Adriano - racconti e altro

L’adorazione del salmone, il pesce divino

Un certo ainu uscì in barca per pescare pesci nel mare. Mentre era là, si alzò un grande vento, che lo fece andare alla deriva per sei notti. Proprio quando era prossimo alla morte, giunse in vista della terraferma. Trasportato sulla spiaggia dalle onde, sbarcò senza problemi e lì trovò un piacevole torrentello. Dopo aver risalito le sponde di questo torrentello per una certa distanza, vide un luogo abitato. Vicino a quel luogo c’era una folla di gente, sia uomini che donne. Raggiunto quel luogo ed entrato nella casa del capo, vi trovò un anziano dall’aspetto davvero divino. Questo anziano gli disse: «Rimani con noi per una notte e domani ti faremo tornare a casa nel tuo paese. Ti va bene?»

Così l’ainu trascorse la notte assieme al vecchio capo. Quando venne il giorno seguente, il vecchio capo gli parlò così: «Alcuni membri del mio popolo, sia uomini che donne, devono andare nel tuo paese per motivi di commercio. Così, se ti farai portare da loro, riuscirai ad arrivare a casa. Quando ti faranno salire in barca con loro, tu dovrai coricarti al suolo e non guardarti attorno, ma nascondere completamente la tua testa. Se farai così, riuscirai a ritornare. Se guarderai, il mio popolo si arrabbierà. Stai bene attento a non guardare.» Così parlò il vecchio capo.

Bene, c’era una intera flotta di barche, su cui un sacco di gente, sia uomini che donne, saliva a bordo. C’erano almeno cento barche, che partirono tutte assieme. L’ainu si coricò a terra su una di quelle e nascose la testa, mentre gli altri guidavano la barca con l’accompagnamento di una canzone piacevole. Gli piacque molto tutto ciò. Dopo un po’, raggiunsero la terra. Quando ebbero fatto così, l’ainu, sbirciando un poco, vide che c’era un fiume e che loro stavano attingendo acqua coi mestoli dalla foce del fiume, e la bevevano. Si dicevano l’un l’altro: «Com’è buona quest’acqua!» Metà della flotta si avviò su per il fiume, ma la barca su cui si trovava l’ainu proseguì il suo viaggio e alla fine raggiunse il suo paese natio, dove i marinai gettarono in acqua l’ainu. Pensava di essersi sognato tutto. In seguito tornò in sé. La barca e i marinai erano spariti; in quale direzione, lui non lo sapeva dire. Raggiunse però la propria casa e, addormentandosi, fece un sogno. Sognò che lo stesso vecchio capo gli appariva e diceva: «Io non sono un essere umano. Io sono il capo dei salmoni, il pesce divino. Siccome sembravi in pericolo di morire tra le onde, ti ho attirato a me e ti ho salvato la vita. Pensavi di essere rimasto da me per una notte soltanto, ma in realtà quella notte è durata un anno intero. Quando si è concluso, ti ho mandato indietro al tuo paese natio. Per questo ti sarò molto grato se, d’ora in avanti, tu mi offrirai sake, preparerai simboli divini in mio onore e mi adorerai con le parole “Offro una libagione al capo dei salmoni, il pesce divino”. Se non mi adorerai, diventerai un uomo povero. Ricordatelo molto bene!» Queste furono le parole che l’anziano divino disse a lui nel sogno.

(Tradotta letteralmente. Raccontata da Ishanashte il 17 luglio 1886.)

Commento

Credo di aver scritto più che a sufficienza su questo racconto nel mio articolo sul signore dei pesci, per cui la farò breve. Chamberlain, nel suo Memoir citato più volte da lui stesso nell’introduzione alla presente raccolta, lo paragona alla storia di Urashima Tarō, presentandolo fianco a fianco con le versione di quella contenuta nel Man’yōshū, in quanto entrambi i racconti ci presentano un pescatore che finisce in un posto sovrannaturale e alla fine scopre di averci passato più tempo del previsto. Ok. Il problema è che nella storia di Urashima lo sbalzo temporale è l’aspetto centrale; in quella dell’anonimo pescatore ainu, invece, è solo un dettaglio a margine, che non ha alcun effetto concreto sulla sua vita. Perché il cuore del racconto ainu non è la temporanea uscita dal tempo, ma l’incontro col Signore degli animali: Cepkor Kamui, il padrone dei salmoni.

Il finale ci mostra che, in virtù di questo incontro, il pescatore ainu si trova a stringere una sorta di contratto personale col Signore degli animali: avrà l’abbondanza, a patto che si impegni a celebrare costantemente certi rituali per il Signore. Questi riti son una versione simile, ma non uguale, dei riti che tutti gli ainu dovevano compiere dopo la pesca dei salmoni, per ringraziare i pesci e offrire loro quei doni che avrebbero postato con sé nel loro viaggio di ritorno verso Cepkor Kamui, il loro signore. Se i rituali non fossero stati eseguiti correttamente, non ci sarebbero stati più salmoni da pescare per gli ainu.