L’uomo che fu trasformato in una volpe
Il comportamento di un certo uomo era questo: andava in ogni luogo, impegnandosi a non fare altro che raccontare bugie ed estorcere cose alla gente. Allora, dopo un certo tempo, volendo estorcere di nuovo, si recò in un altro posto. Mentre camminava, aveva l’abitudine di pensare a quali bugie avrebbe potuto raccontare. Sentì poi una voce. Non era un linguaggio umano. Camminava dicendo «Pau! Pau!». Quando guardò il proprio corpo, era quello di una volpe. Allora pensò che, sia se fosse tornato al su villaggio o andato da un’altra parte, i cani lo avrebbero ucciso. Così, con le lacrime agli occhi, se ne andò dalla strada, verso le montagne. Là trovò una quercia larga e piena di foglie. Si coricò piangendo lì sotto.
Poi si addormentò. Sognò che c’era una grande casa. Lui era all’esterno di quella casa. Una donna divina ne uscì e parlò così: «Oh! Che uomo cattivo! Che malvagio! Tu sei diventato un dio cattivo, un diavolo, come punizione divina per le tue cattive azioni. Trasformato così in un diavolo, perché vieni a metterti vicino alla mia casa? Mi piacerebbe lasciati così come sei. Ma siccome io sono questo albero, che è stato fatto capo degli alberi dal cielo, e siccome mi sporcherebbe se tu morissi accanto alla mia casa, ti trasformerò di nuovo in un uomo e ti manderò a casa. Non comportarti di nuovo male, d’ora in avanti!» Così parlò la donna divina.
Questo fu il suo sogno. Nel frattempo, i rami sulla cima dell’albero si spezzarono e caddero giù, e lui ne fu molto spaventato. Quando si alzò, però, era di nuovo un uomo. Così venerò l’albero. Poi tornò a casa e da quel momento in poi non si comportò più male. Così anche voi non vi dovete comportare male, voi uomini che vivete adesso!
(Tradotta letteralmente. Raccontata da Penri il 19 luglio 1886.)
Commento
Di nuovo una quercia, al cui interno abita una divinità. Questo è perfettamente normale: elementi naturali sono spesso una manifestazione del sacro, per gli ainu. Se un animale è l’abito indossato da un kamui per scendere tra gli umani, un albero è di solito la casa in cui un kamui abita nel mondo umano. Così come non tutti gli animali sono davvero divini, non tutti gli alberi lo sono: soltanto quelli che hanno qualcosa di particolare si meritano il titolo di dimora di una divinità. Come vediamo in questo racconto e in altri presenti nella raccolta, l’albero deve essere di un tipo particolare, di preferenza quercia o pino, e deve presentarsi come una ierofania adeguata, per le sue dimensioni, la sua forma, la sua posizione o qualche altra caratteristica particolare.
Per il resto, possiamo vedere che la malvagità di un uomo, o almeno il suo essere nocivo per la salute della comunità, è punita con la trasformazione in volpe. Una cironnup, di sicuro, ossia il tipo più sgradevole e disprezzato di volpe: quella che infastidisce di continuo le persone, nelle storie ainu. È interessante notare che, in cerca di una soluzione al problema, l’uomo tramutato in volpe si incammina verso la montagna, voltando le spalle alla comunità umana. La montagna era il luogo di residenza delle divinità e scalarne una era un modo sicuro per avere un qualche tipo di epifania, o almeno di fare un incontro con entità soprannaturali. Sono molti gli yukar, ossia i canti tradizionali ainu, che cominciano con l’eroe di turno che si avvia verso la sorgente di un fiume, ossia risale una montagna, e immancabilmente si imbatte in qualcosa di non umano. Succede anche al protagonista di questa storia, ma il risultato è per lui un lieto fine senza problemi eccessivi e senza scontri drammatici.