La galassia di Madre - 31
Quando arrivò su Lakshmi, la notizia della retata che aveva cancellato i nuovi Isolazionisti era già stagionata a dovere, tendente allo stantio, con pregiate venature di verde muffa e un retrogusto da cantina mai aerata. Matteo Kori la ricevette seduto nel centro culturale terrestre, dove era impegnato ad annoiarsi come suo solito e a meditare su cosa avrebbe potuto combinare durante l’estate: una meditazione poco entusiasmante e poco entusiasta, date le circostanze, ma un poco migliore rispetto alle discussioni che avvenivano attorno a lui tra gli altri studenti terrestri. Gli offriva una occasione di restare in silenzio e pensare ai fatti propri, il che era un dato positivo.
«Si consideravano una rete di terroristi su scala mondiale e poi hanno fatto giusto scoppiare un paio di bombette, prima di farsi arrestare tutti quanti come fessi,» spiegava Roger Snyder a tutti quelli che lo volevano ascoltare e a tutti quelli che non lo avrebbero voluto ascoltare, che erano poi la maggior parte dei presenti. «E cosa hanno ottenuto? Niente! Che esseri ridicoli...»
«Avresti preferito che facessero più danni?» chiese Steve Dingledine. «Meglio così, no?»
«Preferito no, per carità, ma almeno sarebbero stati un poco più credibili. Così invece hanno fatto solo la figura dei fessi. Anzi, dei bambini fessi: giocavano a fare i grandi tra loro, ma poi i grandi sono arrivati davvero e li hanno messi tutti in castigo. Per questo nessuno ci prende più sul serio, noi terrestri. Finché abbiamo idioti come questi che ci fanno pubblicità...»
Matteo sarebbe potuto intervenire nella discussione, ma non ne aveva voglia. A quanto pareva, gli attentati di cui aveva parlato Bogdan tempo prima erano stati causati da quegli Isolazionisti, inclusi gli attentati nella zona mediterranea, la zona in cui viveva la sua famiglia. Adesso gli Isolazionisti erano spariti, arrestati tutti dal primo all’ultimo. Bene. Ottimo. Una preoccupazione in meno. E in apparenza nulla di male era successo a sua madre e suo fratello, dato che di notizie non gliene erano arrivate. Il resto non contava.
Potrei anche farmi vedere di meno da queste parti, pensò, ed era vero. Da un certo punto di vista, almeno. Aveva cominciato a frequentare più spesso il centro culturale terrestre proprio per cercare informazioni su quello che stava accadendo a casa sua. Le aveva avute, in un modo o nell’altro. Non dettagliate, certo, e non complete, ma sufficienti per farsene una idea generale. C’era questo gruppo di aspiranti terroristi, che voleva ottenere qualcosa; aveva reclutato un po’ di gente dalle sue parti e tentato qualche azione, così e cosà. Non ci era riuscito. Fine.
La sua famiglia ne era stata coinvolta? Improbabile. La mamma no di certo: era troppo amorfa e ameba per essere una terrorista. Davide, invece, avrebbe potuto inventarsi qualche scemenza, non ne sarebbe stato sorpreso, ma nessuna notizia era arrivata, così Matteo poteva liquidare tutto e non pensarci più. Ok, una di quelle misere azioni che erano riusciti a compiere, stando al notiziario, era avvenuta parecchio vicino a dove vivevano loro, ma apparentemente nessun civile ne era rimasto ferito o peggio, per cui tutto è bene quello che finisce bene e tutti vissero felici e contenti.
Notiziario liquidato, restava il problema della estate. Gli altri avevano in programma di andare di nuovo a Bishapur, dopo gli esami e dopo il Muro: Indira lo aveva blandamente invitato, ma Matteo non se la sentiva di partecipare. Ci sarebbe stato Sharma, ovviamente, e i suoi rapporti con Sharma non erano stati dei migliori, non dopo la discussione in tarda primavera. Era passato un po’ di tempo e la loro differenza di vedute si era appianata, i rapporti in parte ricomposti, ma Matteo pensava che si fossero anche in parte decomposti, e questo non era bene. Non era bene per niente.
«Sei solo paranoico,» gli aveva detto Chakra, una sera. «Sharma non è il tipo che tiene il muso per secoli, come te. Non appartiene al suo modello caratteriale. Avete discusso, tu hai manifestato tutta la tua disapprovazione per i suoi modi, in una forma particolarmente accesa che lo avrà offeso di sicuro e ferito nel profondo del suo animo, infine lo hai scaricato, il che lo avrà ferito ancora di più. E adesso sei un problema mio. Fine del discorso.»
«Così mi fai sembrare un mostro. Devo ricordarti anche che lui mi ha spiato per più di un anno?»
Chakra aveva alzato le spalle. «Dal suo punto di vista non era spiare, ma controllare che tu non ti stessi mettendo nei guai. Una sua precisa responsabilità, in quanto tua balia, ma soprattutto una cosa del tutto normale, qui. Scommetto che non gli è neanche passato per la testa che tu te la potessi prendere per questo. Non è un modo di pensare lakshmita, capisci?»
Ne avevano discusso ancora un poco, ma senza interesse né convinzione. Ormai era andata così e non sarebbe servito a nulla continuare a rimasticare quella storia. O meglio, Matteo probabilmente avrebbe continuato a rimasticarla, e in effetti lo faceva, nella solitudine della sua testa, ma a Chakra non poteva fregare di meno e lasciava subito cadere l’argomento. Il che era probabilmente un bene. Aveva già avuto una balia che si interessava molto a lui ed era convinta di agire per il suo bene e il risultato non sarebbe rimasto tra le più grandi conquiste dell’umanità, almeno a parere di Matteo. Se Chakra gli lasciava fare quello che voleva, senza interessarsi più di tanto, era già un progresso.
L’estate rimaneva però un problema.
Aveva affrontato e superato già un paio di esami, in modo abbastanza soddisfacente, e si avvicinava il momento in cui avrebbe dovuto decidere e dare una risposta: andare o non andare con gli altri? Il che non rappresentava certo un dilemma destinato a rimanere nella storia della galassia, ma neppure nella storia del quartiere: Matteo ne era consapevole e in parte se ne vergognava pure. Perché farsi problemi per una scemenza simile? Era un problema da bambino delle elementari. Nonostante tutto, continuava a non trovare una risposta.
Camminava nelle strade roventi di Varshi, quel pomeriggio, e ancora ci pensava. Più o meno. Per un dato valore di pensiero. In realtà il suo cervello non si stava dedicando ad attività che si potessero definire “pensieri”, se non con una manica estremamente larga: la temperatura da forno, unita alla vivace rumorosità del mondo circostante, non favoriva le meditazioni, neppure a livello così basso come quello di Matteo. Favoriva i vaneggiamenti, però, e proprio a quelli si dedicava.
Fu quindi una sorpresa quando seppe da Chakra che il dubbio era stato già risolto, ma soprattutto dissolto, da altri al posto suo. Da Chakra stesso, per cominciare.
«Passato il Muro, faremo un salto a sud e tu verrai con me,» disse quella sera, mentre risistemava il disordine della stanza che dividevano. Lo risistemava incrementandolo e distribuendolo con cura, e anche un pizzico di vena artistica nel modo in cui vestiti sporchi e puliti si abbinavano tra loro, in un tocco che sembrava del tutto casuale, ma faceva pensare che, in realtà, dietro al caos ci fosse un ordine ben preciso e logico, che però non c’era. Caos che mostrava tutta la propria caoticità, ma con la suggestione di essere caoticamente ordinato.
«A sud?»
«Sì, sud. Hai presente il punto cardinale? Quello che è opposto al nord.»
Matteo sospirò. «Sì, lo so cos’è il sud, ma cosa c’entra adesso? Perché dovrei venire a sud con te? E dove a sud, già che ci siamo?»
«Verrai a sud con me, perché ne ho le palle piene di vederti pistolare avanti e indietro con la faccia di un cane stitico,» rispose Chakra, agitando il calzino scuro che aveva in mano. «Non vuoi andare a Bishapur assieme agli altri? Ok, nessun problema. Non me ne frega niente delle tue ragioni, anche se so che sono idiote. Ma visto che non ti decidi a dirlo, lo decido io per te: gli altri se ne andranno al mare e noi andremo a fare un giro nella parte sud del continente. Nuovi posti, nuove facce, nuovo tutto. E avrai anche una bella scusa per non andare con Sharma e gli altri: non puoi, perché io ti ho portato con me. Scusate tanto, non posso farci niente, non è che io non vi sto più amico perché sono tanto offeso e il mio cuoricino piange,» e lanciò il calzino verso la scrivania.
«Non è proprio così,» tentò di obiettare Matteo, ma si arrese. In effetti, a volere essere precisi, per dire le cose così come stavano, era proprio così. Si sentiva ancora offeso e tradito e non voleva stare troppo con loro. Stupido, infantile, ritardato, ma vero. Chakra lo guardava con un sorriso di puro compatimento e una venata di derisione.
«E va bene, è proprio così, ma non è questo il punto,» disse infine Matteo. «A ogni modo, come mai questo viaggio al sud? E dove al sud, già che ci siamo? Visto che vuoi portarci anche me, credo che dovresti dirmelo, prima di partire.»
«Prima di partire c’è ancora tempo, perché fino alla fine del Muro non ci muoviamo. Poi, ti porterò a Nuova Kalighat, che tu di certo non hai mai sentito nominare, vero?»
«Se Kalighat sta per Calcutta, allora sì, l’ho sentita nominare. O almeno la vecchia. No sapevo che ce ne fosse una nuova, da queste parti.»
«A volte mi chiedo sotto quale sasso tu abbia vissuto, finora. Uno con molto muschio, suppongo, e due, tre scarafaggi a farti compagnia. Nuova Kalighat è la capitale amministrativa di Lakshmi, se di capitale e di amministrazione si più davvero parlare. A ogni modo, se ipotizziamo l’esistenza di un centro amministrativo del pianeta, allora quel centro è Nuova Kalighat. È un bel posto, ti piacerà.»
«Non è una frase molto convincente. È la classica cosa che ti dicono prima che succeda qualcosa di molto brutto. Un po’ come il “non lo sentirai neppure”.»
«Mettila pure come vuoi, piattola umana. Nuova Kalighat è all’estremità meridionale del continente nord, ossia il continente su cui ci troviamo adesso. Questo almeno lo sai, vero? Ok, non rispondere, è meglio. Avevo in programma di andarci per i fatti miei, questa estate, ma adesso mi ritrovo a fare l’insegnante di sostegno a un terrestre e così ci dovrai venire anche tu. Non ti va bene? Cazzi tuoi.»
«E la libertà, di cui voi lakshmiti parlate così tanto?»
«Va di pari passo con la responsabilità. Siccome tu sei così fesso da avere ancora una balia, dopo un anno e più, e siccome hai già agito una volta da perfetto irresponsabile, mi tocca portarti con me, anche se ne avrei fatto volentieri a meno. Mi hai scelto come tua nuova balia, ricordi? Se preferisci, però, puoi sempre tornare da Sharma, che sarà felice di spiarti di nuovo.»
Matteo si morse le labbra, per non rispondere a caldo. «Ok, non sono stato abbastanza responsabile da essermi meritato la libertà,» disse poi. «Questo significa che dovrò seguirti ovunque, adesso?»
«Per carità no, sarebbe una tortura! Siccome però io mi dovrò allontanare per un certo periodo, tu mi dovrai seguire. Quando saremo a Nuova Kalighat, poi, potrai fare quel cavolo che ti pare, non mi interessa proprio, ma dovrai essere nello stesso posto in cui mi trovo io, ok?»
«Dubito che avrò molto da fare, là...»
Chakra alzò le spalle. «Dipende da te. È una grande città e c’è un po’ di tutto, per cui non ti dovresti annoiare. Non ti annoi neppure a essere te stesso, che sei una delle forme di vita più noiose che io abbia mai visto, per cui è praticamente impossibile che ti annoierai là. Male che vada, troverai un modo nuovo e originale per metterti nei casini.»
«E questo ti va bene?»
«La vita è tua, libero di farci quello che ti pare. La sola cosa che mi sia richiesta è di trovarmi nello stesso posto in cui sei tu; ciò che tu fai in quel posto, poi, sono affari tuoi.»
La discussione si trascinò ancora per un poco, ma non c’era più molto da dire. E poi, superato un certo punto, Matteo discusse solo per il piacere di discutere. In fondo, la decisione di Chakra gli andava abbastanza bene. Ok, avrebbe preferito essere avvisato prima, ma nel complesso era davvero una valida scusa per evitare il viaggio con gli altri. E poi... sì, doveva ammettere di essere almeno un poco curioso di vedere quella fantomatica Nuova Kalighat. Un cambiamento non avrebbe fatto male, giusto? Ok, sì, teoricamente avrebbe potuto fare male, ma le probabilità erano basse, almeno a suo parere. Così si addormentò più leggero, con un pensiero in meno a cui pensare.
Nei giorni seguenti approfittò del tempo libero per cercare qualche informazione sulla sua prossima meta e sì, si presentava come un posto interessante. Artistico, anche, e l’arte non rientrava tra i suoi interessi principali, e neanche tra quelli secondari o terziari, ma comunque un posto interessante. La presenza di Chakra lo rendeva anche un posto pericoloso, da un certo punto di vista, ma bastava non bere nulla di ciò che l’amico gli avrebbe offerto e i pericoli sarebbero svaniti. Giusto?
Giusto, almeno per il momento. E al dopo avrebbe pensato dopo, semmai. Era una buona filosofia, una filosofia che poteva funzionare, forse l’unica che avesse senso adottare, quando si era attorno a Chakra. Considerato che lo avrebbe avuto attorno parecchio, dovendo viaggiare assieme a lui verso l’altro lato del continente (o giù di lì: la geografia di Lakshmi era ancora terra incognita, almeno per Matteo), avrebbe fatto bene a tenersi stretta quella filosofia. Così fece.
La solfa della quarantena, che aveva bloccato ogni contatto diretto tra Lakshmi e Madre, si chiuse in via ufficiale durante il periodo del Muro, poco dopo. Fu una notizia dirompente, sconvolgente e così importante, che la vita continuò come prima, nelle città lakshmite, e nessuno se ne accorse, proprio come nessuno si era davvero accorto della quarantena. Discorso diverso per le università, o almeno per alcune facoltà universitarie, ma anche in quel caso il clamore fu pressoché nullo. Soltanto nel centro culturale terrestre la notizia ebbe una certa rilevanza, più per carenza endemica di argomenti che per l’effettiva portata del cambiamento.
«Con questo atto, auspico che ogni tensione tra il nostro governo e quello lakshmita possa infine essere superata e dimenticata,» commentò in via moderatamente ufficiale la presidentessa Jarkovska al cospetto dei pochi terrestri e pochissimi lakshmiti che non affollavano la sala del centro. «È stato solo uno spiacevole incidente, una macchia nella lunga storia di amicizia tra i nostri pianeti. E come ogni macchia, mi auguro che possa essere cancellata in un attimo, senza lasciare traccia sul solido tessuto delle nostre relazioni.» Seguirono applausi, diversamente spontanei.
«E anche questa è andata,» disse Roger Snyner, alzandosi dalla scomoda poltroncina e distendendo la schiena, in un concerto stonato di giunture e ossa. «Come se a qualcuno fosse fregato davvero.»
«A qualcuno si,» disse Steve Dingledine. «A me, per esempio. E ancora nessuno ci ha detto di cosa siano morte davvero quelle mosche. Sarà un segreto di stato, a quanto pare.»
«Mosche coperte da segreto di stato? Piuttosto patetica, come idea,» fu la sempre gradita opinione di Maelle Prsic. «Diciamo pure che delle mosche importava ancora meno che della quarantena. Non ricordo di aver mai sentito di tumulti nelle piazze, per conoscere la verità sulle malattie di mosche e affini, o associazioni che si organizzano per spezzare il muro di gomma che avvolge i loro misteri.»
«Eppure sono proprio la cosa più importante di tutta questa storia, vedrai,» disse Steve. «Lo so che nessuno di voi mi prende sul serio, ma le mosche sono la chiave di tutto. Per questo le tengono così nascoste. O almeno sotto silenzio, ecco.»
«Eh già, chissà quante belle cose avrebbero da raccontare, le mosche, se solo qualcuno insegnasse loro a parlare. Oppure se qualche insigne scienziato, come il nostro signor Dingledine, imparasse a decodificare il loro bzzz. Hai intenzione di proporlo come tesi di laurea? Semiotica del ronzio delle mosche! Affascinante, avrai la fila di relatori che vogliono collaborare al tuo progetto.»
«Fai, fai la spiritosa! Vedremo chi avrà ragione, alla fine.»
Matteo avrebbe preferito sedere lontano da loro, ma nella sala semideserta la sua scelta di un posto isolato avrebbe dato troppo nell’occhio. Il che era anche accettabile, certo, ma poi si sarebbe dovuto sorbire chissà quante domande da loro e questo preferiva evitarlo. Così doveva sorbirsi invece i soliti, stucchevoli dibattiti sul nulla, di gente che non ha di meglio da fare nella vita. Si guardava attorno, in cerca di una qualsiasi scusa per cambiare aria, quando ne vide una. Grossomodo.
Che ci faceva lì, tra la manciata di lakshmiti presenti, quella tizia amica di Indira, Mei qualcosa o come cavolo si chiamava? Matteo sarebbe potuto rimanere lì a lungo a chiederselo, ma poi pensò che forse sarebbe stato più semplice e veloce andare da lei e chiederglielo. Così fece.
«In realtà mi ha mandato Indira,» rispose Mei Saddhatissa, a voce bassa. «Sarebbe voluta venire lei in persona, ma aveva altro da fare, oggi, e così mi ha chiesto se potevo venire io al suo posto.»
«Ah... ma non mi pare che fosse poi una occasione così importante, ecco. Non è che ci fosse molta gente alla conferenza, come puoi vedere anche tu: una persona in più o in meno non avrebbe fatto una gran differenza. Potevi anche stare a casa, insomma.»
«Lo so, ma lo ha chiesto Indira... E poi dice che non le hai ancora risposto per Bishapur.»
Una piega che Matteo non si sarebbe aspettato, non da quel fronte. Mei qualcosa, qualunque fosse il suo cognome, era la forma di vita più simile a una carta da parati che lui avesse mai incontrato, se non altro lontano dallo specchio. Che Indira avesse scelto proprio lei, per riscuotere una risposta sul viaggio al mare, era imprevisto. Snervante, anche. Come essere inseguiti da un pulcino feroce.
«Ah, hai ragione,» le disse, dopo una breve pausa di riflessione. «È che più o meno nello stesso periodo io dovrò già andare a Nuova Kalighat con Chakra, per cui non potrò venire con voi al mare. Mi spiace, ma non posso farci molto, davvero. Mi scuserò con Indira, semmai...»
Fu Mei Saddhatissa a rimanere in silenzio. Lo fissava a tratti, distogliendo subito lo sguardo, e tutto questo per un periodo troppo lungo, almeno per i gusti di Matteo. Aveva detto qualcosa di sbagliato, per caso? O fatto qualcosa di sbagliato. O pensato, anche. Non credeva, ma con quella tizia non era facile saperlo. Non parlava mai...
«Ho detto che poi mi scuserò con Indira,» ripeté Matteo, giusto per tastare il terreno. Non aveva la minima idea della risposta che avrebbe ricevuto da lei, soprattutto perché non fu una risposta. Fu una nuova domanda.
«Sei sotto processo?» gli chiese, con una espressione di vago panico apparente.
«...sotto processo?»
«Nuova Kalighat. È la città dove...» ma Mei si fermò lì, lasciando nel dubbio che tipo di città fosse. Il pallore che si stava diffondendo su un volto già poco salutare di suo non prometteva però molto bene e questo a Matteo non piacque. Non piacque per niente. Cosa stava succedendo?
«Scusa ma... di che processo parli? Chakra ha detto che deve andare a Nuova Kalighat e io lo dovrò seguire, perché adesso sono sotto la sua tutela o qualcosa del genere. Non capisco cosa c’entri un processo adesso, davvero.» Anche se, da un certo punto di vista, lo capiva, o almeno lo poteva immaginare. Non era una bella immagine, ma era anche la sola immagine che si potesse formare nella sua mente, se qualcuno gli parlava di processi. Dopo la storia del Baffo (o tricheco, o quello che era) e di Sharma che lo sorvegliava, il suo tasso di paranoia era salito di parecchio, assieme a un senso di colpa poco vago e molto ben definito.
«Beh, è che...»
Ma Matteo non scoprì mai il che in questione, qualunque cosa fosse, perché Steve Dingledine scelse proprio quel momento per intervenire, o intromettersi, o rompere le palle, a seconda di come volete descrivere il suo arrivo. Fu comunque provvidenziale per Mei ed esiziale per Matteo e questo può bastare, almeno per il momento.
«Ci hai mollati per correre dietro a una donna, eh?» disse Steve, battendo una mano sulla spalla di Matteo. «Ti posso capire, sì, è certo una compagnia migliore della nostra, specie con quella piattola umana di Maelle. Scapperei anch’io molto volentieri e infatti è quello che ho appena fatto.»
«No, non è questo, è solo che ho visto una persona che conosco e così...»
«Sì, sì, ti capisco, come ho detto.» E giù un altro paio di pacche, con sorriso di accompagnamento, che Matteo avrebbe fracassato volentieri. «Puoi presentarmela, già che ci siamo, oppure è vietato?»
E adesso non avrebbe mai più saputo nulla del presunto processo, Matteo ne era certo. Oh, sì, in un altro luogo e tempo avrebbe anche potuto incontrare di nuovo Mei qualcosa e chiederle chiarimenti, questo era possibile, ma era anche estremamente improbabile che sarebbe successo prima della sua partenza per Nuova Kalighat, e a quel punto non avrebbe più avuto bisogno di chiedere, giusto? Mei qualcosa era sfuggente come una biscia imburrata...
Con un sospiro di rassegnazione si abbandonò alle presentazioni di rito, per poi sistemarsi in una poltrona in prima fila nella propria mente, a osservare con poco interesse il teatrino di Steve, che cercava invano di intortare Mei, e Mei che arrossiva, balbettava, guardava altrove e cercava di dire in ogni modo, tranne che a parole, di non essere minimamente interessata a quel capellone rossiccio, maniaco di mosche e ditteri vari, ma non molto a proprio agio con gli specchi, a giudicare da come si vestiva e da come si pettinava. Era divertente, per certi versi, e anche istruttivo: raccontava interi volumi di enciclopedia sulla razza umana. A suo parere, per lo meno.
Alla fine Mei fuggì, quasi letteralmente, con la scusa che la stavano aspettando e aveva un impegno per la serata. Non del tutto una scusa, forse: era probabile che avesse davvero in programma una qualche sessione di studio con Indira, o un’altra compagna di corso, ma era altrettanto probabile che ciò non giustificasse la fretta con cui si stava allontanando. Steve non se ne accorse, in apparenza, perché continuò ancora per un certo tempo a chiedere notizie su di lei a Matteo, il quale non sapeva più di tanto e inventò la maggior parte delle risposte. Steve non gli era antipatico, di base, e a modo suo era anche una brava persona, sicuramente migliore degli altri due. In quel momento, però, dopo essere stato interrotto mentre chiedeva qualcosa di importante, lo trovava simpatico come la colite.
Come al solito fu costretto a ripiegare su Chakra, che in più occasioni aveva già usato come guida vivente agli usi e costumi lakshmiti. Una guida affidabile, più o meno, o se non altro una guida che rispondeva, anche se non sempre si poteva prendere sul serio ogni sua parola. Quella sera Matteo lo interrogò in camera, dove il compagno era comodamente stravaccato sul letto, fingendo di studiare.
«Chi sarebbe questa qui?» fu la prima reazione di Chakra.
«Mei... Mei qualcosa, non mi ricordo il resto del nome. È un’amica di Indira, nel suo stesso corso. Tappetta, occhi a mandorla, è spesso in giro con gli altri e non parla mai. Hai presente?»
«Amica di Lin Yutang? Sì, credo di averla presente, più o meno. E cosa avrebbe detto?»
«Ha parlato di un processo, quando le ho detto che sarei andato a Nuova Kalighat con te, invece di andare a Bishapur con loro. Ne sai qualcosa tu, per caso?»
Chakra allargò le braccia, per quanto le potesse allargare nella sua posizione, ossia poco. «Ragazzo mio, non posso certo sapere cosa passi per la testa di quella tizia. A ogni modo, parlare di processi a Nuova Kalighat è del tutto normale e non mi sorprende: come ti ho detto, è il centro amministrativo di Lakshmi ed è anche la città in cui normalmente si svolgono i processi più grossi, quelli per alto tradimento e roba simile. Non che ce ne siano mai stati molti, qui, ma questo è un altro discorso.»
«Ah. E perché mi dovrebbero processare per alto tradimento? Non sono neppure lakshmita, io.»
«E che ne so? Chiedilo alla tua amica, non a me. Non vedo proprio cosa c’entri con Nuova Kalighat un tuo eventuale processo, a meno che il tuo famoso traffico nascosto, quello che ti ha fatto vincere un tricheco da compagnia, non fosse un qualche strano complotto interplanetario.» E rise, come a sottolineare quanto fosse assurdo pensare che lui, Matteo Kori, potesse essere coinvolto in qualche tipo di complotto, interplanetario o meno che fosse. Haha, che ridere.
Matteo non rideva. Non ricordava di essersi mai sentito così poco ridanciano in tutta la propria vita, o almeno in tutta la propria permanenza su Lakshmi. Che cosa aveva combinato Kemala? E cosa ne poteva sapere quella Mei? A meno che non fosse stato Sharma a mandarla, invece che Indira, come lui aveva ipotizzato all’inizio. Se era stato Sharma, con tutto quello che aveva già scoperto e spiato sul suo conto, allora un eventuale riferimento a un processo assumeva un colore molto diverso.
«Sei sicuro di non saperne niente, vero?» chiese a Chakra. «Com’è che devi andare proprio adesso a Nuova Kalighat, e poi ci devi portare anche me?»
Chakra sospirò. «Cos’è, paranoia da colpevolezza? Devo andare a Nuova Kalighat, cioè nel nostro centro amministrativo, perché studio diritto e ci sono persone con cui devo parlare di persona, oltre ad avere voglia di vedere un paio di posti e assistere a qualche processo in diretta, e mi tiro dietro una piaga come te perché ti sei imposto come mio protetto, per dirla così, dopo essere fuggito dallo Sharma brutto e cattivo che ti spiava. O hai dimenticato questo piccolo dettaglio, ciccio?»
Vero. Stava costruendo una rete insensata di spionaggi e complotti attorno a sé e tutto sulla base di una osservazione, forse casuale o comunque insensata, fatta da una persona che conosceva appena e che lo conosceva appena. Meglio darci un taglio, già. «Sì, è vero. Saranno gli effetti collaterali degli esami, che mi riempiono la testa di pensieri stupidi,» disse.
«No, quella è proprio la tua natura. È evidente che hai combinato qualcosa di parecchio grosso, o qualcosa che tu sospetti essere parecchio grosso, e adesso soffri di incontinenza paranoide. Affari tuoi, come sai. Se ne vuoi parlare, bene; se non ne vuoi parlare, bene lo stesso. Anzi, se non hai altre domande o accuse assortite, puoi anche lasciarmi qui a cazzeggiare in pace. Mi stavo rilassando dopo una dura giornata di relax, se non lo hai notato.»
No, non aveva altre domande, né aveva altro da dire. Dopotutto, Kemala era ormai da qualche altra parte, chissà dove, ma sperabilmente il più possibile lontano da lui. Con un poco di fortuna, poteva dimenticarsi di tutto e vivere in pace per il resto della sua carriera da studente. Sì, ecco: dimenticare tutto e fare finta di niente, per il futuro, era la strategia migliore, già. Fu dunque parecchio sorpreso di se stesso, quando cominciò a raccontare ogni cosa all’amico.
Chakra lo ascoltò in silenzio, senza intervenire e senza i suoi soliti commenti stupidi. Non senza il suo solito sorriso, però, che mescolava una certa dose di incredulità alla consueta derisione. Alla fine, si raddrizzò nel letto sistemandosi a sedere, e fissò Matteo con un sopracciglio alzato. «Fammi capire, adesso. Tutto questo è successo davvero, non te lo sei inventato tu, giusto?»
«Giusto. È successo davvero.»
«Bene. E perché me lo racconti adesso, scusa? Non capisco il nesso col resto della discussione.»
«Perché è per questo che il Baffo, il tricheco o come preferisci chiamarlo ce l’aveva con me, giusto? Perché stavo aiutando una lakshmita a violare la legge e dovevo assumermi la responsabilità, no?»
«Se lo dici tu...»
«Come se lo dico io? Ma lo hai detto tu che i trichechi erano un corpo...»
«Sì, sì, sì, va bene,» Chakra sventolò via le obiezioni con un gesto della mano. «Il punto è che tu hai fatto la tua brava cazzata e adesso hai paura delle conseguenze, giusto? La tua amica ti ha parlato di processi, quando hai nominato Nuova Kalighat, e adesso ti stai cagando sotto, così sei venuto qui da me a confessare tutto, sperando in un aiuto del tuo avvocato, giusto?»
Matteo non l’avrebbe messa proprio in quei termini, almeno non a livello conscio, ma sì, si poteva dire che il quadro rappresentasse una realtà plausibile, forse non troppo lontana dal vero. La poteva accettare in via del tutto temporanea, in ogni caso.
«E sarebbe questo il motivo del litigio tra te e Sharma? Quella tizia ti ha spedito un messaggio dalla Terra, Sharma lo ha intercettato, ne avete discusso e tu sei scappato piangendo, perché la mamma ha scoperto la tua collezione nascosta di pornazzi?»
«Non è così che è andata e lo sai bene, ma sì, più o meno la causa è quella. Sharma ha tirato fuori tutto quello che avevo fatto prima, dichiarando di avermi sempre spiato per il mio bene, e così via. A ogni modo, alla base c’era questa storia, grossomodo. Comunque,» aggiunse, «avremmo litigato in ogni caso, dopo che aveva dichiarato di spiarmi e controllarmi per il mio bene.»
«Sbaglio o questa storia del “per il tuo bene” ti sta particolarmente sulle palle?»
«No, non sbagli.» Non aggiunse altro, perché quella era una porta che preferiva lasciare chiusa. Di materiale sul tavolo ce n’era già abbastanza e non aveva intenzione di aggiungerne altro. Non di sua spontanea volontà, per lo meno.
«Oh beh, se vuoi un parere legale, da studente di diritto, la tua amica ha fatto una enorme cazzata e le conseguenze non saranno piacevoli, per lei. Ma questo non ci interessa, giusto? La tua posizione, invece... beh, adesso è ovvio che non ti lasceranno senza una balia, neanche se resterai su Lakshmi per altri dieci anni: ti considerano totalmente inaffidabile e vogliono che tu abbia sempre qualche insegnante di sostegno attorno. Per questo ti devo portare con me a Nuova Kalighat, nel caso non ti fosse ancora del tutto chiaro. Per il resto... potrebbero esserci altre conseguenze, oppure no: dipende da come andrà a finire la storia di quella tizia.»
«Quindi non devo preoccuparmi per eventuali processi.»
«Se vuoi, preoccupati pure: male non ti farà. Non credo però che ce ne saranno, almeno non adesso. Se proprio ti interessa davvero così tanto, potremmo informarci meglio mentre saremo là, sul posto. Potremmo anche scoprire cosa sia stato deliberato per la tua amica.»
«Comunque non è che sia proprio una mia amica, ecco.»
«Ok, ok, era solo per abbreviare: dire ogni volta “la ragazza che hai aiutato perché aveva le tette grosse” è una discreta rottura di scatole, come puoi capire anche tu. No, ok, non sono così certo che lo possa capire anche tu, ma è una discreta rottura di scatole ripeterlo ogni volta, credimi.»
«Non l’ho aiutata perché aveva le tette grosse, insomma...»
Il sorriso di Chakra si era decisamente allargato. «Saresti pronto a ripetere questa tua affermazione sotto giuramento, davanti alla corte?»
«...non è stato solo per questo.»
«Sia quel che sia, non importa. Non ho alcuna intenzione di portarti a Nuova Kalighat per processi o roba simile. Non sapevo neppure che tu avessi un qualche motivo per farti processare, prima che tu mi raccontassi questa bella storiellina edificante. Ti porto con me soltanto perché io devo andare a Nuova Kalighat e non posso lasciarti qui da solo, visto che ora mi tocca essere tuo responsabile e mi toccherà esserlo fino alla fine dei tuoi giorni lakshmiti, a quanto pare. Comunque, se questo ti farà stare meglio e ti risparmierà gravi casi di incontinenza fecale, meglio noti come farsela sotto, mi informerò su eventuali precedenti e ti farò poi sapere cosa potresti realisticamente aspettarti in punizione. Suppongo nulla di peggio di avere una balia vita natural durante, ma non si sa mai.»
Parlarono ancora un poco, ma solo per riempire il tempo e chiudere gli ultimi buchi. Matteo aveva confessato, Chakra gli aveva dato il proprio parere sulle possibili conseguenze della storia e altro non c’era da dire. Un qualche dato concreto avrebbe fatto comodo, senza dubbio, e una controllata ai precedenti poteva solo essere benefica, ma da discutere? Niente: il grosso era andato, il piccolo poteva anche essere dimenticato e il medio pazienza. Fu una notte di sonno tranquillo, per Matteo, e anche la prospettiva di dovere dare una risposta diretta a Indira non lo preoccupava più: lo poteva fare e lo avrebbe fatto.
La incontrò il giorno dopo e le spiegò in dettaglio, senza mentire, il perché non potesse unirsi a loro, nella vacanza a Bishapur: Chakra deve andare a Nuova Kalighat e io lo devo seguire, perché sono sotto la sua responsabilità. Spiacente, ma è così. Niente che io possa fare a riguardo.
«Pentito di essere scappato da Sharma?» chiese Indira.
«Pentito no: è andata così ed è inutile pensarci ancora. E poi sarà una buona occasione per vedere nuovi posti, qui su Lakshmi. Sarà una esperienza interessante, no?»
Lo sarebbe stata, o almeno Matteo la pensava così. Una volta dimenticata la questione di processi e altro, l’idea di un viaggio all’estremità meridionale di quel continente lo attirava. Sarebbe stato un po’ come ripetere l’escursione a Mathurnath, da un certo punto di vista, anche se si aspettava che la capitale amministrativa fosse più bella della città ai piedi dell’ascensore. Qualunque cosa fosse una capitale amministrativa e qualunque cosa la distinguesse da una capitale normale, dettagli che non gli erano ancora del tutto chiari, ma che poteva ignorare, almeno al momento. Sarebbe stato anche lontano dalle creature marine che spruzzavano acqua nel cielo, poi, il che era positivo.
Ben sigillato al chiuso, mentre il Muro cuoceva le strade e gli edifici di Varshi, Matteo pensava che, finalmente e dopo quasi un anno, la sua normale vita da studente universitario fuorisede (molto più che fuorisede, in effetti: fuori sistema solare) sarebbe potuto riprendere. L’estate prima la vacanza a Bishapur gli aveva portato Kemala e tutti i fastidi che ne erano seguiti. Anche se chiamarli fastidi era un poco riduttivo, in effetti. Questa estate no, non gli avrebbe portato altre rotture di scatole, ne era sicuro. Non lo avrebbe permesso. E cosa gli avrebbe portato, invece? Riposo, turismo, magari qualche sicurezza in più. Gli bastava. Si sapeva accontentare di poco.
Al resto, avrebbe pensato poi.