi parlare. Stanza arredata in stile “vorrei ma non posso” e con brandelli di comodità in do minore, avrebbe detto lui, ma sulla nuova colonia era ciò che passava per salotto e salotto lo dovevi chiamare. Punto.
Che poi, un nome vale l’altro, no?
Sul lavoro no, ma nella vita privata sì. Sul lavoro Rafael Thoreau era sempre impeccabile, o almeno cercava sempre di esserlo: preciso, dettagliato, specifico, lineare, noioso. Nel privato, chissenefrega. E privato cittadino era adesso, almeno per qualche ora, dopo troppo tempo sprecato tra i discorsi e le registrazioni per vari notiziari, uno meno interessante dell’altro. Perché era l’uomo del momento, da un certo punto di vista e in certo contesto. Il portavoce del momento. Che il momento lo volesse o meno.
Thoreau avrebbe preferito di gran lunga essere ancora uno scienziato che si occupava soltanto delle proprie ricerche, lasciando ad altri onori e oneri delle divulgazioni popolari, ma il tempo in cui gli era consentito di essere soltanto qualcosa era passato da... da tempo, sì, haha, che gli piacesse o no. Molto spesso non gli piaceva, ma aveva compiti e responsabilità e non sarebbe fuggito. Non così.
Era sbarcato per la prima volta sul pianeta oltre vent’anni prima, membro della seconda spedizione ed exologo del gruppo, cioè lo specialista in forme di vita non terrestri. Quello che non interessava a nessuno, insomma, e che era stato portato per fare numero e dare una patina di scientificità a quella che, di fatto, era stata principalmente una spedizione militare. E archeologica, d’accordo, un poco anche archeologica, perché la prima spedizione aveva localizzato rovine di origine artificiale ed era sempre utile sventolare qualche alieno verde e con le antenne, per raggranellare fondi extra, ma la seconda spedizione era stata soprattutto militare. Thoreau era un soprammobile. Un optional.
Era stato così optional, che alla fine era rimasto lì, mentre gli altri tornavano a casa. Non da solo, certo, perché a fargli compagnia erano rimasti anche parecchi militari e quelli che si interessavano agli scavi archeologici, ma di persone che si occupavano di cose ancora vive, cercando magari di farle rimanere vive anche dopo essersene occupati, c’era soltanto lui, lui Rafael Thoreau. Perché era un pianeta strano, Madre. Perché la sua flora e la sua fauna, oltre che scarse, erano anomale, fin dal primo studio, fin dalla prima analisi. E perché, se proprio si voleva andare fino in fondo, non è che sulla Terra ci fosse qualcuno ad aspettarlo. Sì, il suo posto al centro di ricerca, i colleghi che ogni tanto parlavano di lui, citandolo magari in questa o quella pubblicazione, ma a parte il lavoro, sotto sotto, in fin dei conti, il suo non ritorno sulla Terra avrebbe avuto solo un effetto: liberare un posto. Nessuno avrebbe sentito la sua mancanza.
Era rimasto. Aveva continuato i propri studi sulle forme di vita locali, aveva pubblicato di tanto in tanto i risultati, almeno quelli che gli era consentito pubblicare, e dal suo cantuccio aveva guardato la colonia nascere e crescere, a mano a mano che altre persone arrivavano e si stabilivano. Coloni normali, a vagonate, e archeologi come se non ci fosse un domani, ma alla fine anche gli exologi si erano fatti vivi, attratti forse dai suoi articoli, e Thoreau si era ritrovato prima a capo di un gruppo, poi di un gruppo molto più grosso, infine di una fondazione. Più o meno a quel punto l’Ufficio gli aveva scaricato sulla groppa il compito di presiedere alla terraformazione del pianeta, così, di punto in bianco e senza spiegazioni. E adesso era una specie di ministro dell’ambiente, se di ministeri si poteva davvero parlare, su un pianeta che non aveva un governo vero e proprio e dipendeva ancora in quasi tutto dalla madrepatria. Nonché da Leonardi.
E in mezzo a tutto quel casino, con le forme di vita importate che stavano cancellando allegramente le forme di vita autoctone, il governatore Rossi che non lo ascoltava neppure per sbaglio, l’Ufficio che lo ascoltava ancora meno, coloni che sciamavano dappertutto e i suoi studi dimenticati in un angolo ad ammuffire sotto strati di ragnatele (virtuali, almeno: di ragni non ce n’erano, su Madre), ecco che un cantiere stradale gli trova un fossile. Il primo fossile scoperto sul pianeta.
Non che ne avessero mai cercati davvero, fino ad allora. Rafael Thoreau lo avrebbe fatto volentieri, anche di persona, con cappellino e badile, ma con tutto quello che già era in corso, tra archeologi che scavavano ovunque, migliaia di specie animali e vegetali ancora da studiare e schedare, magari prima che i nuovi arrivati le estinguessero, grazie mille, una quarantena imposta e rimossa, e tanto altro che neppure lui ricordava più, la paleontologia aveva dovuto ritirare il numerino e sistemarsi in fila, se possibile senza protestare, stiamo lavorando per voi, che diamine!
Adesso non avrebbe più potuto aspettare. Aveva dovuto mandare la Bapchuck, la più affidabile che avesse, a recuperare il presunto reperto, assieme a un paio di studenti, qualche esperto spalatore che gli archeologi avevano gentilmente prestato, ma solo dopo aver estorto la promessa di un aumento di fondi nel bilancio per il prossimo anno, e i soliti, onnipresenti militari. E reperto era, anche se lui, lui Thoreau, non avrebbe saputo dire molto altro. Non una delle specie attuali, forse mammifero e forse anche erbivoro, abbastanza grosso, età presunta diversi milioni di anni, ma poi? Poi doveva aspettare che arrivasse un qualche paleontologo dalla Terra, per poter scoprire di più. E intanto era a lui che toccavano le relazioni, i notiziari, le interviste e quant’altro. A lui fare la figura del povero fesso, che non ne sapeva un tubo. Ahaha, che ridere.
Rafael Thoreau si strofinò la faccia. Era troppo vecchio per quel genere di lavoro, già. Era troppo vecchio per un gran genere di lavori, o almeno così si sentiva al momento: aveva passato i settanta e li aveva passati non proprio in scioltezza, su un pianeta dove le comodità erano poche e la vita dura. Forse avrebbe fatto meglio a passare la mano, ritirarsi in campagna, trovarsi un qualche passatempo che avesse magari qualcosa a che fare col proprio lavoro e poi... E poi tanti saluti a tutti. Lo aveva fatto Kaya, la sua amica, che con lui aveva partecipato alla seconda spedizione e adesso viveva in una tenuta su Svarga, in pensione e in mezzo agli animali. Buon per lei.
Lui invece viveva su un mondo ancora brullo, mezzo umanizzato e mezzo no, doveva spendere la maggior parte del proprio tempo in riunioni, incontri con responsabili di questo e quello, interviste e registrazioni per la stampa (stampa! Chiamarla ancora così, anche se ormai non si stampava più un bel niente da chissà quanti decenni... ma l’uomo è animale conservatore e tradizionalista, si sa), e i favolosi rapporti da inviare all’Ufficio erano poi la famigerata ciliegina sulla torta. Rapporti che poi erano proprio utili, altroché! Un giorno avrebbe dovuto provare a spedirne uno vuoto, per vedere se qualcuno se ne sarebbe accorto. Probabilmente no.
Settantaquattro anni e sentirsene duecento: la storia della sua vita. Col sospiro numero trecentodue di una giornata in cui i sospiri sembravano non voler finire mai, Rafael Thoreau si alzò a fatica dalla poltrona e zoppicò attraverso il cosiddetto salotto. Meglio andare a letto. Lo attendeva un nuovo giorno pieno e stressante tanto quanto quello in via di esaurimento: nuove interviste, nuove vuote dichiarazioni sulla sensazionale scoperta, nuovi messaggi da università di ogni dove, che volevano informazioni, dettagli, dati, e li volevano subito, oggi stesso, meglio ancora ieri. E tutto per qualche osso pietrificato. Era frustrante. Quando cercava di sensibilizzare il pubblico su problemi un poco più pressanti, come la moria delle specie autoctone soppiantate da quelle importate, tutti fingevano che lui non esistesse neppure. Poi spuntavano i resti di qualcosa morto da milioni di anni e tutti lo cercavano. Grandi soddisfazioni, niente da dire. E i fossili non erano nemmeno il suo campo.
Però era strano, questo lo doveva riconoscere. Tutte le forme di vita di Madre, vegetali o animali che fossero, avevano in comune una rapidissima fase di decomposizione: tempo un mese o poco più e quasi non trovavi più traccia del cadavere. Anche le ossa si decomponevano in tempi brevi. Che si fosse potuto formare un fossile era davvero strano. A meno che...
Ecco, lì si che sarebbe stato utile avere ancora Kaya Farrell attorno. Lei si intendeva di chimica, di chimica organica, e di certo gli avrebbe saputo indicare qualcosa, differenze nella composizione di quelle ossa fossili, rispetto alle ossa contemporanee, oppure nella composizione del terreno, da cui il fossile era stato ripescato, o anche... O anche. Ma nessuno dei suoi attuali collaboratori gli aveva indicato qualcosa. Tutti giovani e volenterosi, per carità, e preparati, a modo loro, ed entusiasti, e tante altre belle cose, ma nessuno che gli avesse risposto. Perché si era formato quel fossile, se tutti gli organismi nativi di Madre sembrano avere una fretta dannata di decomporsi?
Paleontologi erano in viaggio dalla Terra e altri ne sarebbero arrivati dai mondi coloniali. Leonardi aveva brontolato, lagnato e ringhiato, ma la quarantena era finita e nessuno li avrebbe potuti tenere lontano. Thoreau non li voleva nemmeno tenere lontano. Che vengano pure e ci portino una ventata di novità, e magari anche di competenza! Quella non sarebbe stata mai troppa.
Così, fra lamentele, sospiri e recriminazioni, Thoreau andò a seppellirsi nelle coperte e per qualche ora dimenticò il mondo, la galassia e tutti i suoi dolori. Li ricordò al mattino dopo, ancora più forti di prima, quando a contattarlo nel mezzo di una colazione spartana fu Ada Bapchuck. Con cattive notizie, almeno dal suo punto di vista.
«Staplewood ci vuole parlare?» chiese Thoreau. «Sempre per la storia del fossile, immagino.»
«Sì, il comandante Staplewood ci vuole parlare in privato,» gli confermò Ada. «E sì, sempre per la storia del fossile. Ma non è un incontro ufficiale, sa...»
Rafael Thoreau sapeva e non gradiva, ma eseguiva. Da quando aveva smesso di essere un semplice studioso e ricercatore, per farsi inghiottire obtorto collo nella felice palude amministrativa, aveva anche scoperto che esistevano parecchi incontri ufficiali e ancora più incontri non ufficiali, e che la loro importanza era molto diversa e in media era inversamente proporzionale alla loro ufficialità. E se il grande capo dell’esercito su Madre lo voleva incontrare, in via non ufficiale, e la richiesta gli arrivava poco dopo la scoperta del fossile, anche un macaco morto avrebbe saputo unire i puntini da uno a X e scoprire che figura ne sarebbe uscita.
«E andiamo pure a questo incontro non ufficiale,» sospirò, chiudendo il contatto. Il poco appetito per la colazione gli era passato, ma la continuò lo stesso. Avrebbe avuto bisogno di parecchie forze, quel giorno: prometteva di essere lungo e faticoso, come i precedenti. Ma meno ufficiale.
Andarono, Rafael e Ada, una strana accoppiata di scienziati che sarebbero potuti passare per padre e figlia, almeno come età, ma decisamente non come aspetto: si assomigliavano tanto quanto un pero e un baobab e Thoreau non era proprio il baobab, né lo era mai stato. Fisico da ragioniere iconico fin dalla più tenera età, ammesso che ce ne fosse mai stata una, oltre due decenni su Madre avevano lasciato il segno, asciugandolo e rinsecchendolo ulteriormente. A confronto, persino una donna non proprio grossa come la Bapchuck poteva sembrare una cantante lirica d’antan.
La residenza di Staplewood, o del comandante Staplewood se si voleva essere formali e rispettosi dei ranghi, era una piccola casa monofamiliare a ridosso della caserma locale, nella periferie della città. Mono e basta, nel caso di Staplewoon, che di famiglie non ne aveva e viveva solo, per quanto se ne sapesse, ma c’era sempre un gran viavai di colleghi ed era di fatto, anche se non de jure, una succursale della caserma stessa. Non quel mattino. Quel mattino era vuota e tranquilla, quando i due ospiti entrarono, per l’incontro informale che li attendeva.
«Mi dispiace di avervi dovuto disturbare così presto,» disse Scott Staplewood, accogliendoli di persona e facendoli accomodare in salotto. Per un dato valore di accomodare: se l’appartamento di Thoreau poteva sembrare spartano, quello del comandante avrebbe messo a disagio il re Leonida, e forse anche tutti i suoi soldati.
«È per il fossile, vero?» disse Rafael, posandosi con cautela su una sedia di legno, così squadrata e rozza che sembrava prodotta di fretta da un falegname cieco e monco, ma con una discreta dose di sadismo nelle vene. Scricchiolava, se ti muovevi troppo.
«È per il fossile, sì. Come saprete, l’area del suo ritrovamento è stata dichiarata zona militare.»
«Per un fossile.»
«Per un fossile, sì.» Il non entusiasmo sul volto di Staplewood, unito al tono di voce, aggiungevano alle sue parole tutto il sottotono che serviva. Rafael Thoreau ricevette il messaggio implicito.
«Leonardi.»
«Nella persona del governatore Rossi,» confermò il comandante. «Col fossile potete farci tutto quel che vi pare, più o meno, ma la zona del suo ritrovamento è e resterà zona militare. Fino a data da destinarsi. Sotto la giurisdizione del generale Petkovic,» aggiunse.
«Petkovic.»
«Petkovic, sì.»
Thoreau cercò senza successo di sistemarsi meglio sulla sedia, poi rinunciò. Demetrios Petkovic. Che era il fidato braccio destro militare del governatore Maureen Rossi. Che era stata selezionata e appuntata dal dottor Leonardi in persona. Che erano tutti reduci dalla famosa seconda spedizione, come lo era lui stesso e anche il comandante Staplewood. E poi e poi. Con tutti gli intrighi e le linee da seguire, c’era da farsi venire il mal di testa e Thoreau se lo stava facendo venire, pur cercando con scrupolo e dedizione di non seguire i suddetti intrighi.
«Sì può sapere almeno perché siano interessati alla zona e non al fossile?» chiese poi.
Staplewood abbozzò un sorriso. «Perché il fossile è fossilizzato. E perché era proprio lì.»
Ada Bapchuck, provvisoriamente dimenticata, si schiarì la gola, per ricordare la propria esistenza ai due ex giovani. «Potreste spiegare anche a me, se non vi dispiace?»
Thoreau e Staplewood si scambiarono uno sguardo, poi il comandante alzò le spalle e spiegò. «Le chiedo scusa per averla trascurata, ha ragione. La sua presenza qui, stamattina, è dovuta al fatto che è stata lei la prima a raggiungere il fossile e lei a guidare le operazioni di recupero. Per questo, e in quanto parte in causa, era doveroso informarla delle decisioni che sono state prese a riguardo e del perché siano stato prese proprio quelle decisioni. Il nostro comune amico Rafael è qui da molto più tempo e sa già come funzionino casi simili.»
«Buon per lui. Io però non lo so.»
«Su questo pianeta, ogni volta che accade qualcosa di anomalo, bisogna passare per i militari, che la cosa piaccia o meno, sia a chi scopre il qualcosa di anomalo, sia ai militari stessi. Ordini diretti del nostro Ufficio per la Colonizzazione, o più precisamente ordini diretti del dottor Leonardi.»
«L’ex direttore dell’Ufficio, sì, ma...»
«Ex direttore dell’Ufficio, sì, ma ancora suo controllore, se capisce quello che intendo. Il titolo non è strettamente necessario per comandare qualcosa.»
Ada annuì. Sì, lo poteva capire. Guardò verso Thoreau, ma Thoreau sembrava aver scoperto nuovi e affascinanti mondi nelle proprie unghie e le osservava con estrema attenzione. «E il fossile?»
«Il fossile è chiaramente una anomalia. Come voi exologi sapete molto meglio di me, tutte le forme di vita originarie di Madre tengono a decomporsi con estrema rapidità, senza lasciare tracce. Che la stessa cosa non sia successa con questo fossile, come può capire, è una anomalia.»
«Sì, d’accordo, ma perché bloccare la zona di ritrovamento e non il fossile? Se è il fossile a essere una anomalia, lo avreste dovuto mettere sotto controllo militare o quello che è.»
Staplewood si accarezzò la pelle tra le sopracciglia, come se avesse mal di testa o un problema agli occhi. «La prima intenzione era proprio quella, in effetti, ma poi abbiamo ricevuto una rettifica e il nostro obiettivo, o almeno l’obiettivo del generale Petkovic e del governatore Rossi, è diventato la zona in cui il fossile è stato ritrovato. Dicono che l’anomalia sia lì.»
«Ma lei non lo pensa?»
«Non è il mio campo e non mi esprimo. Ciò che penso è solo che si stia esagerando con queste zone militari e tutto il resto. Abbiamo avuto le rovine e aree con accesso ristretto. Abbiamo avuto anche la storia della quarantena, pochi mesi fa. Adesso abbiamo questo fossile. E ogni volta i miei uomini devono fare la parte dei cattivi di turno e chiudere la zona, con tutte le proteste che arrivano sempre dalla comunità scientifica, sia locale che interplanetaria.»
«Le chiedo scusa, ma...»
«Non sto dando la colpa a lei, signora. Stavo solo constatando un fatto. Fosse per me, vi lascerei a studiare quello che volete e come lo volete, ma anche io devo obbedire a ordini che mi vengono dai piani alti. Sì, ci sono piani più alti anche per me, glielo assicuro.»
«Il suo diretto superiore.»
Il volto di Staplewood si contrasse. «Il mio diretto superiore, il ministro Hass, la pensa come me. È da una direzione diversa che arrivano le opposizioni, opposizioni che, almeno per il momento, sono ancora più forti e persino lui si deve adattare, che gli piaccia o meno. E non gli piace, glielo posso assicurare. Non gli piace.»
Ada Bapchuck guardò di nuovo verso Rafael Thoreau, che aveva smesso di contemplarsi le unghie e accettò controvoglia di farsi coinvolgere nella discussione, ma solo marginalmente. «È una storia un poco complicata, vedi. Giochi di potere e roba simile. Te lo spiegherò poi, al ritorno,» disse.
Ada sospirò. «E la zona del ritrovamento, dunque?»
«I fossili non sembrano potersi formare naturalmente, su questo pianeta,» disse Rafael. «O almeno non per quanto siamo riusciti a determinare finora. Ulteriori studi potrebbero smentirlo, ma staremo a vedere. Se il fossile si è formato in quella zona, immagino che i nostri cari amici al piano di sopra ritengano che la causa sia nella zona e non nella creatura da cui si è prodotto il fossile. Dunque, c’è un’anomalia nella zona e i militari devono impedirne l’accesso fino a che non se ne saprà di più.»
«Ma se non lo studiamo, come facciamo a saperne di più?»
«Non lo studieremo noi, ma lo studieranno altri che vanno bene a Leonardi, giusto?»
«Giusto,» confermò il comandante. «E lo stesso accadrà in caso di nuovi ritrovamenti, almeno per il momento. In futuro, magari, il vincolo sarà rimosso, ma per adesso funziona così. È meglio che lo sappiate subito, così sarete pronti e potremo forse risparmiarci proteste e mal di pancia vari. In altri termini, ci aspettiamo la vostra collaborazione. Qualcuno, invece, la pretende e basta.»
«L’accesso al fossile è consentito a studiosi di altri pianeti? O anche qui ci sono limitazioni, come al solito?» chiese Rafael Thoreau.
«Accesso libero. Col fossile fate pure quello che volete, come ho già detto; la zona di ritrovamento, però, è affare nostro. O loro, almeno.»
«Petkovic, Rossi e Leonardi?»
«Petkovic, Rossi e Leonardi, sì. In ordine crescente di rilevanza.»
«E alla fine ci sarà consentito di sapere qualcosa?»
Staplewood sospirò, afflosciandosi un poco. «Non ve lo posso promettere. Staremo a vedere cosa si decideranno a fare. Considerati i precedenti, però, ne dubito»
La conversazione non durò ancora a lungo. Quando il comandante Staplewood li congedò, verso metà mattinata, Rafael Thoreau era placidamente adagiato su uno scontento stabile, ma passeggero e con venature di rassegnazione. Ada Bapchuck, invece, era orientava su un brusco calo di pressione umorale, con possibilità di violenti rovesci a carattere temporalesco.
«A cosa è servito poi chiamarci,» brontolava, salendo i pochi gradini che portavano all’ingresso del palazzo in cui aveva sede il loro centro di studi. Se di palazzo si poteva parlare: scatola da scarpe in cui qualcuno aveva ritagliato male porte e finestre sarebbe stata una descrizione più sincera, ma lo stesso si poteva dire di quasi tutta l’architettura locale, al momento.
«È servito a comunicarci in anticipo gli ordini a cui ci dovremo attenere,» rispose Thoreau, salendo a passo molto più lento e con un pizzico di fiatone.
«Ordini! A saperlo prima che tutta questa colonia era zona militare...»
«Non saresti venuta?»
Ada Bapchuck, dottoressa ma non medico, si prese qualche secondo per riflettere. «No, sarei venuta lo stesso, perché mi interessava studiare le anomalie della vita autoctona.»
«Come avresti già dovuto capire con la quarantena, le anomalie vanno di pari passo col controllo, almeno qui. E i militari sono più o meno dappertutto, per cui è meglio abituarsi e cooperare tutti quanti nel modo meno dannoso per entrambe le parti. Ci si risparmia fatica, sul lungo termine.»
«Ma mi pare che anche questi militari non vadano molto d’accordo tra loro. Spiegami quella storia dei giochi di potere, che dicevi prima. Adesso siamo tornati, no?»
Erano tornati, in effetti. Le stanze spoglie e squadrate del palazzo si aprivano attorno a loro, almeno quelle con la porta aperta: le altre restavano chiuse attorno a loro, ma l’idea è quella. Poteva anche essere chiamata casa, se eri cresciuto in un ambiente molto particolare e povero di affetto, ma nella maggior parte dei casi preferivano chiamarlo ufficio, con la lettera minuscola, o anche studio, o in alcuni casi laboratorio. Era il posto in cui lavoravano, su Madre e a Oklahoma City, e tanto bastava.
«Seguimi nel mio ufficio e te lo spiegherò,» disse Thoreau. «Ho bisogno di una sedia vera, dopo i trespoli a casa del comandante.»
«Non va molto d’accordo col lusso, quel tizio.»
«Non va molto d’accordo e basta. Vent’anni fa non era così, ma credo che faccia un lavoro piuttosto schifoso, adesso, o almeno un lavoro che non gli piace. Deve essere per questo. Ma non è poi una cattiva persona, sotto sotto. È solo un po’...»
«Quadrato? Esagonale? Icosaedrico?»
«È fatto a modo suo. Ha un ottimo rapporto con Hass, il ministro Hass, ma con gli altri...»
«Sempre per questa storia della seconda spedizione, eh?»
«Anche, ma non solo. Ma sediamoci e ti spiegherò.»
Sedettero e Rafael Thoreau spiegò, aggirando il più possibile gli eventi della seconda spedizione, come era solito fare quando parlava del passato, soprattutto quando il suo ascoltatore non c’era stato in quel passato. Certi argomenti non erano adatti a tutte le orecchie, almeno a suo parere.
Malgrado avesse sempre scrupolosamente cercato di mantenersi fuori da tutto, gli incarichi che gli erano stati via via scaricati sul groppone lo avevano costretto a sapere più di quanto avrebbe voluto su come funzionassero le cose su Madre e nei dintorni. E su Madre c’erano due fazioni principali: la fazione del dottor Leonardi e quella di Hass. Con correnti, sottogruppi e variazioni sul tema, ma i due grandi blocchi erano quelli. Leonardi e Hass: l’ex Direttore e l’attuale Ministro.
Nonché reduci della seconda spedizione. Nonché capi della seconda spedizione, sebbene su piani diversi: politico Leonardi, militare Hass. Entrambi erano scesi nel pozzo, quel pozzo di cui Rafael non aveva mai parlato a nessuno dei suoi collaboratori, né avrebbe mai parlato, se gli era permesso di esprimersi a riguardo. Era il segreto più segreto di Madre e Leonardi non sarebbe stato né urbano né comprensivo con chiunque ne avesse parlato. Hass, invece, soprattutto dopo la sua ultima visita, quasi dieci anni prima... Ma il parere di Hass non avrebbe mai contato, almeno finché Leonardi era vivo e a piede libero. Il che poteva significare non per molto, se certe voci erano vere.
Ma stava divagando. Il punto era che l’amministrazione della colonia era di fatto divisa tra le due correnti, che una volta erano state una corrente sola e solida, ma che negli ultimi anni erano andate sempre più lungo strade diverse e divergenti. In profondità, almeno, perché in superficie nessuno lo avrebbe notato. Nessuno che non sapesse dove guardare, se non altro.
Il governatore Maureen Rossi era paladino di Leonardi. Paladino dal carisma indicibilmente basso, d’accordo, ma pur sempre paladino. Il generale Demetrios Petkovic, secondo di Staplewood, era un altro leonardiano, se gli si passava il termine; considerato che il comandante Staplewood era invece un sostenitore di Hass fin dal suo primo respiro, e guardava a Leonardi come a uno scarafaggio che ti è caduto dentro il piatto, il presidio militare di Madre era di fatto diviso in due, ma con una certa prevalenza di leonardiani. Per Leonardi era anche la maggioranza dell’amministrazione civile, ma a sorpresa gli studiosi tendevano a schierarsi con Hass.
«Perché lui vorrebbe rimuovere tutti quei paletti imposti da Leonardi all’ingresso di ricercatori dagli altri mondi coloniali,» spiegò Thoreau. «A noi farebbe molto comodo, capisci. Ci farebbe comodo anche avere meno militari attorno, ma...»
«Ma finché c’è Leonardi, niente da fare. Giusto?»
Giusto. Anche sulla Terra c’era divisioni simili, ma la Terra era un pianeta lontano, su cui Thoreau non tornava da troppi anni, e non ne sapeva poi molto. Madre, invece, era il suo pianeta adottivo e ne sapeva fin troppo, almeno per i suoi gusti. Comunque, siccome Staplewood era più o meno dalla loro parte, aveva preferito convocarli e avvisarli per tempo, in modo amichevole, così da evitare in seguito problemi. Rafael era quasi sicuro che il comandante avrebbe fatto il possibile per tenere gli altri militari lontano dalle ricerche e consentire l’acceso a studiosi delle colonie, ma era importante che loro per primi si tenessero fuori dalle zone militari e non causassero attriti o incidenti.
«Se manteniamo una buona condotta, avremo solo da guadagnarci,» concluse.
«Fare quello che vogliono loro e stare fuori dai piedi. Fantastico.»
«Ma possiamo studiare il fossile liberamente e chiamare collaboratori da altri pianeti.»
«Ma non possiamo studiare la zona in cui si è formato e le sue eventuali particolarità. Le sue sicure particolarità, anzi. Altrimenti non ci avrebbero buttati fuori.»
«Possiamo ricavarle in modo indiretto dal fossile. Se troviamo i collaboratori giusti, e col giro che ha fatto questa notizia li dovremmo poter trovare, allora...»
Ada Bapchuck sbuffò, incrociando le braccia. Se non avesse mai collaborato con Kaya Farrell, forse a quel punto Thoreau avrebbe cercato di intervenire, spiegare e giustificare; siccome invece aveva collaborato con Kaya Farrell, e proprio su quel pianeta, e proprio durante la seconda spiegazione, si era già fatto una certa esperienza su come trattare o come non trattare le donne con una corporatura da idolo preistorico, soprattutto quando apparivano arrabbiate. Di conseguenza, tacque e guardò la finestra, aspettando tempi migliori. Presto o tardi sarebbero arrivati.
Arrivarono relativamente presto. «Vabbè, lasciamo pure perdere quello che non possiamo cambiare e pensiamo ai lavori che ci consentono di fare,» disse Ada, alzandosi. «Tornerò ai miei studi, se non c’è altro da dire. Abbiamo già perso anche troppo tempo, stamattina.»
Su questo Thoreau era d’accordo. Quando la sua collaboratrice fu uscita, Rafael tornò a controllare gli impegni in programma per quel giorno e sospirò. Niente di utile, niente di interessante. Almeno, da un certo punto di vista, la pubblicità sarebbe potuta servire. Avevano ricercatori da attirare, ora che era arrivato l’ok, e continuare a ricordare l’esistenza del fossile sarebbe servito. Buttarci dentro anche gli alieni sarebbe stato vantaggioso? Forse. Erano su Madre, dopotutto, e Madre era famosa come il mondo degli alieni. Valeva la pena di tentare.
Con gli archeologi le rovine aliene avevano funzionato benissimo. Pure troppo, secondo alcuni. Li vedevi arrivare e sciamare come mosconi, richieste di accesso a decine, centinaia, migliaia, da quel pianeta e da quell’altro ancora. La quarantena li aveva rallentati per un poco, ma adesso erano già più di prima e le selezioni erano terribili: non c’era spazio per tutti e Sonja D’Antona approfittava, e rastrellava risorse come se piovesse. Buon per lei. Rafael la poteva solo invidiare, ma non troppo.
E anche Sonja D’Antona era una reduce della seconda spedizione. Quando il capo archeologo era tornato sulla Terra, a fine missione, lei era rimasta su Madre, come lui stesso, come molti militari. E aveva fatto strada. Aveva fatto molta strada. Aveva fatto più strada lei che mille operai dei cantieri, come quelli che avevano trovato il fossile. Vice governatore, oggi, e pronta al prossimo balzo.
No, non la invidiava. Grandi risorse, senza dubbio, ma anche troppe responsabilità e troppa, troppa visibilità. Le prime avrebbero fatto comodo, ok, ma se era necessario anche prendersi tutti il resto, incluso nel pacchetto, allora preferiva lasciarle dove erano. Un qualche accenno agli alieni, però, lo avrebbe inserito nella prossima pubblicazione. Giusto per. Se poi avessero scoperto che quel fossile apparteneva a un essere intelligente, o almeno a un animale che si era poi evoluto fino a produrre un essere intelligente (i famosi alieni?), il colpo sarebbe stato enorme. Lavorare, dunque.
Lavorava anche Ada Bapchuck, adesso, e proprio sul fossile in questione. Anche lei aveva pensato e sognato, più volte, che magari i resti trovati potessero avere a che fare con la civiltà sviluppata su quel mondo quasi quattro milioni di anni prima, e poi scomparsa per motivi ancora ignoti, ma era una speranza che si affievoliva ogni giorno. Certezze ancora non ne aveva e comunque un consulto con qualche paleontologo era necessario, prima di potersi esprimere, ma l’impressione era proprio che il fossile fosse di un animale. Quadrupede, forse, o qualcosa di simile. I pezzi rinvenuti fino ad allora non bastavano per esserne certi, almeno non con le sue competenze, ma se avessero trovato altri pezzi, o altri scheletri, magari più completi...
Hah, ma non avrebbero trovato più niente. Non loro, non in quel posto. Perché era zona militare, adesso. Era una anomalia e le anomalie potevano essere gestite solo da Leonardi e dai sui prescelti. Che scemenza! Non gli era piaciuto il discorso di Thoreau e le conclusioni le erano piaciute anche meno, ammesso e non concesso che fosse possibile scendere sotto lo zero. Coi numeri sì, certo, lo sapeva bene, ma con la realtà? Poteva esserci qualcosa di inferiore al nulla, all’assenza totale?
Roba da filosofi, meglio non pensarci. Pensava invece a quella mitologica seconda spedizione, a cui il suo superiore, il professor Thoreau, aveva partecipato, ma di cui non voleva mai parlare. Non nei dettagli, almeno. Vi avevano partecipato anche altre persone, quasi tutti oggi pezzi grossi su Madre o sulla Terra. Una specie di club esclusivo, che si prendeva le poltrone migliori e gli altri li lasciava in piedi, a guardare, ad aspettare che si liberasse un qualche posto, magari grazie al tempo e a quel fenomeno di riciclaggio naturale chiamato morte.
Era studentessa universitaria, allora, più di venti anni prima. Studentessa in una università terrestre, quando le notizie sulla spedizione erano arrivate e l’entusiasmo per le nuove scoperte era esploso. Si era entusiasmata anche lei, che studiava exologia e fantasticava su come dovessero essere quelle forme di vita di Madre, che sembravano tutte imparentate tra loro. Alla lontana, certo, lontanissima, ma molto, molto più vicina di quanto lo fossero le forme di vita su altri pianeti. Quale poteva essere la loro origine? Quale l’antenato comune, condiviso sia da vegetali che da animali?
Aveva studiato sulla Terra, si era specializzata su Svarga, a un costo economico enorme e con un debito che probabilmente le sarebbe durato per tutta la vita, salvo miracoli, e alla fine era arrivata lì, su Madre, a lavorare assieme a uno dei membri di quella famosa spedizione. E così la realtà l’aveva colpita nei denti, con una mazza di granito. E così erano arrivate le delusioni.
Perché c’era molto da studiare, su Madre, c’era molto da scoprire. Peccato che il famoso professor Thoreau fosse di fatto un anziano dal fisico di ragioniere rachitico, energetico come uno scarafaggio morto, e l’intero dipartimento ne seguisse l’esempio. Peccato che, non appena facevi una scoperta, una scopetta qualunque, ecco che ti trovavi una secchiata di militari tra i piedi, tanto per non usare espressioni volgari. Peccato che, se non eri archeologo, i fondi arrivavano col contagocce e pure le gocce le dovevi mendicare. Peccato che, lì su Madre, a nessuno fregasse niente degli animali del posto e tutti volessero solo rimpiazzarli con quelli importati dalla Terra, modificati a dovere.
Peccato, peccato. Peccato perché, per quanto ne capiva lei, il fossile era diventato fossile, invece di decomporsi in pochi giorni, dopo aver assorbito qualcosa dal terreno. Un qualche sale, che ne aveva favorito la pietrificazione. Ma quale? Domanda troppo difficile, per una semplice exologa. Sarebbe servita una base molto più solida della sua, in chimica e anche in chimica organica. Invece, con le sue competenze, poteva solo ipotizzare. Lei studiava gli animali vivi, dannazione, non quelli morti da qualche decina di milioni di anni! A occhio. Forse di più, forse di meno.
No, niente da fare. Meglio lasciare perdere il fossile, almeno per adesso, e pensare a cose molto più urgenti. Il fossile non sarebbe andato da nessuna parte, i pesci sì. I pesci stavano già andando da una qualche parte e quella parte non era bella. Ma proprio per niente. Era una parte che si chiamava estinzione. I pesci autoctoni, beninteso; quelli importati dalla Terra, e adattati ai mari di Madre, si erano adattati fin troppo bene e avevano preso sul serio l’antiquato e biblico (a suo parere sinonimi) “crescete e moltiplicatevi”. Sprovvisti di predatori, perché i pesci di Madre non avrebbero predato neppure un moscerino stordito, i nuovi arrivati avevano progressivamente respinto i vecchi, secondo le tradizioni colonialistiche terrestri, e li avevano costretti in piccoli e remoti specchi d’acqua.
Thoreau aveva protestato, certo, sia sponte sua sia dietro gli inviti calorosi che lei e altri exologi gli avevano fatto generosamente pervenire. Era servito? Certo che no! Neppure lo avevano ascoltato, né il governatore Rossi, né il dottor Leonardi, ultimo approdo di tutte le cause perse. Ultimo perché, se arrivavano lì, era certo che non si sarebbero più mosse, diventando molto più che perse. Estinte, semmai. Proprio come i pesci di Madre. Ahaha.
Ma cosa volevano farci col pianeta, quegli idioti? Domanda a cui Ada Bapchuck non avrebbe avuto una risposta ancora per molto, molto tempo. Per ingannare l’attesa, continuò a lavorare. Prima che anche gli ultimi esemplari di pesci si potessero estinguere.