Adriano - racconti e altro

La punizione della curiosita'

In un tempo molto antico, quando il mondo era appena stato fatto, ogni cosa era ancora incerta e pericolosa. La crosta della terra era sottile e al di sotto tutto bruciava. Per questo motivo la gente non osava avventurarsi fuori dalle capanne, neppure per ottenere cibo; perché i loro piedi sarebbero stati bruciati. Così erano nutriti dal dio Okikurumi, che aveva l’abitudine di pescare per loro e poi mandava in giro sua moglie Turesh con quanto aveva pescato. Ma aveva ordinato alla gente di non fare domande e di non cercare mai di guardare il volto di Turesh. Ma un giorno un ainu in una delle capanne non si accontentò di essere nutrito in cambio di niente e disobbedì agli ordini di Okikurumi. Voleva vedere chi fosse la donna che faceva ogni giorno il giro con il cibo. Così aspettò fino a che la sua mano non si sporse nella finestra, poi l’afferrò e la trascinò dentro a forza. Lei urlò e si divincolò e, quando si trovò dentro la capanna, si trasformò in un drago che si contorceva e dimenava. Il cielo si oscurò, il tuono rimbombò, il drago svanì e la capanna fu incenerita dal fulmine. Okikurumi si arrabbiò molto per quello che l’uomo aveva fatto. Così smise di nutrire la gente e se ne andò, nessuno sapeva dove. Ecco perché gli ainu sono stati poveri e in miseria fin da quel tempo.

(Trascritta a memoria. Raccontata da Kuteashguru nel luglio 1886.)

Commento

Possiamo considerarlo una specie di mito sulla caduta dell’uomo, se proprio vogliamo. Agli inizi del tempo, vivevamo in una età dell’oro, dove potevamo mangiare senza bisogno di lavorare: qualcun altro lavorava al nostro posto e ci faceva recapitare a casa il cibo. Poi il solito trasgressore non rispetta il divieto, che in questo caso consiste nel guardare il fattorino divino; troppo curioso, usa la forza per scoprire l’identità del personaggio misterioso e per colpa sua tutto il genere umano (o almeno tutti gli ainu) è stato punito. Così oggi bisogna faticare per mangiare e comunque gli ainu sono sempre rimasti poveri fin da allora.

Un mitologema classico, nel suo insieme, su cui suppongo non sia necessario dilungarsi, perché in una qualche sua variante compare presso molti popoli: può essere chiamata l’età dell’oro, il paradiso terrestre o altro ancora, ma quasi tutte le culture hanno fantasticato su un periodo in cui il cibo ti cadeva direttamente in mano, senza che tu dovessi fare alcuna fatica. Nel caso degli ainu, è vero, non ci sono fiumi di latte o di miele, il cibo non spunta sugli alberi o dal terreno, ma c’è un apposito corriere che te lo recapita a domicilio: dettagli a parte, l’idea di base è sempre quella.

Interessante la connessione tra il drago e il temporale, abbastanza ricorrente tra gli ainu. Kanna Kamui è il dio del tuono ed è spesso descritto come un drago, quando è necessario dargli una forma animale. Niente di nuovo, peraltro: i draghi sono collegati alla pioggia e ai temporali anche in storie giapponesi e in ultima analisi provengono in genere dalla Cina, dove il drago è per eccellenza l’animale che cammina sulle nuvole e porta la pioggia.